Il Desenzano Calvina scopre Palmieri, il centrocampista col mito di Kakà

28.10.2020 12:30 di Ermanno Marino   vedi letture
Il Desenzano Calvina scopre Palmieri, il centrocampista col mito di Kakà
© foto di NotiziarioCalcio.com

Riccardo Palmieri da quest’anno veste la maglia del Desenzano Calvina. Le due gare con la maglia del Fanfulla giocate contro l’allora Calvina sopra le righe, “stuzzica” i dirigenti gardesani che gli propongono di accasarsi a Desenzano. Lui accetta rinunciando a diverse offerte tra cui anche qualche club dei professionisti.

Ripercorrendo il cammino di Riccardo Palmieri, ci si accorge di quanto lui abbia fatto parlare di se sin dai suoi primi calci. Nasce a Lodi il 26 settembre del 1995. Inizia la carriera nelle giovanili del Piacenza per poi trasferirsi all’Inter.

Poi passa al Modena nella stagione 2013/2014 con la squadra Primavera, ma il team nerazzurro, che ne deteneva la proprietà del cartellino, lo dirotta a metà campionato alla Pro Patria in serie C in prestito e fino al termine del campionato. L’anno dopo al Fidenza in serie D colleziona 21 presenze da titolare.

Ancora una stagione in D con l’Olginatese poi nel campionato 2018/2019 si accasa al Fanfulla dove resta fino a Giugno 2020 mettendo in mostra le sue doti calcistiche rilevando saggezza e consolidata esperienza. Riccardo Palmieri si racconta al sito ufficiale del club.

Palmieri, questo 2020 è un anno decisamente particolare causa Covid19. Lei come ha vissuto il periodo di lockdown e i mesi successivi, fino a oggi?
«Essendo stata un’esperienza nuova per tutti, il primo impatto è stato brutto perché il massimo che si poteva fare era quello di restare chiusi in casa. All’inizio è stata vissuta come una tutela della salute propria e altrui ma poi la situazione è cominciata a pesare. Non vorrei mai più ripetere un’esperienza del genere, speriamo che non si torni indietro».

Il rischio che il campionato si possa nuovamente fermare è più di un’ipotesi. Cosa ne pensa?
«Se dovessi essere egoista direi che è ingiusto perché abbiamo vissuto 3-4 mesi di inattività e per chi lo fa come lavoro è proprio brutto. Se la situazione è tale da costringere a fermare tutti i campionati è un conto ma se ci fosse la possibilità di andare avanti, imparando a convivere con questo virus, è giusto farlo. Rispetto al calcio ci sono situazioni in cui il rischio è molto più elevato».

Secondo lei, bisognerebbe fermare il calcio ad ogni livello oppure sono giuste le decisioni che sono state prese?
«La Serie A è giusto che continui, perché sono nella situazione di poter applicare tutto ciò che i protocolli richiedono (tamponi, test sierologici ecc). Nelle serie inferiori le difficoltà sono più elevate, sia a livello gestionale che economico. Secondo me non bisogna fermare tutto, farlo significherebbe dare un esempio ma bisogna anche tenere in considerazione che ci sono interessi diversi».

Parliamo di Lei in ambito calcio. Aveva offerte da squadre di Serie C ma ha scelto il Desenzano Calvina. Cosa l’ha portata a questa scelta?
«Avrei voluto fare il salto di categoria ma le richieste sono pervenute prima del lockdown e, una volta ricominciato, queste occasioni sono sfumate. Avevo però anche tante proposte dalla Serie D come appunto il Desenzano, che è stata una delle prime. L’intenzione di volermi è stata portata avanti con determinazione dal Direttore Sportivo Eugenio Olli e dall’allenatore Michele Florindo e questo mi ha spinto a scegliere il Desenzano Calvina».

Come si trova in questo gruppo? Si definisce un silenzioso che preferisce i fatti alle parole, o è parte integrante dello spogliatoio?
«Sono due caratteristiche che mi appartengono ma in momenti diversi. Lo spogliatoio è sacro, uno degli elementi più importanti di una squadra. Mi piace viverlo, di solito sono uno dei primi ad arrivare e uno degli ultimi ad andare via. Servono sicuramente entrambe, poi molte volte piuttosto che parlare preferisco dimostrare sul campo».

Ha qualche scaramanzia particolare?
«Non ho cose particolari ma, essendo per metà del sud, un po’ di sana scaramanzia me la porto dietro, non ai livelli esagerati ma c’è (ride, ndr)».

Arriva a Desenzano quest’anno, ha deciso di vivere la città anche nel dopo allenamento?
«Sono di Lodi ma ho preso un appartamento qui vicino. Ho scelto io e non mi pesa, anzi mi aiuta a potermi gestire tutto quanto; poi la mia ragazza viene molto spesso da me».

Nel curriculum trovano posto le esperienze con Piacenza, Inter, Modena, Pro Patria, Fidenza, l’Olginatese e il Fanfulla: c’è stata qualche situazione singolare o divertente che ci può raccontare?
«Un episodio singolare, seppur in negativo, c’è: quando arrivai al Modena, che militava in Serie B, in prestito dall’Inter, feci tutto il ritiro con la Primavera e, al termine, ad una partita era presente Novellino, che all’epoca allenava la prima squadra. Finito il match il mister disse che mi voleva con lui, mi provò in diversi allenamenti e si ventilava l’ipotesi che potessi esordire alla prima di campionato in casa contro il Palermo, guidato da Gattuso. Purtroppo il Direttore del settore giovanile quasi mi fece passare la voglia di giocare a calcio, perché venivo considerato come un giocatore che non si impegnava abbastanza. Questo episodio mi tarpò le ali e mi segnò tantissimo, avevo 17 anni e sono passato dal poter fare qualcosa di grande ad un momento di crisi totale. Fortunatamente sono stato più forte anche di questo».

Pensa che potrà dare più lei al calcio o il calcio a lei?
«Faccio questo fin da quando ero un ragazzino, ho dato tanto al calcio e spero in futuro di riavere tanto».

Ha qualche rimpianto?
«Un rimpianto c’è: nei momenti importanti, vuoi per sfortuna o per mie colpe, non sono riuscito a sfruttare le situazioni potenzialmente importanti al cento per cento. Non si tratta di veri e propri rimpianti ma quanto di alcuni sassolini nelle scarpe».

Esiste l’amicizia nel calcio?
«Secondo me sì, io tutti gli amici che ho li ho trovati nel mondo del calcio, forse è più difficile trovarli al di fuori. Sicuramente è difficile trovare amicizie solide che possono restare per anni ma io mi posso dire fortunato sotto questo punto di vista».

È un ragazzo giovane, ha solo 25 anni e ormai sempre di più vanno di moda i social network: cosa ne pensa?
«Fino a cinque anni fa li avevo tutti, poi ho cominciato a disintossicarmi dal voler mostrare tutto quello che facevo, adesso ho solamente Instagram. Sono molto utili, la tecnologia e i social rappresentano il principale mezzo di comunicazione, una notizia viene recepita prima rispetto alla televisione o a un giornale. Poi sta a ognuno di noi non abusarne».

Quali sono i suoi hobby al di fuori del rettangolo verde?
«Tre anni fa mi sono iscritto ad un’università telematica nella facoltà di Scienze Motorie, quindi specialmente la mattina la passo a studiare per riuscire a portarla a termine. Poi molto tempo lo passo assieme alla mia ragazza oppure a vedere film e tanto calcio, guarderei anche la Serie B del Congo se lo trasmettessero (ride, ndr), e tanto sport».

La famiglia come vive la sua passione nonché il suo lavoro per il calcio?
«La mia famiglia è stata fondamentale, mi ha dato la possibilità di fare quello che volevo senza limiti, cercando di farmi capire che però anche la scuola era importante. Non hanno mai messo in dubbio le motivazioni della mia scelta»

C’è un giocatore del presente oppure del passato in particolare con il quale sognava o sogna di giocare?
«Sono cresciuto con il mito di Kakà, che è e rimane uno dei miei più grandi idoli, quindi avrei sognato di giocare assieme a lui»

Le consento di sognare a spasso nel tempo e senza divisione di categoria. A chi vorrebbe realizzare un gol?
«Direi a Casillas, contro il Real Madrid, in una finale di Champions».
 

È presto per pensare alla fine della carriera, ma come si immagina?
«Non penso che diventerò allenatore, ci vogliono qualità e caratteristiche che forse non possiedo. Sicuramente rimarrei nel mondo del calcio e mi piacerebbe insegnare ai bambini a giocare, ma più in veste di istruttore che di allenatore».