A partire dalla stagione sportiva 2013/2014, l’Associazione Italiana Calciatori ha istituito un Osservatorio con l’obiettivo di censire tutti gli atti di violenze, intimidazione e minacce compiuti nei confronti dei calciatori, sia professionisti che dilettanti.
Al termine di ogni stagione sportiva, l’Osservatorio redige un Rapporto intitolato “Calciatori sotto tiro”, in cui si riportano dati, storie, analisi, focus su casi particolari, contribuendo così a portare all’attenzione pubblica un fenomeno particolarmente preoccupante e diffuso nel mondo del calcio.
Attingendo quotidianamente notizie da giornali e siti internet, locali, nazionali e internazionali, dai referti del giudice sportivo e dalle segnalazioni compiute dai collaboratori AIC sparsi su tutto il territorio nazionale, l’Osservatorio ha raccolto tutti i casi in cui i giocatori sono fatti oggetto di atti di violenza fisica, verbale e/o psicologica, preoccupandosi di registrare il luogo in cui gli atti sono stati compiuti, i soggetti che ne sono rimasti vittime e quelli che li hanno messi in atto, la tipologia di minaccia e di intimidazione praticata, gli effetti che essa ha prodotto, la reazione delle società e dei calciatori.
Nel corso degli ultimi due campionati (2019/2020 e 2020/2021), è emersa una considerevole serie dati che costituiscono solo una parte degli episodi effettivamente accaduti: oltre a questi, infatti, è ragionevole pensare che vi sia una ben più abbondante “parte oscura”, vale a dire una serie di episodi accaduti, ma di cui non si è avuta alcuna notizia, per diverse ragioni, tra cui una minore attenzione mediatica, una paura degli atleti ad esporsi, la ricerca, in alcuni casi, di risolvere i conflitti senza ricorrere ad una denuncia formale.
Questo il dettaglio:
- 114 atti di intimidazione e minaccia verso i calciatori censiti nelle due stagioni;
- 70% dei casi registrato nel campionato 2019/2020;
- 75% dei casi sono calciatori singoli ad essere fatti oggetto di minaccia (58% di questi sono stranieri);
- 4 casi su 5 (79%) dei casi si registra nei campionati professionistici (63% solo nella Serie A);
- la Serie D è il campionato dilettantistico più “pericoloso” (9%). Trend in controtendenza con le ultime 5 stagioni, nelle quali era stato il campionato di Eccellenza quello in cui si minacciava e si intimidiva di più;
- 1 caso su 10 (9%) riguarda i campionati giovanili;
- Nord, Centro e Sud-Isole fanno registrare sostanzialmente lo stesso livello di rischio. A differenza degli ultimi anni in cui il Sud era stata l’area più “calda”.
- Diversi, invece, appaiono i dati delle regioni: Lazio (20%), Campania (13%) e Lombardia (11%) guidano la classifica, e sono anche tra le regioni più numerose per calciatori tesserati. I casi relativi ai calciatori di Roma e Lazio, Napoli, Inter e Milan influiscono sulla classifica.
Le modalità principali con cui i calciatori sono stati minacciati, offesi e intimiditi sono state le seguenti:
• 31% cori offensivi, dentro e fuori dagli impianti sportivi, prodotti da gruppi di ultras la cui identificazione, in particolare di alcuni singoli, risulta particolarmente difficile;
• 26% social network (in particolare Instagram): sia direttamente sia su profili di mogli, figli, fratelli … L’utilizzo di questo canale di offesa (con profili veri o falsi) si è largamente incrementato nel periodo di chiusura degli stadi. Le intimidazioni via social sono state attuate soprattutto da singole persone, in alcuni casi individuate e sanzionate dai club stesso o dalla giustizia;
• 18% striscioni contro le squadre appesi dentro o fuori gli stadi e i centri di allenamento o, addirittura, sotto casa di alcuni atleti (18%);
• 11% offese e minacce verbali, sia negli impianti sportivi sia in luoghi pubblici;
• 6% aggressioni fisiche dentro e fuori degli stadi e dei centri sportivi. Contrariamente all’aumento delle minacce social, si registra una sensibile diminuzione delle aggressioni fisiche rispetto agli anni precedenti.
Le principali cause per cui i calciatori sono stati minacciati, offesi e intimiditi sono state le seguenti:
• 42% razzismo. In alcuni casi gli arbitri hanno anche sospeso temporaneamente le partite richiamando l’intervento dello speaker (es. a Parma, Sassuolo, Brescia) in altri la partita è stata sospesa a causa dell’uscita dal campo dei calciatori offesi (es. Bagnolo in Piano, campionato di Eccellenza). Offese di stampo razzista verso dei calciatori sono giunte anche da giornalisti presenti in tribuna stampa degli stadi o in trasmissioni televisive;
• 32% prestazioni ritenute scarse e tali da motivare, secondo le tifoserie, una serie di ripetute sconfitte;
• 8% trasferimento del calciatore ad altra squadra.
Contrariamente a quanto emerso nei Report precedenti, nelle ultime due stagioni sportive sono stati soprattutto le tifoserie avversarie a offendere, minacciare ed intimidire i calciatori (65% dei casi) sia per motivi che rasentano l’odio verso le singole persone e ciò che esse rappresentano, sia per “deconcentrare” gli atleti in vista di una sfida importante.
Per la prima volta, infine, insieme ad alcuni “Daspo” pluriennali emanati dalle autorità pubbliche verso ultras fortemente collegati all’estremismo politico (es. dal Questore di Verona), alcuni Club (ad es. Roma e Cagliari) hanno bandito a vita dai loro stadi i tifosi che si sono resi protagonisti di episodi come quelli oggetto del presente Rapporto.
“Il Covid ci costringe a vivere un calcio molto diverso” – ha commentato il Presidente AIC Umberto Calcagno. “Stadi chiusi, o con capienza ridotta, che hanno messo a dura prova in questi anni la passione dei tifosi e, di contro, aumentato le minacce ai danni di calciatori e calciatrici”.
“Da 7 stagioni l’Osservatorio AIC rileva le forme di intimidazione, violenza e minaccia subìte dagli atleti, attraverso l’analisi dei media, locali e nazionali, e le segnalazioni dal territorio. I dati del Report AIC “Calciatori sotto tiro” relativo alle ultime 2 stagioni mostrano chiaramente che la pandemia, pur limitando il contatto fisico, ha cambiato il modo di minacciare e intimidire gli atleti. Le minacce fisiche si sono trasferite sui social network. In molti casi non si tratta di contestazioni o post polemici; quanto piuttosto di vere e proprie ingerenze nella sfera personale” – ha proseguito Calcagno. “Minacce circostanziate che colpiscono aspetti della vita privata del calciatore o dei suoi famigliari. Forme di violenza, fisica, psicologica e culturale, inaccettabili a qualsiasi livello ed in qualsiasi forma”.
“Avvilisce registrare” – ha concluso il Presidente AIC – “che il razzismo resti ancora la causa principale delle intimidazioni, con episodi che riguardano soprattutto calciatori africani o sud-americani. In questo triste quadro, tuttavia, spicca l’impegno concreto di alcune società che hanno voluto allontanare dagli stadi gli autori (riconosciuti) di alcuni episodi per 5 anni o, addirittura, a vita”.
Autore: Redazione NotiziarioCalcio.com / Twitter: @NotiziarioC
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