Urso, l’inesauribile pendolino del Giarre: «Non ci nascondiamo, vogliamo vincere»

Eccellenza Sicilia
18.11.2020 09:30 di  Nicolas Lopez   vedi letture
Fonte: La Sicilia
Urso, l’inesauribile pendolino del Giarre: «Non ci nascondiamo, vogliamo vincere»

Sulla fascia sinistra è una scheggia. Da sempre. Su e giù senza risparmiarsi con il solo obiettivo di dare il massimo per il suo Giarre, dove gioca da tre stagioni. Orazio Urso si è guadagnato per le sue propensioni l’appellativo di “Pendolino Cafu” sin dai tempi della Primavera del Catania.

Urso, classe 1991, ha corsa, carattere e grande tecnica. Tre mix del suo background tecnico che gli hanno permesso, prima della sosta in Eccellenza, di segnare un gol da cineteca all’Igea Virtus, una perla che ha fatto il giro d’Italia. «Ho segnato - ci racconta - il gol più bello della mia carriera. Lo metto per qualità alla stessa stregua di quelli segnati al Rosolini e al Sant’Agata. Non pensavo che la Lnd l’avreb - be fatto circolare sul sito nazionale. Magnifico. Ho ricevuto tanti complimenti, che mi hanno inorgoglito».

Giarre in testa alla classifica, come nei programmi iniziali.
«A differenza di come si potesse pensare a inizio anno, il campionato è molto equilibrato. Ci sono squadre come Giarre, Siracusa e Igea che lottano per stare in testa. Ma dobbiamo anche stare attenti a realtà come l’Aci Sant’Antonio, che sta facendo bene, l’Acquedolci, che ci ha battuto e si sta comportando alla grande, o magari a campi difficili come Santa Croce, dove occorre fare attenzione». I campionati sono fermi, si attende la ripresa. «La pandemia ci ha fermato ancora una volta. Noi continuiamo ad allenarci da soli seguendo il programma del nostro Lorenzo Mirabella».

Lei gestisce un’attività commerciale insieme con il suo fraterno amico e compagno di squadra Marco Trovato.
«Abbiamo due grandi passioni: l’abbi - gliamento e il calcio. Cerchiamo di conciliarle nel migliore dei modi, facciamo tanti sacrifici. Ovviamente la pandemia ci penalizza da 8 mesi nella gestione complessiva del negozio, ma teniamo duro. Non è facile restare a galla».

Quali emozioni le ha consegnato questo 2020 così incerto?
«Possono sembrare frasi fatte, ma ci ha insegnato tanto. Prima avevamo una vita frenetica. Oggi giocare con il figlio, stare in famiglia, fare visita alle persone care rappresentano grandi priorità. Sono diventato padre lo scorso anno di Samuele, a febbraio arriverà mia figlia Delia. Sono molto felice».

Ritorniamo al Giarre, da 3 anni è un punto di riferimento.
«Mai giocato in una squadra così forte per tecnica, tattica, forza, qualità e carattere. Vogliamo vincere il campionato, non ci nascondiamo. La società è molto cresciuta, i tifosi calorosissimi, ormai è una seconda casa».

Gaspare Cacciola è il suo allenatore.
«Ci fa allenare divertendoci. Non lascia nulla al caso, specie nella preparazione della partita».

Apriamo il libro dei ricordi, cosa le ricorda la Primavera del Catania?
«Gli anni più belli. Mi sono confrontato con il fior fiore di giocatori oggi in Serie A, come Florenzi, De Sciglio, Insigne e Immobile, ma anche Zigoni e Strasser, in quella indimenticabile sfida al Massimino».

L’hanno ribattezzata pendolino.
«Nasco esterno alto, poi Giovanni Pulvirenti mi arretrò. Ricordo la prima partita a Trigoria, marcai Marco D’Alessandro, non uno qualunque. Vincemmo per 2-1».

Quanto era forte quel Catania?
«Molto. Ho avuto in squadra giocatori come Donnarumma e Nicastro, che hanno giocato in Serie A e B, Fabio Sciacca, tanto per non andare lontano. Ma sono stato in squadra anche con tanti giocatori in 2 anni splendidi, validissimi, tecnicamente forti, la rosa era completa. Forse, con il senno del poi, sarei dovuto rimanere un altro anno in Primavera (andò a Marsala dove collezionò 35 presenze, ndc) e puntare al debutto in prima squadra».