Fossano, il presidente Bessone: "Il calcio viene dopo quando ci sono 900 morti al giorno"

Fonte: www.ideawebtv.it
Fossano, il presidente Bessone: "Il calcio viene dopo quando ci sono 900 morti al giorno"

Dopo la decisione della Juventus, di comune accordo con i giocatori stessi, di effettuare un taglio degli stipendi dei propri tesserati (e dei collaboratori) pari a circa il 30%, il mondo del calcio ha iniziato in modo significativo a interrogarsi su quale linea comune seguire in quest’ottica.

Già ieri il presidente AIC Damiano Tommasi ha parlato, sottolineando la necessità, appunto, di intraprendere una strada comune a tutte le società, riconoscendo come sia necessario iniziare a confrontarsi perché “forse la stagione è finita”.

Ma cosa ne pensano le società cuneesi? In Serie D, ad esempio, come verrà affrontato questo tema?

Lo abbiamo chiesto, in primis, a Gianfranco Bessone, presidente del Fossano Calcio, che, a onor di classifica, è ad oggi la società più prestigiosa nel panorama calcistico della provincia Granda.

“Devo dire la verità: non abbiamo affrontato l’argomento, perché da un mese ci sentiamo parzialmente per telefono. Noi abbiamo un consiglio e tutto passa attraverso le decisioni collettive. Bisognerà trovare un modo per poter affrontare il tema tutti insieme – ha spiegato Bessone, che comunque poi ha espresso in modo chiaro il proprio punto di vista.

“Al momento l’unico mese di mancata attività è stato il mese di marzo. Il tutto è in standby, rispetto all’eventuale ripresa. Sarà nostra premura affrontare subito il tema quando potremo incontrarci. Personalmente, io sono convinto che non si riprenderà, perché i problemi in Italia sono talmente grossi che penso che il calcio possa mettersi un attimo da parte. Quando i dati parlano di 900 morti al giorno, il pallone, che è pur sempre uno sport, deve passare in secondo piano”.

Insomma, difficile immaginare un ritorno in campo, perché il pallone non è prioritario, ma anche e soprattutto perché si rischia di complicare ancora di più la gestione dei risultati sportivi generati dalla stagione 2019/2020: “Ripartire a porte chiuse non ha senso. Fermare oggi sarebbe forse la soluzione migliore: da una rapida analisi che ho fatto in questo momento, tolta la Serie B, non ci sono categorie in cui una squadra aveva ormai già annientato la concorrenza. Più si va avanti più sarà impossibile fermare il campionato, perchè la delusione per chi dovesse vedere vanificati i propri sforzi sarebbe troppo grossa”.

Per Bessone, quindi, non si giocherà. Più opportuno, semmai, pensare a quello che sarà e a come la Federazione potrà sostenere l’azione delle società: “Il mio timore, onestamente, è che il prossimo anno si decida di mantenere il costo dell’iscrizione ai campionati equivalente a quello di quest’anno, nonostante i problemi di questi mesi. Le istituzioni si dovranno ricordare che le nostre sono pur sempre società che vivono di elemosine ed immaginare, verosimilmente, un’iscrizione gratuita. Aumentare il numero di partecipanti per ogni categoria 2020/21 per garantire le promozioni di quest’anno? La Serie A ce la fa grazie alle sponsorizzazioni, per le società di Serie D diventa molto più difficile, tra trasferte e costi di mantenimento: non credo sia una linea percorribile”.

Bessone, quindi, immagina uno stop definitivo con un totale annullamento della stagione 2019/2020, prendendo da questa annata solo qualche importante insegnamento: “Mi auguro che sia un’occasione per equilibrare i rapporti tra chi vive il calcio dei dilettanti e chi vive quello dei professionisti. È importante che le definizioni ritornino ad avere un valore: essere un dilettante significa giocare a pallone per passione, senza farne uno strumento di vita. Il calcio dilettantistico, oggi, è malato e finisce per far diventare professionisti dei semplici appassionati. Ecco perché credo che per quanto concerne i rimborsi a giocatori e collaboratori, fino a dove si è giocato si paga. Io se non vado a lavorare non vengo pagato. Il calcio dilettantistico scricchiola? Per certi versi sono contento, perché servirà da lezione. Oggi un calciatore di Serie D deve mettersi in testa che non vivrà di calcio. Il calcio deve fare un passo indietro”.