Il futuro del Messina calcio è appeso a un filo e sarà martedì 10 giugno, durante l'udienza fallimentare, a delineare le sorti della società siciliana. Una data cruciale per un club che da mesi vive nell'incertezza più totale, abbandonato di fatto da una proprietà che ha smesso di dare segni di vita, lasciando la squadra in balia degli eventi.
La proprietà del Messina rimane formalmente nelle mani della Aad Invest Group, controllata da Doudou Cissè e Stefano Alaimo con l'80% delle quote, mentre l'ex patron Pietro Sciotto mantiene una partecipazione minoritaria del 20%. Tuttavia, dall'arrivo del gruppo lussemburghese lo scorso gennaio, la gestione si è rivelata un susseguirsi di inadempimenti e ritardi che hanno portato la società sull'orlo del baratro finanziario.
Un'escalation di debiti e inadempienze
Il quadro economico che emerge è allarmante: in soli cinque mesi di gestione, la nuova proprietà ha accumulato debiti per circa due milioni di euro, trascinando il club in una spirale di difficoltà che appare ormai irreversibile. Il primo segnale di crisi è arrivato con il mancato pagamento dei contributi relativi al trimestre novembre-dicembre 2024 e gennaio 2025, un inadempimento che ha fatto scattare i primi campanelli d'allarme.
La situazione è progressivamente peggiorata fino al 16 aprile, quando la società non è riuscita a rispettare un'altra scadenza cruciale. Questo ennesimo inadempimento comporterà inevitabilmente una penalizzazione da scontare nel prossimo campionato, aggravando ulteriormente la posizione del club.
Il labirinto burocratico tra giustizia e sport
La complessità della vicenda si amplifica considerando i diversi livelli di giurisdizione coinvolti. Da un lato c'è la Procura che ha avanzato una richiesta di liquidazione giudiziale, dall'altro la Lega Nazionale Dilettanti (Lnd) con le sue tempistiche federali. Due binari paralleli che difficilmente convergeranno nei tempi, creando un intreccio burocratico che complica ulteriormente la già precaria situazione del Messina.
Nonostante la retrocessione in quarta serie, resta aperta la questione su quale categoria il club potrà effettivamente disputare nella prossima stagione. La deadline fissata per metà luglio, probabilmente il 10, rappresenta un altro appuntamento cruciale: entro quella data sarà necessario presentare tutta la documentazione richiesta per garantirsi un posto almeno in Serie D.
La sfida della ricostruzione
Per il Messina si profila uno scenario che riporta la memoria agli eventi di otto anni fa, quando la società fu costretta a ripartire dalle serie minori. La prospettiva di dover ricostruire tutto da capo appare sempre più concreta, in un contesto dove le risorse economiche scarseggiano e la fiducia dell'ambiente è ai minimi storici.
L'unico elemento di valore che rimane in mano alla società è il titolo sportivo, considerato l'ultimo patrimonio tangibile del club. La sua tutela rappresenta ora l'obiettivo prioritario per chiunque abbia a cuore le sorti del calcio messinese.
Il silenzio assordante della proprietà, che da mesi non fornisce comunicazioni ufficiali sulla situazione, alimenta le preoccupazioni di tifosi e addetti ai lavori. In questo vuoto di informazioni, l'udienza del 10 giugno assume un'importanza ancora maggiore come momento di verità per una società che ha perso la propria identità gestionale.
La vicenda del Messina rappresenta l'ennesimo caso di una realtà calcistica periferica vittima di gestioni improvvisate e promesse non mantenute, in un panorama sportivo italiano dove le difficoltà economiche dei club minori si moltiplicano senza trovare soluzioni strutturali adeguate.
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