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Giovanissimi Nazionali Pro Patria, mister Temelin: "La regola degli under abbassa la qualità ed illude i giovani"

28.10.2014 23:00 di  Anna Laura Giannini   vedi letture
Fonte: per NotiziaioCalcio.com Davide Maino
Esclusiva NC - Giovanissimi Nazionali Pro Patria, mister Temelin: "La regola degli under abbassa la qualità ed illude i giovani"
© foto di TuttoMercatoWeb.com

La redazione di NotiziarioCalcio.com ha avuto il piacere di dialogare con Gianluca Temelin, neo allenatore dei giovanissimi nazionali della Pro Patria ed ex bomber di Lega Pro. Con lui abbiamo chiacchierato del suo brillante passato, della sua nuova esperienza come tecnico e dello stato del calcio nostrano.

Ci racconti anzitutto le tappe di una lunga e proficua carriera da bucaniere dell'aria di rigore..
"Sono originario di Pescara, a 15 anni passai all'Atalanta, dove ho fatto tutta la trafila del settore giovanile. Con la Dea ho esordito in Serie B e successivamente in A, giocando anche mezzora in finale di Coppa Italia persa poi con la Fiorentina. Poi ho iniziato a girovagare per lo stivale: Siena in C1, Solbiatese in C2, Pro Sesto e Albinoleffe in C1, Treviso in B, tre anni a Ferrara nella Spal in C1, Messina in B, Pro Patria, Cremona e Reggiana in C1, Lecco, Aosta in Lega Pro 2, ed infine nella Rivoltana in Eccellenza lombarda".

Che ricordo ha delle piazze dove ha giocato?
"Devo dirti che mi sono trovato bene dappertutto e mi ritengo molto fortunato perchè ho giocato in città meravigliose. Conservo un ricordo particolare di Busto, dove in tre anni ho segnato oltre quaranta reti, ma anche di Reggio Emilia e Cremona dove sfiorammo per poco la Serie B, senza dimenticare Messina dove giocai poco ma nel mio anno di militanza arrivò la promozione in serie A".

Quale, se può farci un nome, il compagno piu forte con cui ha giocato?
"Per genialità e doti tecniche fuori dal comune ti dico Domenico Morfeo, col quale ho giocato a Cremona. Poi ho avuto la fortuna di avere in squadra campioni come Luca Toni a Treviso e Sergio Pellissier a Ferrara. Da ragazzino ho anche giocato anche con Massimo Oddo e Grosso alla Renato Curi di Pescara. Direi che avuto in tutta la carriera compagni molto bravi".

Da poco ha appeso gli scarpini al chiodo... passaggio indolore o ha fatto fatica a smettere i panni di giocatore? Che soddisfazioni invece le sta dando questa tua nuova veste mi mister?
"Un po' di malinconia c'è, non posso nascondertelo. Il calcio in fondo è stato, ed è tuttora, la mia vita. Fortunatamente ho avuto da subito l'opportunità di allenare i Giovanissimi nazionali della Pro Patria, e sino ad ora devo dire che l'esperienza si sta rivelando davvero positiva. Rimanere nell'ambito del calcio era un mio obiettivo. Allenare i ragazzini spero possa essere un trampolino per poi allenare anche una prima squadra. La gavetta nel settore giovanile ad ogni modo è assolutamente necessaria per allenare poi ad alti livelli".

Non trova che sia importante che ex calciatori come lei allenino i ragazzi, piuttosto che allenatori sprovveduti o improvvisati e privi di alcuna conoscenza del calcio giocato?
"Questo è un grosso problema e assolutamente attuale del calcio nostrano. Troppe persone nel calcio, a tutti i livelli, che non hanno le competenze necessarie si improvvisano in ruoli che andrebbero ricoperti da persone capaci. Credo sia parte di un malcostume tutto nostro...L'esempio di allenatori o genitori che portano sponsor per allenare o fare giocare i propri figli è sotto l'occhio di tutti... Poi non chiediamoci come mai il livello generale si è abbassato notevolmente negli ultimi anni".

Il calcio italiano è sceso sia a livello generale, cosi come nel ranking Uefa. Quali secondo lei i correttivi da attuare per ritornare ai fasti di un tempo? Quali le cattive abitudini da debellare?
"Le altre nazioni sono ripartite dalla cura per i settori giovanili, questa per me è l'unica strada percorribile. Basta guardare come sono cresciute negli ultimi anni Spagna e Germania. Posso farti il mio esempio: all'Atalanta arrivai nel '92: calciatori tutti italiani, non c'erano stranieri, e i tecnici erano tutti preparatissimi. Il mio non è ovviamente un discorso razzista, ci mancherebbe. Per me se un calciatore straniero fa la differenza è giusto che giochi, altrimenti meglio dare spazio ai nostri ragazzi. Oggi giorno si vedono squadre Primavera imbottite di ragazzi presi dall'estero, ma quanti poi realmente sfondano? Inoltre da noi le strutture carenti (stadi, centri sportivi ecc...) e i pochi investimenti fanno si che il livello si sia abbassato oppure non sia cresciuto per niente".

Tra gli attaccanti italiani in quale si rivede per quelle che erano le sue caratteristiche?
"Direi Paloschi per le caratteristiche da uomo d'area. E' un attaccante del '90 ma che calca determinati palcoscenici già da tempo. Da tenere d'occhio tra i giovani ti faccio anche il nome Belotti del Palermo. Credo, a proposito di giovani, che in Italia bisogna cambiare la cultura: il giovane deve giocare se è bravo. Qui si ha paura. Sbagliato allo stesso modo obbligare a giocare i giovani con le regole in auge nei campionati dilettantistici. In questo modo si illude il calciatore e si abbassa il livello di qualità del gioco".

Quale società a suo modo di vedere può essere una società in questo momento in Italia?
"La Cremonese ad esempio, il cui presidente è stato poco fortunato dal punto vista dei risultati, ma che investe tantissimo. Poi l'Albinoleffe, che ha costruito un centro sportivo all'avanguardia. In generale ti diro' che preferisco si debbano fare giocare per regola i giovani del proprio settore giovanile, cosicchè le società possano sia valorizzarli professionalmente, che realizzare ricavi attraverso la loro cessioni ai grossi club".

Contrario all'idea delle seconde squadre paventata ultimamente sull'esempio di Germania e Spagna?
"Da noi non la vedo fattibile la cosa. E' giusto piuttosto avere società importanti di Lega Pro, a maggior ragione da noi dove alcune piazze fanno piu spettatori della B. L'introduzione delle squadre “B” non cambierebbe le cose dal mio punto di vista".

Tornando al campo, se guarda indietro ha rimpianto adesso che è dall'altra parte della barricata?
"Rimpianti no. Il treno per la A mi è passato davanti, ma l'eta non era dalla mia. Ricevetti un offerta da una società di A, ma a trentanni mi ritennero “vecchio”. Fosse capitato prima sarebbe cambiato qualcosa, ma sono comunque contento di quello che ho fatto. Gli anni di Busto, Cremona e Reggio sono stati anni prolifici e ricchi di soddisfazioni: in quei cinque anni sono sempre andato in doppia cifra, va bene cosi".

Per uno come lei che è stato per molto tempo ad alti livelli, quanto conta la testa per essere un buon professionista?
"E' forse la cosa più importante. Conta un sacco come del resto in tutte le cose. E' fondamentale: senza testa non si va da nessuna parte".

In ultimo, quali gli obiettivi coi suoi ragazzi?
"Il nostro obiettivo è esclusivamente quello di migliorarsi al massimo, me compreso. A fine anno faremo un bilancio: io e società siamo concordi sul fatto che il risultato del campo è secondario. E' chiaro che non possiamo competere con realtà come Juventus e Torino, ma daremo il massimo per dimostrare che anche noi ci siamo, col massimo impegno e soprattutto con il rispetto per gli avversari, aspetto questo sul quale punto moltissimo".

Si ringrazia l'Aurora Pro Patria nella persona di Gianluca Perota per aver concesso l'intervista ad un suo tesserato