Tulino shock: "Ecco come i club sfruttano i giovani. Meritocrazia zero, contano solo i soldi.. anche per allenare"

01.10.2015 08:30 di  Marco Pompeo  Twitter:    vedi letture
Tulino shock: "Ecco come i club sfruttano i giovani. Meritocrazia zero, contano solo i soldi.. anche per allenare"

Le parole di Andrea Ghislanzoni (CLICCA QUI) hanno smosso ancor di più le acque agitate del calcio nostrano. Acque torbide che sempre più rischiano di allontanare i tifosi come bagnanti in fuga da coste inquinate e non più balneabili. Tanti i messaggi di solidarietà e di vicinanza al giovane calciatore, tra questi c’è anche quello del portiere Arden Tulino che la redazione di NotiziarioCalcio.com ha deciso di ascoltare.

Classe 1984, Tulino nella passata stagione ha difeso i pali del Cuneo nella prima parte di stagione. Il cambio di allenatore ed uno scarso feeling con i tifosi lo hanno portato a lasciare il club biancorosso e decidere di trasferirsi ad Asti. Con i Galletti è stato protagonista di una seconda parte di stagione importante, resa complicata esclusivamente dai problemi societari. Campionato sfociato nell’esclusione dalla Serie D dell’Asti per la bocciatura dell’iscrizione del club biancorosso.

Lei è tra uno tra i tanti che hanno voluto esprimere la propria solidarietà ad Andrea Ghislanzoni. Perché?
“Perché le sue parole sono giuste e capisco bene il suo stato d’animo. Per di più gioca nel mio stesso ruolo e comprendo benissimo le sue difficoltà”.

Difficoltà come quelle affrontate anche voi dell’Asti nello scorso campionato…
“Oggi è difficile praticamente ovunque. Molti di noi a fine campionato vantavano quattro mesi di spettanze arretrate. Una situazione insostenibile e nonostante ciò sul campo non ci siamo mai risparmiati centrando la salvezza. Alla fine ho deciso di restare ad Asti con la nuova società, che ha messo le cose a posto, ed accettare di scendere in Promozione per dare il mio contributo e riportare i Galletti nel calcio che conta”.

Sul banco degli imputati c’è anche la famigerata regola sullo schieramento obbligatorio dei cosiddetti under in Serie D e sulle quote giovani in Lega Pro. Il suo pensiero a riguardo?
“Una assurdità. Mi piacerebbe davvero parlare con chi ha avuto questa geniale trovata, anziché aiutare i giovani ha favorito il declino del calcio italiano e soprattutto ha contribuito a generare malaffare nella gestione delle società”.

Ci spieghi meglio.
“Prima di tutto, è sotto gli occhi di tutti che la regola sugli under non ha funzionato e non funziona. Basta leggere i numeri, la stragrande maggioranza dei fuoriquota sparisce dalla geografia del calcio una volta superata la fascia di età imposta dalla Lega. Si possono invece facilmente contare quelli che fanno il salto di categoria in Lega Pro. Tutti quelli che restano per non appendere gli scarpini al chiodo sono costretti a scendere anche di due categorie per trovare spazio. Passando alle famose quote in Lega Pro, il discorso è molto simile ed è aggravato dall’illusione che si genera nei ragazzi e dal pessimo comportamento delle società che ci marciano anche economicamente. Prendono un ragazzo, magari gli prospettano un contratto da ventimila euro annui col tacito accordo che di questi la metà vanno a lui ed il resto il ragazzo li rigira a nero alla società. Così i club disonesti ci guadagnano due volte. Sia con i contributi che ricevono per il minutaggio dei giovani sia in questo modo fraudolento. Ovvio che un ragazzo giovane, voglioso di sfondare, accetta. Magari ci va solo in pari, non ci guadagna nemmeno, ma vuoi mettere fare la Lega Pro? A quell’età è facile accettare questo genere di compromessi quando credi follemente nel tuo sogno e vorresti spaccare il mondo”.

Un calcio che mette al bando valori e meritocrazia?
“Assolutamente sì. Del resto è evidente che le società non guardano più alla bravura del ragazzo. Prendiamo la Serie D e notiamo che i ragazzi si scelgono per il ruolo, non per il talento. Perché si cerca di piazzare un giovane dove illusoriamente si pensa che farà meno danno. Si parte quindi col presupposto che il giovane calciatore tolga e non aggiunga punti ad una squadra”.

Quanto dice lei spiega bene l’impoverimento generale a cui è andato incontro il nostro calcio. Fatichiamo a produrre nuovi talenti…
“Io direi anche di più. Secondo me non c’è più ricambio generazionale. Prima un ragazzo che giocava titolare in Serie D era un calciatore che aveva del potenziale. Se meritavi di giocare era perché eri bravo e non perché, come oggi, hai portato lo sponsor o conosci qualcuno che ti impone al tuo allenatore. Questo faceva sì che spesso l’anno successivo quel calciatore saliva di categoria e nel giro di qualche anno arrivava in Serie B con un bagaglio di esperienza importante che gli permetteva di puntare, se supportato dal talento, anche alla Serie A”.

A maggior ragione nel suo ruolo di portiere…
“Certo. Si sa che i portieri maturano più avanti, questo come si traduce con le attuali regole nei dilettanti? Si traduce che a ventidue anni non sei più un under e nessuno ti vuole o se ti cercano vogliono che porti dei soldi per giocare. Prima invece l’estremo difensore promettente faceva la gavetta solita, arrivando magari in Serie B o Serie A che già poteva vantare alle spalle duecento presenze in categorie minori con relativo bagaglio di esperienza”.

A questo punto non si può che sperare in un cambio di rotta della Federazione non crede?
“La Federazione è tra le maggiori responsabili dello status quo e quindi non mi aspetto che il rinnovamento arrivi da chi dimostra con i fatti il proprio spirito di conservazione. Alla Lega Nazionale Dilettanti, poi, sembra interessare solo l’iscrizione del club al campionato. Una volta incamerati i soldi di iscrizione e quelle delle garanzie bancarie non interessa più a nessuno se il club sopravvive o meno e se i calciatori vengono regolarmente retribuiti o meno. Ad esempio, noi possiamo rivolgerci alla Commissione Accordi Economici solo dal primo luglio per richiedere il rispetto del contratto sottoscritto e le mancante spettanze. Si sa che gli uffici della LND a luglio e ad agosto funzionano a rilento e quindi gli eventuali effetti delle nostre richieste si vedono solo dopo ad iscrizioni effettuate e campionati organizzati. Francamente non c’è volontà di tornare a fare davvero calcio”.

Un ultima domanda Tulino, si è mai chiesto perché certe persone si ostinano a fare calcio visto che molti personaggi che girano da decenni in questo settore sono a tutt’oggi in cerca d’autore?
“Mi è capitato tante volte nella mia carriera di chiedere ai miei dirigenti perché fanno calcio. Non me lo spiego, o meglio le spiegazioni che mi do sono così deprimenti che preferisco non pensarci. Purtroppo la meritocrazia è diventata un’illusione, del resto basta vedere gli allenatori che ora dovrebbero far maturare i giovani e portare le squadre al successo. Gli allenatori preparati e bravi o stanno a casa o sono costretti ad accettare situazioni di ripiego, così ad allenare ci sono solo due tipi di soggetti: chi lo fa gratis e coloro i quali portano il famigerato sponsor alle società. E poi tutti ancora una volta si sono stupiti dell’ennesimo scossone sul calcio scommesse che in Italia è ormai argomento ciclico. Possibile che ogni volta dobbiamo meravigliarci? Se non cambiamo il sistema tutto si ripeterà e si continuerà a perpetrare negli anni a venire”.