Mandola: «Confermo e non smentisco gli accostamenti alle panchine di Serie D. Vi dico tutto»

30.07.2022 09:30 di  Marco Pompeo  Twitter:    vedi letture
Mandola: «Confermo e non smentisco gli accostamenti alle panchine di Serie D. Vi dico tutto»

Il suo nome è stato, ed in verità è tutt'ora, tra quelli più chiacchierati in Serie D. Carlo Mandola è stato infatti accostato a diversi club del massimo campionato dilettantistico nazionale, del resto il suo è il profilo di un allenatore di categoria superiore. Oggi si racconta in esclusiva a NotiziarioCalcio.com.

Il suo nome è stato accostato a tante panchine in questo “mercato degli allenatori”. Alla fine però non è arrivata la firma con nessuna delle compagini di cui siamo dato notizia...
«Confermo e non smentisco un po' tutte le situazioni a cui sono stato accostato. Qualcuna è morta già al primo contatto-sondaggio per natura economica e altre invece sono andate avanti ma sono state fatte poi, dalle società in questione, delle scelte diverse dal mio profilo. Bisogna però trarre sempre il buono da ogni cosa, sicuramente in queste chiamate ho avuto il piacere di conoscere ed instaurare un bel rapporto con dei direttori capaci, con i quali si parlava la stessa lingua e che hanno visto in me un profilo giovane ma idoneo al loro progetto tecnico».

Quindi come mai non ha firmato?
«Ovviamente non conosco tutti i motivi per i quali una società fa poi una scelta diversa e quindi andrebbe, forse, chiesto a loro. Intuisco che sicuramente le difficoltà economiche dovute dal Covid stanno creando non pochi problemi ai presidenti e questo si riflette un po' su tutto l’indotto, sull’operatività e su chi si ritrova a gestire i budget ed ad operare con pochissimi margini di errore. Da parte mia credo di essere stato contattato per le mie competenze e per i buoni risultati raggiunti nella mia piccola carriera da allenatore, sia alla guida di U19 che come vice e collaboratore tecnico nei professionisti, e probabilmente anche per la mia esperienza, ormai decennale, nello scouting di calciatori per tante società professionistiche con le quali tuttora collaboro».

Ha colpito i suoi interlocutori. Non una cosa banale.
«Assolutamente. A domanda su cosa consisteva la mia idea di calcio e quale fosse il mio modus operandi ho presentato, in maniera simile nelle idee ma differente di volta in volta in base alla compagine, un progetto tecnico basato su principi di gioco moderni e concreti, sulla valorizzazione di ragazzi del settore giovanile e sulla possibilità di avere la voglia e la possibilità di lavorare con giovani forti provenienti dai professionisti. Questo sarebbe stato possibile perché ho rapporti diretti con club professionistici e quindi con ogni probabilità si sarebbero potuti prendere profili interessanti aprendo un canale preferenziale diretto. In sostanza un progetto per creare il fatidico mix di under e over».

Ci spieghi meglio...
«Per essere più chiaro: ho presentato un report progettuale tecnico piuttosto che un business plan… incentrato all’ottimizzazione del budget esistente anziché incrementarlo con manovre di tipo “sociale / finanziario” che non sono di mia competenza. Ritengo che ancor di più nel calcio di oggi sia necessario puntare sull’energia dei giovani e sulle capacità per addentrarsi su una strada maggiormente redditizia sia nel breve che nel medio-lungo periodo, in egual modo per l’allenatore e per la società».

Vastese, Vastogirardi, Notaresco, Livorno, Acireale quest’estate e Fanfulla lo scorso gennaio. Sono queste le società con le quale non si è trovata una quadra?
«In realtà ce ne sarebbe anche un’altra ma i nomi delle società non si fanno (ride, ndr). Alcune citate sono state solamente informative e nulla di più, altre trattative invece sono andate avanti in maniera più concreta. Sicuramente le vostre fonti hanno fatto un buon lavoro e quindi l’unica cosa che posso dire è che in questo percorso ho avuto modo di parlare con degli ottimi professionisti come Rino D’agnelli, Andrea Masciangelo, ormai dimessosi a Vasto, Giuseppe Giglio ed Alfredo Natali. Direttori competenti e di larghe vedute la cui stima è nata in breve tempo ed è reciproca, prolifica e sincera».

In sintesi, ci dia un accenno sulla sua idea di calcio
«Il calcio negli ultimi anni è cambiato molto e velocemente e quindi per prima cosa cerco di restare sempre aggiornato… lo faccio aggiornandomi in Italia e soprattutto all’estero e trovo occasione per aggiornarmi e studiare anche quando sono io a dover “spiegare” qualche concetto attraverso una consulenza ad un allenatore o quando scrivo un articolo. Oltre a questo, negli ultimi anni ho lavorato con tanti allenatori, sia direttamente sul campo che a livello di consulenze, e se c’è una cosa che ho imparato più di tutto è che nel calcio qualsiasi concetto non va estremizzato ma anzi adattato in base al gruppo, all’obiettivo societario ed a tanti altri fattori. Per fare un esempio: credo molto nella costruzione del gioco dal basso piuttosto che nel rinvio lungo della speranza ma non estremizzo il concetto, piuttosto cerco di dare ai miei calciatori degli strumenti per comprendere l’utilità di questo particolare. Può essere necessario quindi utilizzare 20 passaggi di fila in alcune situazioni o invece solo due in altre. Il mezzo è quindi mutevole al contesto mentre il fine, che è quello di attirare l’avversario per poi attaccarlo tra le linee, nei mezzi spazi o sulla profondità, è sempre lo stesso. Mi capita di vedere squadre che fanno grandissimo possesso palla nei pressi della propria area anche in condizione di parità o inferiorità numerica e questa per me è un’applicazione del concetto estrema, forse operata più per moda che per efficacia. Nel mio caso la penso diversamente ed in virtù di questo fatto uno degli strumenti cardine che fornisco ai ragazzi è proprio questo: riconoscere le superiorità e le inferiorità numeriche, posizionali e qualitative nelle varie situazioni di gioco. Se costruiamo dal basso in 3 o 4 più il portiere contro 2 mi possono anche andare bene più passaggi, d’altronde, come detto, l’obiettivo è attirare, stanare l’avversario, ma quando poi siamo in parità o inferiorità dobbiamo andare in verticale con velocità e qualità per sfruttare la parità o superiorità che si è verificata dall’altra parte del campo e per valorizzare le caratteristiche dei singoli. Oltre a questo, dal punto di vista offensivo, credo molto nella continua ricerca degli spazi attraverso gli smarcamenti, negli interscambi, nelle giocate sul terzo uomo e nello sfruttare le capacità individuali dei giocatori di talento come il dribbling e/o la corsa. Tutte cose molto utili per destabilizzare e disorganizzare l’ordinamento difensivo avversario. Dal punto di vista difensivo ho avuto modo di lavorare sia con la linea a zona che sul marcamento individuale a uomo e su linee di anticipo (ultimamente e con ottimi risultati a Lecco in serie C). Ma ogni cosa va contestualizzata e adattata in base al gruppo che si ha a disposizione, soprattutto in virtù delle attitudini dei propri giocatori. Credo molto nelle transizioni, siano queste negative o positive, e ci lavoro costantemente. In generale comunque sono un allenatore che lavora molto sul ritmo alto e l’alta intensità e di riflesso alleno molto in situazionale. Non utilizzo mai il famoso 11 versus 0 perché ho ideato dei mezzi maggiormente efficaci per allenare i concetti di tattica collettiva. Credo nel lavoro integrato e nella tecnica applicata, soprattutto nelle fasi iniziali dell’allenamento».

Modulo preferito?
«Per il modulo non ho davvero delle prelazioni, ho lavorato sia con la difesa a 3 che la difesa a 4 in ogni loro variante e ritengo il modulo solo un mero strumento posizionale di partenza… in base a quanto detto prima la mia squadra ideale sa adattare i propri principi agli spazi e agli avversari in maniera funzionale e variabile in base alla situazione. È quindi solo dopo la conoscenza del gruppo che decido lo schieramento da utilizzare». 

Prima accennava al fatto che scrive articoli. Sappiamo che è autore per "Il Nuovo Calcio" e "Youcoach". In cosa consiste il suo lavoro per queste due case editrici?
«Il tutto è molto semplice da spiegare: ho un rapporto di collaborazione ormai di lunga data con entrambi gli editori e semplicemente quando sperimento e mi viene in mente un principio di gioco o un aspetto tattico sul campo che ho voglia di condividere al pubblico lo propongo e loro lo esaminano. Se l’esito è positivo ed il materiale è “editorialmente e calcisticamente” interessante si procede con la commissione, la stesura, le eventuali correzioni e la pubblicazione. Tra l’altro sono molto contento di questa cosa perché, soprattutto per chi conosce il prof. Ferretto Ferretti ed il suo staff così come i responsabili tecnici di YouCoach, sono molto esigenti, attenti e professionali nella scelta dei contenuti… ergo deduco che ho proposto sempre cose interessanti e moderne e per questo ne vado molto fiero. Tra l’altro devo ringraziare queste due testate perché è grazie a questa visibilità che vengo spesso contattato da allenatori professionisti e direttori per consulenze e/o webinar di aggiornamento agli allenatori. Ed è sempre grazie a questo indotto che ho avuto la possibilità di scalare velocemente le categorie fino ad arrivare nei professionisti».

Tra i professionisti vanta tanta esperienza come vice o collaboratore tecnico. Ha deciso di fare il salto come primo in D archiviando le esperienze precedenti?
«Assolutamente no! Credo fortemente che le due cose non si escludano tra loro. Sono un allenatore molto energico e attivo ed anche quando non sono stato il primo allenatore ho sempre ricevuto ruoli fondamentali e di primaria importanza nella preparazione dei giocatori e della gara. Credo che oggi per gli allenatori di livello, soprattutto per chi ha grande personalità e grande convinzione nei propri mezzi, sia fondamentale circondarsi di figure professionali attive, propositive, complete e competenti. È chiaro che quando sei tu l’allenatore hai delle responsabilità maggiori e delle scelte da fare, quando invece sei un collaboratore hai un ambito di pertinenza che riconduce all’allenatore e devi lavorare su quello che viene richiesto. Sta poi tutto nel saper rispettare i ruoli a seconda della mansione e della richiesta».

L’ultima sua esperienza è targata proprio Lecco con un ottimo sesto posto in serie C nel girone A e record di punti storico per la società. Ha avuto prospettive anche in questo senso di recente? 
«Si ho avuto una chiamata illustre il 21 giugno da una società importante di serie A che mi aveva inserito tra i candidati per coprire un posto vacante come collaboratore tecnico. Purtroppo per me la scelta è ricaduta su un altro professionista che, lo dico con sincerità, reputo più bravo e più idoneo di me per la specifica mansione che veniva richiesta. Ho ricevuto poi anche una chiamata da un allenatore che allena in serie B e prima un paio di richieste da allenatori di serie C per i quali avevo svolto delle consulenze in passato, ma ahimè la situazione economica del calcio nostrano è notevolmente peggiorata “con la crisi post covid” ed erano offerte inaccettabili dal punto di vista economico. Per quanto riguarda Lecco sono stato davvero bene lì e mi è dispiaciuto molto lasciare quella città e quella tifoseria. Ho ancora ottimi rapporti con la società e con la piazza e non è raro che mi chiamino per un saluto. Ma posso dire lo stesso di Fano, anche lì mi sono trovato molto bene e con mister Alessandrini, che è un allenatore eccezionale ed ha fatto un miracolo sportivo e gestionale, abbiamo trovato una salvezza inaspettata ed impensabile solo pochi mesi prima. L’unica sul campo per il Fano nei cinque anni recenti di serie C».

Cosa farà adesso? C’è qualcosa che bolle in pentola?
«Forse ci potrebbero essere delle opportunità all’estero ma mi piacerebbe farmi la “mia gavetta” qui in Italia. Anche lottando contro tutte le difficoltà e le meccaniche che il nostro calcio oggi pone soprattutto agli allenatori giovani e con poco calcio giocato alle spalle. Purtroppo, a causa di continui infortuni, da giocatore non ho un grande curriculum: ho solo visto di sfuggita la C e fatto qualche campionato di D prima di smettere a 23 anni. Ormai non credo siano rimaste panchine vacanti e quindi bisognerà avere pazienza ed aspettare qualche treno in corsa. Se da collaboratore, vice o primo allenatore non lo so. Valuterò caso per caso. Sicuramente ho voglia di lavorare nel modo giusto contornato ed al servizio di persone competenti che credono in quello che porto, soprattutto che apprezzino la mia personalità e la mia determinazione. Non mi spaventano le sfide ed il calcio è la mia unica fonte di reddito. Spero, quindi, che prima possibile arrivi la fatidica chiamata giusta e che questa volta la scelta ricada su di me (ride) e che ci siano le condizioni ideali».