Dallo scudetto con Maradona ai Dilettanti: la passione per il calcio non conosce categoria

16.11.2020 12:15 di  Nicolas Lopez   vedi letture
Dallo scudetto con Maradona ai Dilettanti: la passione per il calcio non conosce categoria

Dallo scudetto come calciatore al fianco di Maradona a pulire gli spogliatoi dopo le partite come allenatore e responsabile tecnico del settore giovanile dell’APD Bellaria Igea Marina 1956: il passo di Luca Fusi è stato consapevole e ben ponderato, perché testimonia una vera e propria filosofia di vita.

Non lo faccio per dimostrarmi umile – spiega – ma perché è importante dare ai giocatori una certa immagine. Se fai tutto per loro, se ti impegni a far trovare lo spogliatoio in ordine affinché stiano bene, i ragazzi ti ripagano sempre in qualche modo. È una questione di credibilità nei confronti del gruppo e di rispetto per chi ti accoglie”.

Riavvolgiamo il nastro. Un campione come lei, originario di un’altra regione, come ha conosciuto Bellaria?

Quando i miei genitori mi portarono qui in vacanza la prima volta avevo un anno. Alloggiavamo all’hotel Deanna di Igea Marina. Ho trascorso qui le estati della mia infanzia e della mia adolescenza e, una volta sposato, ho preso un appartamento con mia moglie Manuela, alla quale nel tempo si sono aggiunti i miei figli Filippo e Federico.

Federico, classe 1999, è un difensore come il papà?

Lui è molto più forte fisicamente ed è molto più bravo di testa. Io ero un po’ più piccolino e più bravo tatticamente, ma di testa non la prendevo mai.

Qual è il suo “posto speciale” a Igea?

Il campo. Se ho appuntamento alle 14, mi presento due ore prima per assaporare da solo l’ambiente dello stadio. Mi guardo intorno, penso a cosa posso sistemare. È il mio modo per stare tranquillo. Essendo il responsabile del settore giovanile posso accedere a tutte le zone dell’impianto, così vado in magazzino, in lavanderia o in segreteria ad aiutare i nostri collaboratori. La riconoscenza nei loro confronti è doverosa.

Quante ore trascorre al campo?

“Nel periodo estivo dalle ore 8 alle 12, perché c’è sempre qualche squadra che si allena, poi dalle 14 fino alle 22, quando finisce di lavorare la prima squadra. Durante la stagione è diverso, ma sono comunque impegnato tutti i pomeriggi dalle 14 fino alla sera. È una routine che mi piace”.

Luca Fusi, come è diventato allenatore al Bellaria?

Quando ho smesso di giocare, ho intrapreso il percorso di allenatore del settore giovanile. Ho iniziato nel vivaio dell’Atalanta, dove ho capito di preferire il lavoro con i ragazzi rispetto a quello con i grandi. Quando si è presentata l’opportunità di allenare in Romagna ho accettato di buon grado.

Cosa l’ha conquistata della Romagna?

Tutto. Questi luoghi mi hanno sempre trasmesso grande serenità. Anche quando ero un giocatore abbastanza famoso preferivo venire in vacanza a qui, nella pace. Sono felice di avere messo radici a Igea Marina.

Quale patrimonio sente di portare in una realtà come il Bellaria Igea Marina?

Ho sposato un progetto che aveva come obiettivo principale di far giocare i giovani. Nella stagione 2019-20 abbiamo vinto il Premio Giovani in Promozione (girone D, 9mila euro, ndr.), mandando in campo una squadra che nel girone di andata aveva un’età media tra i 20 e i 20,8 anni. Quest’anno i nostri ragazzi hanno ‘purtroppo’ un anno in più. Al gruppo consolidato abbiamo aggiunto un paio di 2003 che cercheremo di far crescere.

Con queste basi, che risultato sportivo avevate raggiunto?

Prima della sospensione del campionato eravamo noni. Dopo un girone di andata in zona playout, abbiamo ingranato, inanellando 6 vittorie in 7 gare.

Quest’anno che obiettivo vi siete posti?

Salvarci in un campionato che prevede 14 squadre e 5 retrocessioni sarebbe una grande impresa.

Luca Fusi che tipo di allenatore è?

Sono una persona abbastanza esigente durante la settimana, mentre la domenica lascio fare molto alla squadra e ai ragazzi. Quello è il loro momento, si devono divertire.

Lei è un mister più tattico o preferisce lasciare giocare la squadra?

I miei giocatori e qualche mio dirigente si lamentano perché faccio poca tattica. Preferisco lasciare che i ragazzi si esprimano al meglio. Hanno entusiasmo, motivazioni, voglia, coraggio. Con queste basi, la tattica la trovano da soli”.

C’è un allenatore con cui ha lavorato da calciatore al quale si ispira?

Ho avuto tanti bravissimi allenatori, dai quali ho cercato di carpire le qualità più importanti. Da ognuno ho imparato qualcosa. Poi personalmente ho sempre apprezzato di più quelli che creavano dei rapporti particolari con i loro giocatori per ottenere da loro il meglio. Questo vale soprattutto nelle squadre di giovani. Con loro devi essere bravo a non creare dei traumi, false illusioni o aspettative, facendoli crescere serenamente, perché possano fare il massimo in base alle loro potenzialità. Non tutti possono arrivare in Serie A, ma c’è differenza tra la Promozione e la Seconda Categoria, o tra la Serie B e la Promozione. Molto dipende dalle persone che incontreranno sul loro cammino.

A quale allenatore lei è stato più legato umanamente?

Il compianto Emiliano Mondonico. Per il rapporto dentro e fuori dal campo è stato il top. Con lui ho lavorato per quattro anni al Torino, diventando capitano quando, in base al numero delle presenze, non spettava a me. Mi diede grande fiducia. Quando nel 1993 mi sposai, lo invitai al matrimonio e lui, arrivando in chiesa, rubò tutti i cartelli con le indicazioni mettendo ‘in fuorigioco’ tanti invitati che non trovarono più la strada per la cerimonia. Solo lui poteva essere capace di una cosa del genere!.

Al Napoli lei ha giocato con un certo Diego Armando Maradona.

Diego era un grande trascinatore. Ti faceva venire voglia di fare qualcosa per lui. In occasione dei compleanni della moglie o dei figli invitava tutta la squadra comprese le famiglie. Ti faceva veramente sentire partecipe.

Alla Juve che esperienza ha vissuto?

Era un ambiente completamente diverso dal Napoli. L’unico obiettivo era tornare a vincere dopo tanti anni. Come dirigenti e organizzazione era un passo avanti. Ricordo che d’estate, durante la preparazione, con mister Lippi lavoravamo avendo in sottofondo le canzoni dei Marines. Era un gruppo bello compatto.

Come si appresta ad affrontare la stagione dovendo convivere con la pandemia?

È un momento difficile e particolare. Per quanto la società sta facendo per rispettare i protocolli, siamo molto tranquilli, anche se non c’è mai la certezza matematica. Ai ragazzi dico che possono venire a giocare da noi con grande serenità e in sicurezza.

Focus su: l’identikit

Luca Fusi è nato a Lecco il 7 giugno 1963. Ha mosso i primi passi da calciatore nel Bulciago, oratorio del paese d’origine del padre Antonio, arrivando ad esordire tra i professionisti nelle file del Como. Poi, nel 1986, il trasferimento alla Sampdoria, a cui seguiranno gli anni d’oro nel Napoli di Maradona (1988-90), un quadriennio al Torino (1990-94), l’esperienza alla Juventus (1994-96) e quella al Lugano (1996-97).

Difensore pulito e dalla grande intelligenza calcistica, Luca Fusi ha vestito per otto volte la maglia della Nazionale, disputando gli Europei del 1988. Da calciatore, in carriera ha vinto due scudetti (Napoli 1989-90, Juventus 1994-95), tre Coppe Italia (Sampdoria 1987-88, Torino 1992-93, Juventus 1994-95), una Supercoppa Italiana (Juventus 1995), una Coppa Uefa (Napoli 1988-89) e una Mitropa Cup (Torino 1991).

Intrapresa la carriera da allenatore, ha seguito i Giovanissimi e la Berretti dell’Atalanta, quindi la Primavera del Cesena e le prime squadre di Bellaria Igea Marina, Real Marcianise, Foligno e Castel Rigone, per tornare a lavorare nel settore giovanile a Santarcangelo. Dall’estate del 2019 è allenatore della prima squadra e responsabile tecnico del vivaio dell’APD Bellaria Igea Marina 1956.