Questa volta, nessun ritardo nel fischio d'inizio. Il campionato di Serie C 2024-2025 prenderà il via nel penultimo weekend di agosto con la prima giornata, preceduta dall'apertura della Coppa Italia. Un risultato che dovrebbe essere la norma, ma reso possibile da un'estate finalmente priva di ricorsi.
Nel giorno del suo 60° compleanno, l'esperto tecnico trevigiano Bruno Tedino, in attesa di una nuova opportunità dopo l’esonero dal Trento a metà della scorsa stagione, ha parlato del campionato in partenza in un'intervista rilasciata al portale news.superscommesse.it, soffermandosi anche sulle esperienze più significative della sua carriera, inclusa quella come ct dell’Italia Under 16 e Under 17, durante la quale ha avuto l'opportunità di valorizzare alcuni dei talenti più promettenti del calcio italiano.
«Quando si subisce un esonero è inevitabile che ci sia delusione. Purtroppo, però, la vita di un allenatore è questa. Bisogna rispettare le scelte delle società, noi siamo dipendenti e dobbiamo adeguarci. Dal mio punto di vista credo di aver fatto un percorso molto importante a Trento. A dirlo sono i numeri: 57 punti in 38 partite parlano chiaro, nel primo anno abbiamo conquistato la salvezza grazie a un grande girone di ritorno dopo che avevo raccolto la squadra in zona playout. Anche l’annata successiva era iniziata bene, poi sono cominciati i problemi e mi riferisco soprattutto agli infortuni. Per buona parte della stagione abbiamo giocato con un solo attaccante, Petrovic, dal momento che Sipos si era rotto il crociato e alla fine le difficoltà offensive hanno inciso sul rendimento di tutta la squadra. Possiamo dire che paradossalmente siamo andati “troppo bene” all’inizio e questo aveva creato delle ambizioni forse anche superiori a quanto si poteva fare realmente. Dispiace sia finita così, ma la vita va avanti».
Che idee si sta facendo per la stagione alle porte di Serie C?
«Non voglio passare da indovino, anche perché la mia carriera è sempre stata costruita sull’umiltà. Però mi permetto di dire che lo scorso anno dopo aver visto l’amichevole vinta dal Mantova contro il Brescia pronosticai una stagione da protagonista per la squadra di Possanzini. Avevo notato alcuni aspetti tecnico-tattici e alcuni movimenti molto interessanti. Obiettivamente, però, neppure io mi aspettavo che avrebbero dominato il campionato come è successo. Per quest’anno penso che le protagoniste possano essere quelle che ha elencato, ma con il Vicenza favorita. Il Lane ha mantenuto la stessa struttura e inserito giocatori molto importanti in attacco, sia sul piano fisico che dal punto di vista tecnico. Lo scorso anno fecero una bella cavalcata nel girone di ritorno fino alla finale playoff, ma arrivando in fondo con gli uomini contati per i tanti infortuni subiti. Ora la rosa è stata allungata e potenziata».
Come andò l'esperienza al Palermo?
«Purtroppo fui esonerato quando eravamo secondi in classifica a quattro partite dalla fine. Era una stagione molto particolare anche perché sarebbe stato l’ultimo anno nel quale il campionato di Serie B non si fermava per gli impegni delle nazionali. Questo unito a una serie di episodi sfortunati ci hanno fatto perdere punti preziosi in diverse partite. Penso alla sconfitta contro il Foggia, quella di Perugia o al pareggio di Novara. Alla fine del girone d’andata eravamo primi e questo determinò inevitabilmente delle aspettative tali che ritrovarsi in lotta tra secondo e terzo posto a poche giornate dalla fine creò malumore nell’ambiente. Comunque non ho alcun rimpianto. Per rispondere alla sua domanda credo di essere arrivato al posto giusto al momento giusto. Ringrazierò per sempre la piazza di Palermo per come mi ha accolto e trattato e soprattutto il presidente Zamparini per l’opportunità che mi diede».
Un altro degli snodi della sua carriera è stato l’avventura al Südtirol, dove arrivò un altro esonero discutibile alla vigilia dei playoff per giocarsi la promozione nell'allora C1. Oggi, e sono passati 20 anni, quella bolzanina è una realtà consolidata della Serie B. Che ricordi ha? Già da allora si stavano creando le basi per arrivare a questi livelli?
«È trascorso davvero tanto tempo da quell’esperienza e posso dire che no, all’epoca non c’erano ancora i presupposti per quello che sarebbe successo in seguito. Anzi era una fase piuttosto difficile anche dal punto di vista “pratico”. Eravamo costretti ad allenarci lontano, a Laghetti, e si giocava ancora nello stesso campo del Bolzano. Però la società era già allora molto organizzata. Vedevo precisione, programmazione e abilità dal punto di vista manageriale. Si vedeva che le idee erano chiare».
Che idea si è poi fatto del tracollo vissuto dal Pordenone che sembrava essere proiettato verso grandi traguardi con basi solide sul piano economico?
«Conservo un ottimo ricordo di Mauro Lovisa. È stato un presidente “visionario”, animato da un grande amore per la piazza di Pordenone e purtroppo questo l’ha portato a compromettersi troppo e a fare il passo più lungo della gamba anche in termini economici. Parlerei di un vero e proprio atto d’amore non gestito bene. Non dimentichiamoci, però, che il Presidente raccolse la società in Eccellenza e seppe portarla con passione alle soglie della Serie A. Sapeva trasmettere entusiasmo e voglia di lavorare. Dall’esterno visto l’epilogo si può pensare a un tracollo, ma so quanto amore e quanta dedizione ci sono stati dietro. Quanti sforzi sono stati profusi per inseguire quel sogno».
Sembra che il nostro calcio non manchi di giovani promettenti, ma che qualcosa si perda nel passaggio ai professionisti. È d'accordo? E cosa pensa dell'introduzione delle squadre Under 23 in Serie C? Opportunità per i giovani o svantaggio per gli altri club?
«Io credo che i giocatori bravi ci siano, allora come oggi. A quelli che ha citato aggiungerei Donnarumma, che era nel giro delle mie nazionali e che a 16 anni fu fatto giustamente debuttare in Serie A. Se i talenti ci sono e sono validi giocano, a patto che dietro ci sia una managerialità adeguata. Sarebbe un discorso ampio, ma il problema è che c’è troppa precarietà. Nei settori giovanili si sceglie di scimmiottare spesso la prima squadra e questo non è sempre positivo, poi si vuole tutto e subito quindi si fanno giocare i giocatori più esperti pensando ai vantaggi immediati. Quanto alle Under 23 in Serie C credo sia una buona idea, a patto che si creino rose ben definite di 23-24 giocatori senza pescare dalle Primavera o dalle prime squadre, altrimenti sì che si creano degli squilibri con le altre. Però l’idea è buona perché le società che hanno adottato la squadra B, Atalanta, Juventus e adesso Milan, possiedono strutture che molte altre squadre di C non hanno, oltre a organizzazione e managerialità e questo permette ai ragazzi di esprimersi al meglio e di affacciarsi bene al professionismo».
Lei conosce bene Locatelli e Scamacca per averli allenati nelle Under. Entrambi hanno talento, ma faticano a trovare stabilità nei club e in nazionale. Scamacca, ora infortunato per l'intera stagione, è stato criticato all'Europeo, mentre Locatelli è stato fischiato dai tifosi della Juve. Crede che nel sistema di Motta possa finalmente sbocciare?
«Su Locatelli mi permetto di raccontarle un aneddoto. Quello che passa all'esterno è un atteggiamento molto diverso da quello che Manuel è realmente. Nel 2015 dopo l’ultima amichevole pre Europeo Under 17 contro la Fiorentina Allievi si mise a piangere perché non avendo giocato bene temeva di non essere convocato. Questo spiega la serietà dell’atleta, quanto tenga al proprio lavoro e il suo atteggiamento responsabile. Dal punto di vista tecnico parliamo di un giocatore molto forte e in possesso di notevoli qualità nella comprensione del gioco. Credo che il passaggio da Allegri a Motta possa agevolarlo. Ovviamente non intendo dire che Thiago sia più bravo di Max, però le metodologie e i concetti tattici sono diversi. Con una superiore predisposizione di squadra al palleggio sono certo che Manuel riuscirà a eliminare anche quella discontinuità di rendimento che ancora lo affligge. Quanto a Scamacca, la grande ed evidente fisicità che ha non è la sua qualità maggiore perché dal punto di vista tecnico è fortissimo. Questo infortunio non ci voleva. Comunque stiamo parlando di due ragazzi che non saranno più giovanissimi, ma a mio parere sono tra le certezze del calcio italiano e della Serie A e bisogna fare il possibile per “custodirli”».
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