Oggi su Radio CRC, emittente radiofonica locale della Campania, nel corso della trasmissione "In Ritiro Con Te", è intervenuto l'onorevole Giorgio Mulè che ha trattato l'argomento legato alla riforma del calcio italiano.
Di seguito le sue parole:
«Sono molto soddisfatto delle premesse che sono state poste, perché quella che era stata salutata come una provocazione e le pressioni di ogni tipo che ho dovuto subire, hanno portato alla fine ad un risultato che rivoluziona il calcio con un emendamento che riconosce ciò che è riconosciuto in tutti gli ambiti civili. Parliamo del fatto che ad una componente, che ha un peso economico unico in quel settore, venga riconosciuta una rappresentanza. Quello che è successo ieri determina e denota il cambiamento: si è dovuto prendere atto del fatto che il riequilibrio all'interno del Consiglio Federale è atto dovuto. A questo punto il 29 luglio o si determina il nuovo Statuto o l'Assemblea, convocata per eleggere il Presidente il 4 novembre, diventerà Assemblea Straordinaria per le modifiche dello Statuto.
Aggiungo che ha fatto bene il Ministro Abodi ieri a non andare, per evitare che ci fosse l'accusa da parte di qualcuno di strumentalizzare o di voler imporre qualcosa. L'emendamento arriva "spiumato" per evitare di entrare nella materia in maniera così profonda, ma dando contemporaneamente segnali inequivocabili alla Federazione che così non si può andare avanti. Nel decreto che il Senato approverà tra domani e dopo domani, si stabilisce il principio collegato alla materia del decreto: in ambito elettorale devi riconoscere un'equa rappresentanza a chi dà un maggiore contributo economico. Tutto il resto del contenuto dell'emendamento, deve essere materia di una riforma immediata e contestuale. Proprio per evitare che si dicesse che la politica vuole dettare le regole, si è preferito, a mio giudizio correttamente, lasciare alle parti la determinazione del futuro. Però intanto il risultato è stato raggiunto, perché si è preso atto che questo sistema non è replicabile anche per le prossime elezioni. E questo è quello che qualcuno definisce una rivoluzione.
Non è una mia vittoria. Da tre anni provo a fare una norma di civiltà che dice che i gruppi sportivi militari della difesa ed anche dell'interno abbiano rappresentanza nel Consiglio del CONI e nella Giunta del CONI. Attualmente non sono rappresentati, ma sono coloro che portano oltre il 40% delle medaglie olimpiche. Quando tra pochi giorni li vedremo vincere medaglie, ricordatevi che sono persone che non hanno legittimità all'interno del CONI. Ne ho fatto una battaglia di principio e la porterò avanti fino alla fine. La stessa battaglia l'ho fatta sulla Lega di Serie A e sulla Federazione ed intendo continuare. Aspetto che si raggiunga un accordo e se così non dovesse essere si interverrà diversamente. Per adesso è giusto che le parti cerchino un accordo.
Se non ci sarà l'accordo, c'è un disegno di legge con carattere d'urgenza (quindi non un decreto) che a quel punto il Ministro dello Sport definirà entro qualche settimana per colmare quello che altri evidentemente non vogliono fare. Si andrà nella direzione di una riforma vera e strutturale del calcio, che, sottolineo, non è fatta sulle persone, perché a me di Gravina, con tutto il rispetto, interessa poco. Mi interessa che il calcio italiano, i giovani, i vivai vengano valorizzati e messi in condizione di poter un domani dare un apporto. Con chi devi agire, se non con le società che governano il professionismo calcistico?
Non è legato alle elezioni, perché se guardiamo le elezioni abbiamo il respiro corto. Il progetto riformatorio del calcio è un disegno di legge con carattere d'urgenza che recepirà quelle indicazioni contenute nell'emendamento e le elaborerà alla ricerca di una mediazione. Se la mediazione non ci sarà, si andrà avanti secondo il cammino parlamentare e quindi si discuterà in Parlamento e si arriverà ad una riforma. Il Governo è pronto ad intervenire sulla FIGC nel caso.
Se questo calcio e questa Federazione non sono in grado di autorigenerarsi e autoriformarsi, qualcuno lo sporco lavoro lo deve fare. Adesso si ha il tempo di ragionare, senza che ci siano bracci di ferro o imposizioni da una parte o dall'altra. Ma se la partenza è che nulla si può toccare, allora qualcun altro dovrà governare il cambiamento. E questo qualcuno è il Parlamento.
I tempi sono stretti, ma non perché traballa la poltrona di Gravina. Partiamo dal basso: dalla valorizzazione dei vivai, dei giovani e poi arriviamo ai consiglieri e facciamo una riforma. Ma se non c'è questa consapevolezza da parte di chi dovrebbe essere motore di questo cambiamento, allora dovrà farlo qualcun altro».
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