Chieti, l'ex Trovarello: "Si è preferito disfare tutto. Noi avremmo lottato per la C"

Chieti, l'ex Trovarello: "Si è preferito disfare tutto. Noi avremmo lottato per la C"

La stagione del Chieti rischia di diventare un vero e proprio incubo. Non sono bastati sin qui cambio di allenatore ed oltre cinquanta calciatori tesserati per portare risultati in termini di classifica.

I numeri parlano chiaro: diciassette punti conquistati in ventuno incontri, quartultimo posto occupato attualmente in classifica a ben otto punti dalla zona salvezza. Nonostante ciò, i margini per sperare nella salvezza ci sono considerato soprattutto che le altre squadre invischiate nella zona rossa della graduatoria non hanno esattamente un passo da lepre. Vero anche che per tirarsi fuori da questa situazione serve un inversione di marcia decisa quanto immediata e fino ad oggi i segnali per speare per una cosa del genere non ci sono.

Per parlare di Chieti, la redazione di NotiziarioCalcio.com ha interpellato l'ex direttore sportivo dei teatini, Omar Trovarello. Il diesse protagonista della splendida scorsa stagione quando i neroverdi vinsero il campionato di Eccellenza con un budget non certamente cospicuo e la rosa con l'età media più giovane di sempre ad aver vinto il massimo torneo regionale abruzzese.

Direttore, il Chieti rischia di vanificare l'impresa dello scorso campionato...
"Purtroppo questo è vero. Ad oggi la paura è tanta ed è concreta. Purtroppo le ultime due partite non fanno sperare bene, nonostante di mezzo ci fosse stato un cambio di allenatore sono arrivati due ko identici. La squadra non ha reagito per niente, anzi. Dispiace per i sacrifici fatti l'anno scorso in cui, per tanti aspetti, si è fatto un campionato esaltante".

Vittoria del campionato e poi cosa è successo?
"Che la nuova società non si è affidata a nessuno degli elementi della scorsa stagione. Non ci si è affidati a nessun direttore vero e proprio ed i risultati sono questi: due esoneri, tre allenatori e cinquantuno giocatori tesserati e so che ancora ne stanno cercando".

Da teatino doc per lei è un dolore.
"Si. Fa male, mi dispiace. A Chieti io ho sempre fatto bene, in D quattro stagioni facemmo due sesti posti ma con budget risicati e società che non avevano di certo l'obiettivo di salire di categoria. Con presidente dimissionario come Bellia e uno come Pomponi che si è poi rivelato un bluff. Ripreso in Eccellenza lo scorso campionato, l'ho riportato in D e vedere che nessuno viene preso al mio posto e che la squadra per cui tifo da quando sono nato fa queste brutte figure fa male e mi dispiace. Dispiace perché sono convinto che proseguendo il discorso del progetto dell'anno passato, avremmo vinto il campionato anche in Serie D".

Questa non si chiama spavalderia?
"Non è spavalderia perché io sono tutt'altro che spavaldo ma è convinzione della bonta di quanto avevamo fatto e sono certo avremmo fatto. Di sicuro non saremmo stati, come siamo, lì a lottare per non retrocedere ma avremmo battagliato per vincere il salto di categoria".

Nonostante i propositi c'è da evidenziare che a nessuno è riuscito ad oggi di riportare il Chieti al livello della sua storia e del suo blasone. Perché?
"Le difficoltà sono strutturali innanzitutto perché la città è governata, almeno sportivamente parlando, malissimo. Ci sono solo due campi dove ci si può allenare, uno nella parte alta ed uno nella parte bassa della città, che sono fatiscenti e completamente da rifare. Lo stadio centrale cade a pezzi ed il manto erboso ad oggi deve essere ripristinato e penso che non possa essere rimesso a posto prima della fine di questo campionato o forse ci arriviamo pelo pelo. Chiaro che la nostra città è stata colpita pesantemente dalla crisi economica che si è trasformata da una città industriale ad una città di servizi. E soprattutto chi si avvicinato localmente a questo calcio lo ha fatto sempre per protagonismo come l'attuale dirigenza. Anziché convogliare tutte le forze, remando nella stessa direzione ognuno ha pensato a dei protagonismi personali che ha portato anche all'attuale situazione della squadra. Peccato perché il proprietario attuale (Trevisan) è un imprenditore di peso, che paga regolarmente gli stipendi. Purtroppo non si è affidato a nessuno dei dirigenti della scorsa stagione che avevano fatto un ottimo lavoro partendo dall'Eccellenza e vincendo subito, alla prima occasione, il campionato. Così come non sono stati riconfermati i membri dello staff, dal segretario al responsabile marketing al diesse fino al massaggiatore ed all'operatore alla logistica. Un gruppo che secondo me andava confermato in blocco e rafforzato con un patron forte come lo è Trevisan. Invece si è preferito disfare tutto".

Peraltro si è vinto l'anno scorso con una squadra giovanissima, a dimostrazione probabilmente dell'ottimo lavoro svolto. Difficile trovare in Italia un esempio del genere.
"Infatti. Nonostante una squadra molto giovane e tecnica, e qui va detto che eravamo penalizzati anche dal campo messo male ed estremamente gibboso, siamo riusciti a finire vincendo il torneo con uno score gol fatti - gol subiti davvero notevole. Molti di questi under andavano riconfermati anche in D. Penso a Coulibaly che ora gioca a Gravina, Alonzi al Latina, Marwan El Hayadi che era davvero interessante... insomma si doveva lavorare per rinforzare il reparto under, scalando un anno, ma la base era già ottima".

Per chiudere. Considerate anche tutte le attuali difficoltà, alla fine secondo lei la dimensione reale del Chieti è quella della terza serie italiana, l'ultima professionistica, o la Serie D?
"Questa è una bella domanda. Alcuni anni fa, proprio durante la gestione Bellia, io dissi che per la storia della nostra squadra, che tra poco compirà cento anni, noi avevamo disputato più campionati di Serie D, ma molti di più, che campionato di C1. E che quindi la collocazione giusta era l'allora quarta serie che era una C2. In questo caso, esistendo solo la C, il Chieti è una società che può navigare nelle parti alte della Serie D e che una volta strutturata come si deve può provare a fare una Lega Pro. Però, ecco, la dimensione ad oggi, soprattutto per le strutture e la mentalità attuale, con molti meno tifosi allo stadio, non può che essere la Serie D a meno che non ci sia un magnate che viene ed investe ma questo è come fare un terno al lotto. Detto ciò mai demordere perchè questo è un popolo che non ha mai mollato nemmeno nei momenti più duri e difficili".