"Mi sto disintossicando, non voglio più saperne né a Taranto né altrove". Con queste parole Massimo Giove, ormai ex presidente e patron del Taranto, ha ufficializzato il suo abbandono definitivo del mondo del calcio. Un addio che segna la fine di un'era per il club rossoblu, ora affidato nelle mani del nuovo proprietario Zerbo, con il passaggio definitivo delle quote che si formalizzerà a Torino.
Una decisione maturata dopo una serie di eventi che hanno portato al tracollo della realtà tarantina, come spiega lo stesso Giove: "L'incendio dello Iacovone alla prima giornata ci ha devastati. Due mesi fuori casa, partite ogni tre giorni, sponsor persi e quasi un milione di euro in fumo. Nessuno ci ha aiutato. Da lì è crollato tutto, sia sportivamente che economicamente".
L'ex patron non risparmia critiche al sistema calcio italiano, in particolare alla Serie C: "La Serie C non ha futuro. Serve una riforma seria, ma tra AIC, FIGC e lotte di potere, è tutto bloccato. I presidenti sono ostaggi dei procuratori. In Lega Pro si regge solo a suon di soldi personali".
Durante la sua gestione, Giove chiarisce anche alcuni aspetti relativi ai rapporti interni, come nel caso di Galigani: "Non è mai stato direttore generale. Gli ho voluto bene, mi consigliava, ma ho dovuto gestire molte pressioni per tenerlo fuori dallo spogliatoio. Se è così bravo, perché nessun altro club l'ha mai cercato?"
Il futuro della società appare incerto. "Dal 2 agosto mi sono dimesso. Gli ultimi stipendi li ho pagati io, ma ora non leggo nemmeno più i comunicati", spiega Giove delineando gli scenari possibili: "Se va bene si riparte dai Dilettanti con -3 punti, altrimenti dall'Eccellenza. Una nuova società potrebbe ricominciare dalla Terza Categoria. Io ho fatto il mio".
Determinante nella sua scelta è stata la questione dello stadio: "Senza Iacovone, rifarei la scelta di mollare. Abodi ci aveva garantito che avremmo giocato a settori, poi ha cambiato atteggiamento. Se mi avessero detto prima la verità, non avrei iscritto la squadra".
Non mancano frecciate alla gestione futura, in particolare alla Fondazione: "Sentire parlare di sport con 500mila euro in tasca fa sorridere. Solo il settore giovanile costa la metà. Al Sud si fa sport per passione, non per guadagno".
Il bilancio finale è carico di amarezza: "In otto anni ho dato tutto. Playoff per la B, promozione dalla D con il Covid, zero aiuti istituzionali. E alla fine la tifoseria festeggia la mia uscita. Capisco Canonico quando dice che ha il vomito del calcio. Io mi sono disintossicato davvero".
Il messaggio conclusivo è una riflessione più ampia: "Il Taranto non è mai stato in A e da trent'anni manca dalla B. Colpa solo dei presidenti? No. La città deve guardarsi allo specchio. Io ho fatto la mia parte. Vediamo ora cosa sapranno fare gli altri".
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