Tredici anni. Tredici anni sono tanti. Ancor di più se consideriamo che anni. Difficile riassumerli in poche righe.
Andrea Seno, a livello nazionale, era conosciuto come il biondo mediano di Zemanlandia. I polmoni e il cervello di quel centrocampo. Smessi i panni di calciatore dopo una carriera a buoni livelli, il ritorno nella sua città. Prima come responsabile del settore giovanile, poi come direttore sportivo, infine come responsabile – a tutti gli effetti – dell’area tecnica.
2004. Retrocessione, fallimento e disonore con DalCin-Gallo e la valigetta di Genova. Macerie. C’è da ricostruire, c’è da rimboccarsi le maniche. Rimangono Ongaro, Casagrande, Collauto e lui.
Il direttore. Si pensa di essere nel punto più basso. Non lo sarà. Un altro fallimento, problemi annuali di gestione, economica. Non sportiva, mai nessuna debacle sul campo. E la firma, il merito, è suo. E’ stato il pilastro, continuativo e credibile, per tutti questi anni. Ha messo le sue competenze, la sua professionalità – un’eccellenza del nostro territorio – e la faccia, a coprire lacune costanti di altri, sempre e comunque.
C’è chi con 100 miliardi di vecchie lire si comprava Buffon e si meritava la palma del migliore direttore sportivo planetario. Sempre trovato curioso.
La realtà in cui ha dovuto muoversi Andrea Seno, inutile dirsi, è stata ben diversa. Nonostante ciò, in sette anni, la squadra è sempre risultata competitiva per obiettivi inerenti alle varie categorie. Zero budget o quasi, latitanza dei vertici, problemi logistici e organizzativi a profusione. Una promozione dalla vecchia C2 con il Di Costanzo Show conclusasi con i play-off di C1; ricordiamo tutti – tra gli altri – i gemelli del gol Pradolin-Moro (il primo acquistato dal Favaro, in promozione; il secondo ricordo dei tempi nelle giovanili arancioneroverdi e che tra i professionisti non aveva ancora brillato) a cui seguirono il doppio colpo Melucci-Bono (svincolati e asse portante di quella squadra). L’arrivo di Aprea dalla Cisco, altri colpi ben congeniati (Veronese, Malatesta, Antenucci) che nonostante non resero al meglio furono sagaci operazioni di mercato. Nadarevic dalla Sacilese, su cui Seno arrivò per primo ma che, per problemi burocratici partoriti dalla mente surreale di Macalli, non fu possibile tesserare (quest’anno ai playoff con il Varese, insieme ai Drascek e ad un altro colpo da novanta come Pesoli). La salvezza prefallimento nell’anno di Serena, miracolo sportivo vista l’agonia in cui versava quella proprietà, la nuova ripartenza con – nuovamente – scarsi mezzi e scarso tempo e un girone di ritorno impeccabile con Favaretto in panchina e i playoff di serie D e tanti giovani ritornati alla base (Cardin e Modolo) o pescati da altre parti (Corazza e Bigoni), inseriti in colpi da ultimo minuto come Nichele, Segato e Vianello. E, infine, una calvacata alla pari con il Treviso che probabilmente avrebbe potuto avere un epilogo diverso in situazioni diverse. E che comunque ha offerto il capocannoniere del torneo, uno come Emil Zubin. E non solo.
Ce ne sono stati altri. Non abbiamo citato tutti. Magari gregari, giocatori utili alla causa. Non nomi, non figurine. Perchè comprare tanto per comprare, quando non hai mezzi, non lo puoi fare. Servono qualità tecniche ma soprattutto umane, capacità di fare gruppo, aver voglia di rivalsa, sentire di avere un’occasione importante e fare tutto per non mancarla, sentire – come si suol dire – la maglia. E Andrea Seno è sempre riuscito a trovarli, non solo per capacità ma proprio perchè ne era il ritratto perfetto. Ogni sportivo veneziano e mestrino sapeva che, nonostante i tentennamenti e le incertezze economiche, alla fine poteva andare allo stadio sapendo di trovare una squadra all’altezza della situazione. Magari con pecche, magari con limiti ma c’era ed era credibile e sostenibile.
Questa non vuole essere una critica o una polemica con la nuova proprietà. Non crediamo nemmeno sia un suo errore (semmai un malconsiglio da parte di terzi). Non vuole essere nemmeno un paragone fastidioso e dannoso nei confronti del nuovo dg Oreste Cinquini (tra l’altro professionista di comprovata esperienza e valore), sapendo – tra l’altro – che spesso e volentieri mal si combinano le figure di direttore generale e direttore sportivo (se non con disequilibri di potere abitualmente umilianti da parte di uno rispetto all’altro).
Vuole solo essere un sentito e caloroso ringraziamento nei confronti di Andrea Seno, una persona – prima ancora di un professionista – che ha dato tanto a questi colori, in anni difficili per tutti, e che – crediamo senza paura di essere smentiti – tutti gli sportivi arancioneroverdi sperano in un futuro di potere riabbracciare.
Che non sia un addio, ma un arrivederci.
Al biondo de Buran.
Grazie. Veramente. Grazie!
Autore: Giovanni Pisano
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