«Mi sto aggiornando perché per la prima volta dopo ventitré anni di attività, dopo la risoluzione fatta a luglio, mi sono preso un periodo per accrescere le mie conoscenze dalla serie A al campionato Primavera. Sto lavorando tanto sui contatti, guardo partite, ho visitato anche qualche federazione all'estero dove partivo già da un certo background poiché ho avuto modo di fare mercato all'estero per un po' di stagioni, soprattutto quando sono stato allo Spezia, all'Entella ed alla Spal». Comincia così la chiacchierata con il direttore sportivo Andrea Grammatica, ex, tra le tante di Siena, Ravenna ed Altamura, che, a dispetto delle sue quarantasette primavere, è uno dei profili più esperti della categoria.
Lei ha parlato di estero. Ha avuto modo di osservare in maniera forse più oggettiva delle differenze del nostro movimento calcistico con gli altri Paesi?
«Il calcio italiano definirlo in crisi è poco. Le prime differenze che balzano agli occhi sono le strutture, anche in Paesi dove nell'immaginario potrebbero essere meno sviluppati dal punto di vista calcistico hanno delle strutture incredibili. Anche nelle terze serie, che nella maggior parte delle nazioni europee si tratta di campionati dilettantistici. L'altro aspetto che balza agli occhi è la qualità degli istruttori. Pur non occupandomi di settore giovanile, e non avendolo mai fatto, seguo dalla fascia alta dell'Under 17 in su ed ho trovato istruttori qualificati, soprattutto nella tattica e nella tecnica individuale, già in una età quasi adulta. Aspetto che si è completamente perso in Italia. Capisco gli allenatori che hanno mediamente tre settimane di tempo per poter mantenere il loro posto di lavoro, al di là di qualche eccezione. Questo porta un cercare esclusivamente di dare un'identità alla squadra, di salvaguardare il risultato per salvaguardare il posto di lavoro. Questo va a trascurare tutto un lavoro individuale che andrebbe fatto per completare la formazione del calciatore. Questa cosa qua in Olanda, in Belgio, in Francia, ma anche in Svezia e Finlandia, Paesi dove ho potuto volgere uno sguardo anche negli anni passati, è una differenza evidente, una differenza culturale nell'approcciarsi al lavoro. Poi non meravigliamoci dei risultati».
Alla crisi abbiamo risposto con norme come quella dell'obbligatorietà dei giovani in Serie D. Qual è la sua opinione in merito?
«Questa regola è veramente in controtendenza con chi fa questo lavoro con passione, gira i campi di serie D ed Eccellenza e lo vede subito se un giovane è bravo e gli fa fare un certo percorso. Chi ha ideato questa norma dell'obbligatorietà di utilizzo dei giovani non ha fatto un'analisi approfondita su quello che è il nostro lavoro. Non posso pensare altrimenti... Le squadre che ho avuto in serie D hanno giocato mediamente con cinque under quando l'obbligatorietà era quattro, ora è tre. E parlo di piazze importanti come Siena e Ravenna dove la pressione era tanta. Quando c'è un giovane bravo, non c'è bisogno, per chi fa calcio, dell'obbligatorietà, lo fai giocare, sicuro, matematico. Ho avuto ad esempio Prati che è un nazionale Under 21, un 2003, che adesso è al Cagliari. Io l'ho avuto a Ravenna i D ma quando l'ho avuto io è come se fosse oggi un 2007, vale a dire nell'annata più giovane. Lui faceva la Juniores, ma dopo pochi allenamenti mi resi subito conto della qualità di questo ragazzo. Naturalmente come play davanti alla difesa, nella costruzione della squadra, avevo l'opportunità di prendere un giocatore magari esperto, ma ho preso il rischio di imporre questa scelta anche al mio allenatore non prendendo un giocatore importante. Prati quell'anno lì, da play, fece sette gol in D e poi lo vendemmo nei professionisti».
Quindi, secondo lei, l'obbligo produce un effetto dannoso?
«Credo che l'ottanta percento dei giovani di adesso in D, quando escono dall'obbligatorietà dell'annata, smettono di giocare. E il venti percento te li ritrovi tra la Promozione e l'Eccellenza, quindi stiamo producendo il nulla dal punto di vista calcistico, anzi illudendo dei ragazzi che quello potrebbe essere il loro lavoro, invece non lo è ritrovandosi a 22-23 anni nell'illusione che potevano fare i calciatori e magari hanno abbandonato la scuola, o trascurato un percorso di studi, e te li ritrovi per strada. Per me questo è un danno enorme. Ora si è passati a tre ed è già qualcosina, però è un tipo di campionato la serie D dove non c'è bisogno di questo tipo di obbligo. Anche in serie C nelle mie squadre ho preso almeno tre giovani che venivano dalla D. Mi viene in mente Belli che ora fa il capitano a Padova in B, a Moreo, attaccante del Pisa, Da De Col all'Arezzo... Ora parlo di me, ma tanti miei colleghi danno uno sguardo al campionato di serie D. Quando un giovane è forte lo prendi e lo fai esordire nei professionisti senza ma e senza se. Altro esempio è l'attaccante Sabbatani che presi dall'Eccellenza per il Ravenna in D e fece molto bene andando in doppia cifra. Poi lo portati all'Altamura in C, e di lì ha firmato un triennale col Cerignola ed ora è in prestito al Sorrento. Un giocatore che per me può fare ancora la categoria superiore».
È sul concetto di "valorizzazione" anche esso introdotto nei Pro con la presunzione di valorizzare i giovani?
«Sono contro anche alla valorizzazione, per me anche questo incentivare a tutti i costi attraverso un benefit economico l'utilizzo del giovane non mi trova d'accordo. Spesso sento colleghi a cui impongono di prendere giovani valorizzati. Non ti chiedono neanche se è destro o sinistro, alto o basso, perché non lo hanno neanche visto. Questo perché devo portare un costo zero al mio presidente. E anche qua viene a decadere la logica tecnica: che scelta ho fatto? Una scelta tecnica o una scelta economica perché il presidente mi ha imposto di prendere sette-otto giocatori valorizzati. Così scade la meritocrazia, scade la scelta qualitativa. Io ho guardato anche quest'anno la serie D, parlando con agenti di alcuni calciatori veramente bravi, mi hanno confessato la loro difficoltà di portarli a zero in un club di C. Perché alcuni direttori rispondono che non possono prenderli perché hanno un costo lordo federale di quindicimila euro ed allora il presidente preferisce prendere un "valorizzato". Però diventa difficile così fare calcio... Ci sono veramente tre-quattro giocatori che avrebbero meritato di fare la C, secondo me già a medio livello, non hanno trovato squadra e devono rifare il campionato di Serie D. Ed allora mi viene da pensare che dobbiamo ridurre il numero delle squadre perché se siamo arrivati al punto che un club di serie C non riesce a sostenere un minimo federale di un giovane che ha già fatto molto bene in un campionato di D vuol dire che non puoi far calcio».
Lei è un fautore del campionato solo Under 23. Le cosiddette seconde squadre possono accorciare le distanze dalla prima squadra?
«La seconda squadra, se fatta con determinati criteri, porta dei benefici al bilancio perché ci sono giocatori, soprattutto stranieri, che dopo un'annata in under 23 non rientra alla casa base ma viene ceduto spesso all'estero in campionati come Olanda e Francia. Dipende anche, quindi, con la logica con cui si fa. Probabilmente manca un anello di congiunzione tra la Primavera e la Prima Squadra, cioè la distanza tra il campionato Primavera e la Serie A è abissale. Distanza che esiste anche tra Primavera e serie B. Probabilmente manca un campionato di mezzo. Io credo che la Seconda Squadra in un campionato a sé, magari anche sfalsato nelle annate, con qualche fuoriquota, possa non togliere spessore alla C, salvaguardando il campanilismo, la tradizione della terza serie, ed essere un bacino importante che evita il fatto di perdere dei giocatori in giro».
Parliamo del suo ruolo: il direttore sportivo è cambiato negli ultimi tempi?
«Il ruolo di direttore sportivo per me è morto. La realtà è questa. Ho lavorato in club italiani con proprietà estere e già dieci anni fa mi accorsi che il ruolo di direttore sportivo da una proprietà estera è percepito in un'ottica completamente diversa, l'allenatore è un manager ed ha il controllo di tutta l'area sportiva, il direttore sportivo o non esiste o è un manager che partecipa in maniera più sfumata all'attività del club. Poi va tenuto conto che le proprietà estere utilizzano il famigerato algoritmo come strumento di mercato. Quindi già ad alti livelli il ruolo di diesse è completamente cambiato. Scendendo poi di livello il ruolo è completamente schiacciato, dove il mercato viene fatto principalmente o dai presidenti o dagli agenti. Questa è la verità. Il direttore sportivo viene visto principalmente come un costo, giusto o sbagliato, vero o non vero, questa è la realtà ad oggi».
Come sopravvivere a questo cambiamento?
«Il ruolo tradizionale non esiste più, a parte qualche eccezione. Non si può piangere sul latte versato o accettare tanti compromessi al "ribasso" contribuendo con questo atteggiamento a "schiacciare" il ruolo. L'intelligenza di un professionista deve essere anche quella di adeguarsi al cambiamento. Studiando un nuovo approccio, un nuovo modo di operare, un nuovo metodo. Deve essere un consulente in questo momento qua. Un consulente che o è più vicino all'area tecnica o è più vicino alla proprietà. Quando è più vicino all'area tecnica aiuta nella gestione del parco giocatori l'allenatore. Infatti sono tre-quattro anni che quando la squadra va male esonerano direttore sportivo e allenatore, che è una cosa che prima non esisteva. Il direttore è una figura societaria che sovraintendeva l'area sportiva, si prendeva le proprie responsabilità e quando c'era da fare dei cambi, di giocatori ed anche dell'area tecnica, lo faceva ed a fine anno veniva discussa la propria posizione con il presidente. Oggi, invece, il direttore sportivo spesso va in panchina, cosa che prima non era, ed è come se fosse allenatore anche lui. Così quando le cose vanno male a casa uno e l'altro. E di questo la colpa è anche nostra. Quando, invece, è più vicino alla proprietà, il direttore è più staccato dall'area tecnica e lì dipende un po' dal tipo di rapporto che instaura con il presidente. Il lavoro di mercato è fatto da un gruppo di lavoro e bisogna riuscire ad inserirsi in quel gruppo».
Nelle scorse settimane ha dichiarato che le sono piaciute molto, per la qualità di gioco espresso avendole viste dal vivo, Casarano, Forlì ed Arezzo. Ci sono altre squadre di serie C e D che ha avuto modo di apprezzare ultimamente?
«Nel girone A della C, una squadra che ha sempre catturato la mia attenzione è l'Alcione di mister Cusatis, perché ho visto dalla D hanno mantenuto sempre gli stessi principi però hanno avuto l'intelligenza di adattarsi, senza snaturarsi, rispetto alle richieste del campionato. Si vede che è una squadra che ha un’identità che parte dall'alto, non ha caso l'allenatore è lì da qualche anno. Nel girone B mi è piaciuto molto, oltre all'Arezzo, l'Ascoli, poi mister Tomei l'avevo già affrontato l'anno scorso col Picerno e le sue squadre sono piacevoli da vedere in tutte e due le fasi di gioco. Ho apprezzato il Pineto, perché Tisci è molto bravo, e mi è piaciuto tanto il Carpi, Castani per me è un allenatore di prospettiva. Nel Girone C voglio fare il nome di Marco Turati. È un allenatore che ha dimostrato di avere coraggio, idee, identità e una visione moderna del calcio. È partito con mille difficoltà e con una rosa che ha acquisito qualche valore ultimamente, nella fase finale di mercato, con l'inserimento di qualche svincolato ma ricordo che le prime gare ufficiali avevano dodici-tredici giocatori. L'ho visto nelle ultime partite ed ha una proposta di calcio che mi piace molto e sono sicuro che gli darà dei vantaggi nella carriera. Turati è molto bravo. Mi è piaciuto tanto Sorrento perché è una squadra pratica però coraggiosa. Mi aspetto qualcosina di più dal Crotone perché per me era la squadra che già l'anno scorso esprimeva il calcio migliore. Deve trovare magari ancora un equilibrio tra quello che propone e quello che richiede il campionato se vuoi competere per i primissimi posti. In D sto seguendo il Fasano che per me è una squadra forte. Chiaro che i club che lottano per il vertice a volte anche sul piano del gioco diventano pratiche perché il risultato lo chiede e, quindi, non ti colpiscono particolarmente. A parte il Casarano che l'anno scorso ha fatto un girone di ritorno incredibile e lo sta dimostrando anche quest'anno in C dove può fare qualcosa di importante. Posso citare per la proposta di gioco quella di Maurizio Domizzi con la Correggese e quella di Ivan Pedrelli che allena il Lentigione. Due tecnici giovani che ti lasciano intravedere che possano fare nel loro ruolo i professionisti a buon livello».
In Serie D ci sono tante piazze importanti con un blasone di ben altra categoria che fanno fatica a uscire dalla massima serie dilettantistica. Secondo lei perché è così difficile?
«Psicologicamente la serie D è durissima perché tu inizi il campionato e sai che non puoi sbagliare, o arrivi primo oppure sei punto a capo. C'è un dispendio di energie veramente clamoroso. È l'unico campionato dove i play-off non hanno ad oggi un reale valore. Il format, quindi, sicuramente incide. Poi, ho visto presidenti di grandi piazze in D spaventati per quello che accade in C. Perché la tassazione è completamente diversa, si aspettano degli introiti che poi non ci sono. Per prendere qualche soldo devi fare valorizzazione però, poi, magari non hanno settore giovanile ed i giovani li devono prendere da fuori. Si trovano veramente poi in un mondo differenza. Anche questo spaventa qualche grande piazza a giusta ragione perché poi bisogna avere le spalle coperte. Ci sono poi le eccezioni come Arzignano e Giana Erminio che riescono a tenere i costi bassi perché sono bravi nella gestione e nello scegliere i giovani lavorando in un bacino d'utenza dove ci sono tante squadre professionistiche che gli forniscono calciatori. Certo ogni anno rischi di retrocedere, ma va detto che sono piazze che hanno più anni di serie D che non di C alle spalle».
Autore: Redazione NotiziarioCalcio.com / Twitter: @NotiziarioC
Altre notizie - Esclusiva NC
Altre notizie
- 16:15 Scafatese, si spezza l'incantesimo al Vitiello: 2-2 con il Sassari Latte Dolce
- 16:02 Terremoto Livorno: sconfitta fatale e rivoluzione in panchina! Gautieri in pole?
- 15:30 Fiorenzuola batte Real Formigine e aggancia il treno delle prime
- 15:15 Trento, Tabbiani: «Questa prestazione deve servirci da esempio»
- 15:00 Serie B LIVE! Aggiornamenti in tempo reale delle gare del 11° turno (15:00)
- 15:00 Serie A LIVE! Aggiornamenti in tempo reale del 10° turno (15:00)
- 14:45 Portogruaro, doppio colpo di mercato: arrivano Pozzer e Salvi
- 14:30 Serie C LIVE! Aggiornamenti in tempo reale del 12° turno (14:30)
- 14:30 Serie C, risultati e marcatori delle gare del 12° turno (12:30)
- 14:15 ufficialeMonastir, Gabriele Mereu torna a casa dopo sette anni
- 14:00 Feola a NC: «Potere ai procuratori. Così non crescremo mai... Oggi sono un allenatore diverso»
- 13:45 ufficialeNovoli, sorpresa a centrocampo con la firma di Tarantino
- 13:30 Grammatica: «Il direttore sportivo è morto. Obbligo under e valorizzazione? Un danno enorme...»
- 13:15 Città di Cossato, colpo tra i pali: arriva Gabriele Salina dall'Accademia Borgomanero
- 13:00 San Siro, Sala: «Il rogito per la vendita dello stadio potrebbe arrivare mercoledì»
- 12:45 Tivoli, colpo in attacco: arriva l'ex Giuilianova Michele Cesario
- 12:30 Serie A LIVE! Aggiornamenti in tempo reale di Verona - Inter
- 12:15 Serie C LIVE! Aggiornamenti in tempo reale del 12° turno (12:30)
- 11:45 Enna, ecco Caggianello: l'ex Flaminia per rinforzare il reparto arretrato
- 11:30 Flori avverte: «Il Lentigione ha sempre dato filo da torcere alla Pistoiese»
- 11:15 Violenza nei Dilettanti: Presidente aggredito sugli spalti, è in ospedale
- 11:00 Fermana, doppia operazione di mercato: dentro Ruano, saluta Fiorentino
- 10:45 Marchesa, Carrella si dimette: «Dovuto fermarmi per ragioni personali»
- 10:30 Il diesse Meli a NC: «Livello del girone I di Serie D scadente per gli allenatori...»
- 10:15 Dolomiti Bellunesi nella tana dell’Ospitaletto: è una sfida tra neopromosse
- 10:00 Serie C, arriva il tetto salariale: scopri quanto potranno spendere i club
- 09:45 Terranuova Traiana all'esame San Donato Tavarnelle
- 09:30 Eccellenza, la bomba: scopri cosa prepara la LND per il 2027
- 09:15 Reggina, Torrisi: «Dobbiamo pareggiare la cattiveria agonistica degli avversari»
- 09:00 Addio vincolo unico: ecco come la FIGC ha liberato i giovani talenti
- 08:45 Salernitana in emergenza a Latina, Raffaele: «Testato soluzioni, ottima settimana di lavoro
- 08:30 Tesseramento biennale dai 16 ai 20 anni: scopri se conviene davvero
- 08:15 Bellazzini carica il Siena: «Col Prato un esame, dobbiamo farci trovare pronti»
- 08:00 Seconde squadre in Serie D: genialata o morte del dilettantismo?
- 07:45 Sampdoria-Mantova, Gregucci: «Basta piangere, dobbiamo reagire come gruppo»
- 07:30 Non paghi gli stipendi? In Serie D ti penalizzano subito: ecco come
- 07:15 Treviso, Gorini: «Sentiamo che la gente ci crede e ci aspettiamo davvero tanti tifosi allo stadio»
- 07:00 Serie D = parcheggio per reduci? L'accusa dello scout è pesante
- 06:45 Serie D: risultati e marcatori dei sei anticipi giocati ieri
- 06:30 Serie D: il programma completo delle gare di oggi
- 23:45 Triestina, mister Tesser: «L'Union Brescia è la squadra top del girone assieme al Vicenza»
- 23:30 Svincolati - 27enne esterno offensivo ex Catania e Carrarese
- 23:15 Gubbio, mister Di Carlo: «L’obiettivo è puntare ai tre punti, vogliamo riscattarci dall’ultima partita in casa»
- 23:00 Sant'Angelo, mister Gatti: «A calcio si gioca con il pallone, i gol arrivano grazie alla qualità»
- 22:45 Serie A, i risultati ed i marcatori delle gare del 10° turno giocate oggi
- 22:30 Svincolati - Terzino classe 2005 in campo 28 volte nell'ultima D
- 22:15 Perugia, mister Tedesco: «Dobbiamo avere più coraggio, siamo il Perugia»
- 22:00 Ternana, mister Liverani teme il Gubbio: «Sarà una partita di grande attenzione»
- 21:45 Union Clodiense, mister Tedino: «Dovremo fare una grande partita»
- 21:30 Svincolati - Guarda chi c'è... Attaccante ex Milan e Nazionale italiana