Rufini: "Stagione indimeticabile. Priorità al Brindisi ma..."

24.05.2018 16:00 di  Marco Pompeo  Twitter:    vedi letture
Rufini: "Stagione indimeticabile. Priorità al Brindisi ma..."

Per il tecnico Danilo Rufini quella conclusasi lo scorso primo maggio è stata una stagione esemplare. Ha guidato il Brindisi alla vittoria del campionato di Promozione pugliese (girone B), riconquistando l'Eccellenza, ed ha anche conquistato lo Scudetto regionale battendo in finale il Terlizzi (vincitrice del girone A). 

Successi che vanno ad arricchire un palmares personale già importante. In sei anni da allenatore, infatti, Danilo Rufini ha vinto tre campionati, due Coppe Italia Dilettanti regionali e due play-off di Eccellenza in tre regioni diverse. Un percorso che, incredibilmente, non l'ha ancora portato probabilmente dove merita. La redazione di NotiziarioCalcio.com l'ha intervistato in esclusiva.

Rufini, a bocce ferme, dopo oltre venti giorni dal termine della stagione, che cosa le ha lasciato questa stagione?
"Sicuramente sono conento di come è finita. Quando si centra un obiettivo, e lo si fa in una città importante come Brindisi dopo tanti anni di delusione, è normale che esserne stato l'artefice, insieme ai ragazzi, di questo primo passo verso la risalità, ti rende orgoglioso e ti fa ben sperare per il futuro. Poi vincere è sempre bello e difficile, soprattutto in categorie in cui non conta solamente l'aspetto prettamente tecnico tattico ma ci vuole ben altro per spuntarla alla fine. Avere l'obbligo di vincere sempre non è facile".

Riavvolgiamo il nastro fino all'inizio. Prima di accettare Brindisi, ha mai pensato che si sarebbe potuta rivelare una scelta negativa? Insomma, non vincere non poteva equivalere a bruciarsi?
"Io sono ottimista per natura e mi piace accettare delle sfide, sempre. Lo facevo anche da calciatore quando sceglievo solo piazze sulla carta difficili, con tanta pressione, con grande blasone, andandoci magari subito dopo periodi negativi quando c'erano tante aspettative e c'era solo da perdere. Stessa cosa da allenatore, le cose facili non mi piacciono. Ovviamente sarei un'ipocrita a dire che rifiuterei piazze importanti. È normale che se si affrontano situazioni difficili senza la giusta motivazione e senza ottimismo allora è meglio non prendere in considerazioni certe proposte. Avevo altre offerte, in categorie superiori, ma ho pensato di accettare una sfida difficile dimostrando di poter competere e vincere in una piazza così importante come Brindisi, con una grande pressione ed un alto rischio di fallire piuttosto che accettare di allenare in Serie D dove una squadra vince ed altre diciassette si salvano".

Il futuro di Rufini quale sarà?
"La società del Brindisi subito dopo la fine della stagione mi ha convocato e mi ha comunicato la loro volontà di voler proseguire con me in panchina per un campionato da vertice anche in Eccellenza. Del resto quando accettai mi fu proposto un progetto triennale per tornare in Serie D che prevedeva la risalita immediata in Eccellenza e poi in due anni cercare la promozione in D. Io naturalmente non posso di certo rifiutare, ho accettato in Promozione figurarsi se non ho voglia di misurarmi in un campionato di Eccellenza importante con squadre come Barletta, Casarano e Trani. Un campionato che ho già vinto col San Severo quando non eravamo favoriti ma una neopromossa. Allo stesso tempo però ho detto ai dirigenti che proprio per l'importanza del campionato se non ci si organizza in una certa maniera potrebbe essere controproducente sia per me come allenatore che per loro come società. Sono contento della riconferma e voglio andare avanti col Brindisi ma con i presupposti giusti. Quindi stiamo aspettando di rincontrarci per andare a pianificare il tutto".

Stento a credere che nessuno non l'abbia chiamata...
"Diciamo che qualche sondaggio c'è stato, ed è normale, ma la mia priorità è il Brindisi se ci sono i presupposti".

In chiusura. Si è chiesto come mai in Italia il talento fa così fatica a venire fuori? Un discorso valido sia per i calciatori che per gli allenatori...
"Per quanto riguarda i giovani, mi sembra sotto gli occhi di tutti che non c'è più la cultura dei settori giovanili di una volta. I talenti come c'erano prima ci saranno anche adesso. Probabilmente prima avevamo insegnanti e mentalità migliori. Prima si puntava sui giovani non perchè c'erano regole sugli under ma perchè giocava chi meritava e se lo meritava un giovane giocava un giovane. Io a sedici anni e mezzo giocavo in Serie C2 col Kroton facendo trentadue gare giocando con gente di un certo livello. Però ti davano la possibilità se meritavi, era dura perchè c'era più qualità, era un altro calcio. Per quanto riguarda gli allenatori non saprei dire perchè finirei per tirare l'acqua al mio mulino. Il discorso è che siamo centomila allenatori bravi ma di società serie ce ne sono cento... inoltre la crisi economica ha complicato tutto e così chi non vive di calcio magari si accontenta ed allena per passione, qualcun'altro si propone... e tutto è più difficile. L'esempio è di Sarri che è arrivato davvero tardissimo in Serie A, e potremmo persino dire che lui è un fortunato perché è stato scoperto mentre altri probabilmente non lo saranno mai. Poi vedi altri che senza esperienza si piazzano su panchine di Serie A o B".

Secondo lei come si giudica un allenatore?
"Vero che è importante vedere come si allena in settimana. Però di allenatori bravi ce ne sono tanti. Oggi basta che vai su youtube e ti guardi un allenamento del Barcellona o del Real Madrid e vedi anche nelle scuole calcio gente che fa fare certi esercizi. Il problema è che spesso nemmeno capiscono che obiettivo ha quel determinato allenamento. Quindi chi guarda potrebbe anche essere tratto in inganno. Invece per me conta tantissimo la domenica. La lettura della partita, capire il modulo dell'avversario, fare i cambi al momento giusto, perchè un minuto prima o dopo non ha lo stesso effetto, entrare nella testa dei propri giocatori e quindi sapere gestire lo spogliatoio. L'allenatore deve essere autorevole ma non autoritario perchè una cosa è sapere le cose ed una cosa è saperle insegnare. Convincere i calciatori che quello che si fa in settimana è funzionale, come? Con la competenza, perchè se ti fanno una domanda devi saper rispondere. Scopiazzare non serve. Quindi secondo me l'allenatore non è quello dell'esercitazione e del modulo ma è quello della mentalità, della carica che riesce a dare alla squadra, della convinzione, delle motivazioni. È complesso, devi saper prendere trenta ragazzi dal carattere diverso e devi essere bravo ad entrare in empatia con ognuno di loro, dando equilibrio. Si tratta di un lavoro che dura ventiquattro ore e non solo le due che stai in campo".