Taranto, nel ricordo di Iacovone...

"Erasmo pare quasi Che Guevara, con riccioli e baffi. Con lo sguardo sembra scrutare la porta, come sempre. In qualche modo scende ancora in campo"
Fonte: gazzetta dello sport
Taranto, nel ricordo di Iacovone...

Domenica 5 febbraio 1978, ore 16.20: Erasmo Iacovone esce dal campo. E’ triste: ha provato in tutti i modi a bucare il muro eretto da Alberto Ginulfi, portiere della Cremonese ed ex numero uno della Roma. Non c’è riuscito e quel pari sa di beffa: il Taranto lotta per la A, traguardo mai visto. Lui a fine stagione ci andrà in ogni caso, c’è un accordo con la Fiorentina. Ma non gli importa, vuole spingere in alto una città che lo ha fatto re. La curva canta: «IacoIaco-Iacogol-Iacogol...». Ne ha già segnati 9: è il capocannoniere del torneo. Ma quel giorno, niente. Ginulfi prende l’impossibile. E quando non ci arriva, lo aiutano i pali. «Gara stregata. Ci riproverò tra 7 giorni», spiega l’attaccante ai cronisti. Non avrà altre occasioni. Muore 35 minuti dopo la mezzanotte, travolto dall’auto di un ladro in fuga che correva a fari spenti a 180 chilometri l’ora. Quando l’alba cancella la notte più buia, in ogni casa di Taranto entrano dolore e lacrime. La città è orfana del suo campione. E non smette di amarlo, il tempo non logora il sentimento: lo rafforza. Tramandata di generazione
in generazione, la leggenda del bomber che faceva volare i rossoblù, arriva ai giorni nostri. E 38 anni dopo, Iacovone si riprende quello che il destino gli ha tolto: scende di nuovo in campo. Lo fa su 11 maglie indossate da ragazzi come lui. Poco importa se la partita è Isola Liri-Taranto, Serie D. E’ un semplice particolare di una storia speciale.