Il doppio ex Pezzella a NC: "Juve Stabia-Casertana, umori diversi ma spero in un derby divertente"

27.01.2021 09:35 di  Stefano Sica   vedi letture
Il doppio ex Pezzella a NC: "Juve Stabia-Casertana, umori diversi ma spero in un derby divertente"

Profumo di derby al "Romeo Menti", dove questo pomeriggio Juve Stabia e Casertana recuperano la sfida - valevole per la 17/ma giornata - non disputata lo scorso 23 dicembre a causa del focolaio Covid che aveva afflitto il gruppo di Guidi che, solo tre giorni prima, era stato protagonista di un match surreale con la Viterbese giocato in nove uomini. Un doppio ex di lusso è Luigi Pezzella, storico terzino sinistro prima delle vespe, con cui ha militato dal 2009 al gennaio del 2012 approdando l'anno precedente in B, e poi dei falchetti, con i quali ha vissuto un ultimo quadriennio tra i professionisti per poi chiudere la carriera con Aversa Normanna, Albanova e Frattese, la sua città natale. Se Castellammare ha rappresentato uno step progressivo dopo aver vissuto due promozioni col Sorrento dalla D alla C1, Caserta è diventata la sua città adottiva, un affare di cuore. Neutralità assicurata, questo è certo, ma tanta voglia di assaporare un appuntamento che, se in questa fase vede leggermente favoriti i rossoblù, per altri versi promette vivacità agonistica e spunti tecnici gustosi.    

"La Juve Stabia ha avuto una caduta dolorosa soprattutto per come è arrivata: quando si trovi in doppio vantaggio e poi perdi 4-2, non può non essere così - la sua analisi ai nostri microfoni -. Va comunque rimarcato che il Monopoli è una squadra forte con un organico importante. L'anno scorso è stata una delle squadre che mi ha impressionato di più quando l'abbiamo affrontato con la Casertana. Mister Scienza sa esprimere un buon calcio. A questo derby le squadre ci arrivano con umori diametralmente opposti: la Juve Stabia è chiaramente in un momento mentale delicato, la Casertana sta col vento in poppa. E questo non mi meraviglia perché, anche quando i risultati non arrivavano, io continuavo a credere in Guidi e nel suo gruppo. E non mi sbagliavo. Il mister propone un calcio gradevole e organizzato, a mio avviso lui ha idee moderne e notevoli. Alla Casertana serviva solo qualche elemento di maggiore esperienza, che sapesse peraltro elevare il tasso qualitativo del gruppo. E li ha trovati in Turchetta e Del Grosso. Entrambi stanno dando una mano decisiva e direi che ormai la Casertana ha un organico importante, in grado di giocarsela con chiunque. Anche nel reparto offensivo, la squadra non è solo Castaldo dipendente. Insomma, mi sembrava di intravedere più un problema di risultati che di gioco. E si sa che i risultati aiutano a lavorare meglio. Fatto sta che anche la Juve Stabia gioca un ottimo calcio, quindi mi auguro che sia una partita bella da vedere. I due organici sono competitivi come lo sono i rispettivi allenatori". 

Anche l'umore dei tifosi si è ribaltato: oggi Guidi è acclamato dopo essere stato criticato, mentre a Castellammare i tifosi chiedono la testa di Padalino. 

"Ho giocato tanti anni e da due stagioni faccio l'allenatore. Mi sono calato in entrambe la parti e purtroppo so bene che quando i risultati non vengono, un tecnico è il primo ad essere additato da tutti. Una società seria e importante, però, non deve guardare solo al risultato, che è la conseguenza di fattori non sempre uguali. Si può perdere perché magari lavori male e la squadra non ti segue. Ma puoi anche non fare risultati per episodi o circostanze, che messe insieme, ti sono sfavorevoli. La Casertana è stata brava a dare fiducia a Guidi anche quando in molti ne chiedevano l'esonero: evidentemente è stato valutato il suo operato nel complesso, aspettandolo e dandogli il tempo di lavorare. Oggi i risultati danno ragione a club e allenatore. Purtroppo in Italia c'è questa abitudine di voler ricorrere alla soluzione più semplice, che è quella di mandare via l'allenatore. E questo lo si fa a prescindere dal fatto che una squadra abbia un gioco e una identità, o non li abbia affatto. C'è sempre la teoria dello scossone, ma quando un allenatore crede nei propri concetti e nelle proprie metodologie di lavoro, prima o poi i risultati arrivano. In questo senso, andrebbe detto che lo stesso Padalino, come non era un vate della panchina prima, non è l'ultimo arrivato ora. Quindi ci vuole più equilibrio nei giudizi perché il calcio è fatto di momenti. Quelli positivi si alternano fisiologicamente con quelli negativi. Ed è nei momenti negativi che si capisce come lavora una società".

Un problema simile lo ha avuto anche Braglia col tuo ex Avellino, prima che la vittoria del Liguori calmasse parzialmente le acque. 

"Ho avuto la fortuna di militare con l'Avellino due anni e vincere un campionato. Parliamo di una grande piazza che, come tutti i contesti di questo tipo, esige molto e non lesina critiche appena stecchi qualche partita. Giocare per questi colori è magnifico ma poi c'è il rovescio della medaglia. Io so chi è Braglia perché con lui ho vinto un campionato a Castellammare. E credo che stia facendo un ottimo lavoro: l'Avellino sta comunque conseguendo risultati importanti e il campionato è ancora lungo, con la possibilità intatta di arrivare terzo. C'è anche la porta dei play-off e lui su questo è un maestro. Braglia ha una esperienza e una conoscenza della categoria non comuni. Sa il fatto suo e ha grande personalità, anche se in definitiva ha un carattere che puoi solo amarlo o odiarlo, senza terze vie. L'Avellino ha un organico importante che si è anche rinforzato a gennaio. Andare in B attraverso la porta di servizio è possibile e me lo auguro visto che lì ho vissuto anni bellissimi".   

Nel girone G di serie D, tre pretendenti per una piazza (Monterosi, Latina e Savoia), o può esserci l'outsider?

"Da quando ho lasciato Nola, ho visto moltissime partite di D e ho potuto osservare praticamente tutte le squadre campane. Devo dire che la Nocerina è quella che mi ha impressionato di più per organizzazione e qualità di gioco. A mio avviso arriverà fino in fondo, poi non so se sarà sufficiente per vincere il campionato. Ma può inserirsi. Il Savoia ha una società importante e, normalmente, questo fa la differenza in un campionato come la D. Avere un club forte e solido può consentirti di fare grandi cose. In ogni caso, sia Torre Annunziata sia Nocera sono piazze che non hanno nulla a che fare con questo campionato, perché meritano ben altri palcoscenici e la loro storia lo dice. Afragolese e Gladiator invece sono due club che hanno fatto investimenti non venendo ripagati dai risultati".

A Nola tre mesi che valgono quanto un anno...

"Io sono cresciuto tantissimo a Caserta, dove ho rivestito il doppio incarico di allenatore della Berretti e di collaboratore tecnico di Ciro Ginestra in prima squadra. Ho potuto lavorare sia con i giovani sia con gli esperti e questo mi ha aiutato a capire in fretta tante cose. Ci sono differenze di approccio e gestionali, nonché sulle metodologie di lavoro. Quando mi ha chiamato il Direttore Pavarese a Nola, ho accettato con entusiasmo e convinzione. Quando si è dimesso, ho preferito andare via con lui come era normale che fosse visto che mi nutro di principi e valori che mi hanno caratterizzato anche da calciatore. Ma non ho rimpianti: mi ha fatto piacere ricevere gli attestati di stima di tanti addetti ai lavori e di molti calciatori con i quali ancora oggi mi sento. Anche quelli che non giocavano mi chiamano. Significa che è stato sedimentato un buon lavoro in campo e fuori, in appena tre mesi. Ho giocato con 8-9 under e quando si gettano le basi di un progetto giovane, bisogna avere pazienza e saper aspettare. Questo non è avvenuto ma è stata comunque una avventura che mi ha formato facendomi comprendere tante cose. Sono stato in panchina quattro partite e, al netto del pari con l'Arzachena, tre le ho perse con squadra attrezzate come Latina, oggi secondo, Artena o Muravera. E con l'Arzachena avremmo meritato l'intera posta in palio per come avevamo giocato. Io resto convinto, in ogni caso, che con qualche tassello di esperienza, avrei portato questa squadra alla salvezza. Il Nola, da quando sono andato via io, ha cambiato praticamente tutto e ha un organico pieno di giocatori esperti. Per questo credo che la qualità di determinati innesti potrà consentire alla squadra di salvarsi. Questo non è più un gruppo giovane come lo avevo io".   

Negli anni scorsi sei stata una delle guide del progetto AIC Equipe Campania. E hai lavorato con tanti calciatori che militano in categorie regionali e che oggi sono penalizzati oltremisura da scelte esterne che impediscono la ripartenza di questi tornei.

"Un malessere che capisco e condivido. Credo che almeno il 70% dei calciatori e degli allenatori che militano in Eccellenza, vivano di calcio. Bisogna dare delle risposte a breve perché questa situazione di incertezza si trascina da troppo tempo ed è inammissibile. Leggo che tanti presidenti non vogliono ripartire in quanto si trovano in difficoltà economiche tali da non poter reggere determinate spese. Ma nessuno impone a chicchessia di fare il presidente in queste categorie. Occorre mettersi nei panni di questi ragazzi per i quali giocare in Eccellenza è un lavoro a tutti gli effetti. Non è più il momento delle indecisioni. Ripartire farebbe bene a un sistema calcio attorno al quale ruotano tante figure: se si vuole, si possono trovare le misure adeguate per farlo. Non sarebbe assolutamente difficile, anche prevedendo cicli di tamponi per i tesserati come in D e nei campionati professionistici. In questo devono essere le istituzioni calcistiche a fare la loro parte. Però temo che qualcuno voglia impedire alla radice uno sbocco positivo".   

Hai mosso i primi passi in un calcio completamente diverso da quello attuale. Ed è cambiata anche la predisposizione di tanti giovani verso questo sport. 

"Quando ho iniziato, in serie D erano appena due gli under che le squadre erano tenute a schierare, classe '80. I cambiamenti nella mentalità dei giovani sono dovuti a tanti fattori: intanto l'obbligo dei quattro under, poi ci sono i social che hanno fatto la loro parte non sempre positiva, perché non tutti li sanno utilizzare in maniera intelligente e professionale, compresi molti addetti ai lavori. Oggi i giovani che hanno le motivazioni e gli atteggiamenti che avevamo noi "vecchio stampo", sono sempre di meno. Ai nostri tempi, ci facevano cambiare persino in uno spogliatoio separato. Ma per noi non era affatto un problema, si rispettavano certe gerarchie e certi percorsi. C'era voglia di migliorarsi quotidianamente, cosa che oggi è venuta un po' a mancare. Molti ragazzi si sentono già arrivati alle prime partite che giocano in C o in D, e un sistema che impone il loro utilizzo non aiuta ed è semmai controproducente. Il calcio è sacrificio, dedizione continua, è non sentirsi mai appagati. Solo in questo modo puoi scalare le categorie. Oggi queste caratteristiche sono più sfumate".  

Con l'estensione lo scorso novembre dei termini per i trasferimenti dei calciatori dilettanti, è stato consentito il tesseramento di un giocatore per tre club diversi in una sola stagione, con possibilità di giocare gare ufficiali con tutti e tre i club. Per gli allenatori, destinati a restare "prigionieri" delle loro società, nessuna modifica. Che ne pensi?

"Ritengo questa limitazione profondamente sbagliata, a maggior ragione ora che si è voluti andare incontro alle esigenze dei calciatori. Non capisco per quale motivo non ci possa essere una finestra di riparazione per un allenatore dimissionario che rinuncia spontaneamente a un contratto in essere. Mi auguro che ci possa essere una riforma rapida che elimini questo controsenso".   

Il tuo futuro?

"Ora è fatto solo di aggiornamento e di tantissime visionature di partite di serie D. Continuo a studiare e conto anche di andare ad osservare, appena possibile, i lavori di alcuni tecnici dalla D alla A. Ho visionato già gli allenamenti di Occhiuzzi e Alvini. Mi piace molto Juric, ha una filosofia e dei principi di gioco che mi intrigano".