Già tempo di primi bilanci in casa Lupa Castelli Romani. A parlare, dopo la prima settimana di ritiro, è il tecnico Cristiano Gagliarducci: "Sicuramente posso già dire che la squadra è molto buona, ci sono giovani di valore e giocatori esperti importanti. Alcuni di loro li conoscevo già, perché erano con me lo scorso anno alla Cynthia, altri no e devo dire che sono rimasto piacevolmente colpito. In particolare, in questi giorni mi ha impressionato Emanuele Mancini: di lui mi parlavano tutti bene, ma non lo conoscevo personalmente e devo dire che dopo la prima settimana di ritiro posso già dar ragione a chi ne tesseva le lodi. Diciamo che per allestire questo gruppo, con il diggì Rosato e il direttore sportivo Fabio Iengo siamo ripartiti proprio dall’ossatura della Cynthia della scorsa stagione. Abbiamo evidenziato quello che ci è mancato in passato e abbiamo cercato di sopperire a queste mancanze, garantendo un po’ di gioco a centrocampo e assicurandoci un finalizzatore vero davanti, rafforzandoci nei reparti cruciali e confermando molti dei protagonisti dell’anno passato, quando comunque abbiamo compiuto un mezzo miracolo. Miracolo Cynthia? Non mi sono mai piaciuti gli allenatori modello ‘vinco io, perdete voi’, e da calciatore ne ho incontrati tanti. Sono fermamente convinto che siano i giocatori a far grande un tecnico, perché se danno il 100% ti permettono di far bene, ma se vogliono ti fanno fuori in un attimo. Lo scorso anno penso di essere stato bravo a creare un buon gruppo, essendo chiaro con tutti fin da subito, a volte anche in maniera brusca perché riconosco di non avere dei modi molto gentili. Quando si impara a conoscermi, però, la prima cosa che si capisce è che parlo in faccia e dico sempre quello che penso, e a lungo andare queste cose vengono apprezzate. Quando qualcuno parla bene di me, anche se sono in pochi, sono contento, ma se ne parlano male non mi interessa affatto. Le chiacchiere non le ascoltavo nemmeno quando giocavo, figuriamoci ora che faccio l’allenatore. Ammetto che in passato mi sono scontrato spesso con i miei dirigenti, perché ho un carattere particolare e quando sono convinto di una cosa, per me quella è legge. Mi hanno sempre detto che se avessi mitigato il mio modo di fare avrei potuto avere una carriera diversa: forse è vero, ma ognuno è fatto a modo suo. A me non piacciono i sotterfugi e non sono mai sceso a compromessi, non comincerò certamente adesso. Modulo? Sicuramente il 4-2-3-1. Credo che, se riesci a farlo bene, questo sia un modulo che ti permette di essere molto offensivo, ma allo stesso tempo di difenderti bene. Con gli uomini adatti e la grinta giusta ti regala delle belle soddisfazioni, ma è necessario che tutti i giocatori in campo diano il massimo. Il calcio è uno sport di sacrificio, anche se l’ho capito solo da quando sono diventato allenatore: da giocatore non ero uno che si sacrificava in settimana, lo ammetto, ma crescendo si imparano tante cose".

 

Sezione: Eccellenza / Data: Lun 12 agosto 2013 alle 14:15
Autore: Anna Laura Giannini
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