Un "vuoto normativo" sta creando serie difficoltà ai direttori sportivi che lavorano in club dilettantistici, in serie D in particolare. Uno dei casi nei quali ci siamo imbattuti è quello relativo alla situazione del diesse Livio Scuotto, esonerato dal Manfredonia lo scorso ottobre. La vicenda di Scuotto, padre di famiglia e professionista che vive di calcio, evidenzia un problema sistemico che coinvolge numerosi addetti ai lavori nel mondo dilettantistico, costretti a fare i conti con l'assenza in questo momento di tutele adeguate.
A ricostruire la complessa situazione è l'avvocato, esperto di diritto sportivo, Jury Calabrese, legale rappresentante di Livio Scuotto, che ben conosce queste dinamiche perché non solo perché assiste circa 250 tra allenatori, diesse e calciatori, ma anche perché il suo è un sapere diretto. Da circa venti anni, infatti, ricopre egli stesso il ruolo di allenatore tra Eccellenza e serie D.
«Tutto parte dalla passata stagione sportiva quando il direttore Livio Scuotto, il mio assistito, riesce ad allestire con un budget limitato una grande squadra che porta alla salvezza. Il lavoro svolto, porta il Manfredonia ad offrirgli un rinnovo biennale ed il direttore ad accettarlo nonostante le offerte pervenutegli da altre piazze blasonate. A fine ottobre 2024 viene esonerato. Esonero peraltro di cui non abbiamo mai capito il motivo però gli esoneri sono spesso così. Da quel momento in poi il mio assistito non ha più percepito alcun tipo di compenso nonostante il contratto in essere che naturalmente non viene meno in caso di esonero».
A seguito di questa situazione, il direttore Scuotto si è rivolto allo studio dell'avvocato Calabrese. Immediata la prima mossa: «Abbiamo disposto la messa in mora della società. Il Manfredonia però non ci ha mai risposto e qui sorge il problema...».
Un problema che lo stesso avvocato spiega in maniera esaustiva: «Purtroppo non c'è un organo della FIGC, così come è previsto per i calciatori e gli allenatori, tipo i collegi arbitrali per esempio, al quale ci possiamo rivolgere per far riconoscere al mio assistito le proprie spettanze. Quella che era la commissione accordi economici è stata destituita a seguito della riforma del lavoratore sportivo ma, nonostante il mio assistito abbia un contratto nella forma di lavoratore autonomo, come per i calciatori e per gli allenatori, ad oggi non c'è l'organismo. La FIGC, ed in particolare la Lega Nazionale Dilettanti, non ha ancora istituito un collegio arbitrale per i direttori sportivi anche se le NOIF lo prevedano espressamente. Però ad oggi ancora non si sono organizzati».
Calabrese si è dato delle ragioni di questo ritardo organizzativo: «Ipotizzo sia legato al fatto che costituire un collegio arbitrale significa trovare una sede per questo collegio, trovare più di un presidente, degli arbitri, poi ci sono i segretari e tutta la parte amministrativa. Non è semplice e c'è anche una questione legata ai numeri, i direttori sportivi sono in numero piuttosto esiguo in relazione ad allenatori e calciatori, anche perché nei dilettanti spesso chi ricopre questo ruolo lo fa in maniera "abusiva", non essendo iscritto all'albo dei direttori sportivi».
Questa situazione lascia l'avvocato e il suo assistito in una condizione di impotenza: «Io non posso agire in ambito sportivo. E poiché esiste la clausola compromissoria, per poter andare in ambito ordinario, e quindi dinanzi al tribunale del lavoro, devo avere l'ok della FIGC. Si tratta di un procedimento alquanto lungo come tempistiche e complesso. Invece, il collegio arbitrale essendo endofederale, cioè all'interno della FIGC, risolve la controversia in due-tre mesi. Se andiamo dinanzi al tribunale ordinario possono passare anche due anni».
La vicenda, come sottolinea Calabrese, ha anche un forte impatto umano: «Francamente sono dispiaciuto per quanto sta vivendo il direttore Scuotto perché al di là della controversia è una vicenda anche umana, parliamo di un padre di famiglia che vive di calcio e che ora sta a casa da otto mesi ed ha difficoltà economiche non ricevendo compensi. Inoltre, essendo sotto contratto col Manfredonia non può nemmeno legarsi ad un altro club. Per farlo dovrebbe risolvere il contratto. Per il momento invece non può andare sui campi, non può svolgere il proprio lavoro e neppure rilasciare dichiarazioni essendo sotto contratto. In questo caso anche la parte psicologica di una persona viene messa a dura prova. Non si tratta di una questione meramente economica».
Nonostante i problemi di Scuotto, il Manfredonia risulta ad oggi regolarmente iscritto in Serie D, salvo pronuncia diversa della Co.Vi.So.D. L'avvocato Calabrese spiega il perché: «Se serviva la liberatoria del direttore Scuotto al Manfredonia per l'iscrizione in serie D? No, purtroppo. La norma fa riferimento genericamente a tesserati, però, poi, nella prassi, servono solo le liberatorie di calciatori e dell'allenatore della prima squadra, quindi neppure quelle degli altri componenti dello staff tecnico. Figuriamoci quella del direttore sportivo».
La situazione appare quanto mai spinosa, nonostante tutto l'avvocato Calabrese non si arrende e racconta delle prossime mosse legali: «Ho fatto due istanze formali alla Lega Nazionale Dilettanti per la costituzione del collegio arbitrale. Una quando ho ricevuto l'incarico da parte del mio assistito nel mese di febbraio scorso, ed una più recente rinnovandola formalmente. Avevamo avuto rassicurazioni sulla costituzione se non a luglio a settembre... prima dell'inizio della nuova stagione. Come detto è già previsto dalle norme, deve essere solo istituito. Se i tempi saranno ancora lunghi, tramite l'autorizzazione della FIGC, adiremo la giustizia ordinaria e chiederemo un decreto ingiuntivo».
Chi pensa che il caso del direttore Livio Scuotto si sbaglia, come conferma lo stesso avvocato: «Purtroppo non è una situazione isolata. Nei dilettanti esiste questo problema e recuperare i soldi in questi casi diventa molto ma molto difficile».
Risulta evidente che nello status tra professionisti e dilettanti ci sia una netta differenza, che Calabrese allarga anche all'interno del mondo dilettantistico stesso: «C'è uno squilibrio anche tra quello che è lo status di direttore sportivo o di allenatore e calciatore nel mondo dei dilettanti. Perché mentre l'AIC (Associazione Italiana Calciatori, ndr) e l'AIAC (Associazione Italiana Allenatori Calcio, ndr) hanno un accordo collettivo con la Lega Nazionale Dilettanti e, quindi, hanno anche costituito dei Collegi Arbitrali. L'ADISE (Associazione Italiana Direttori Sportivi, ndr) ancora non riesce a trovare un'intesa con la Lega Nazionale Dilettanti per sottoscrivere, magari, anche loro un accordo collettivo che tuteli i direttori con l'istituzione di un collegio arbitrale».
La vicenda di Livio Scuotto, così come raccontata dall'avvocato Jury Calabrese, non è solo la storia di un singolo individuo in difficoltà, ma un campanello d'allarme che evidenzia le profonde lacune normative e strutturali che affliggono il calcio dilettantistico italiano. L'assenza di un collegio arbitrale dedicato ai direttori sportivi crea un vuoto di tutela inaccettabile, costringendo questi professionisti in un limbo burocratico ed economico.
È evidente che il sistema attuale non garantisce sufficienti garanzie a una categoria professionale che, pur essendo fondamentale per la costruzione e la gestione delle squadre, viene di fatto ignorata nelle tutele basilari. L'auspicio è che le istanze presentate dall'avvocato Calabrese e la crescente consapevolezza di queste problematiche possano spingere la FIGC e la Lega Nazionale Dilettanti a intervenire con urgenza, istituendo finalmente un collegio arbitrale per i direttori sportivi e ampliando il concetto di liberatorie anche alle categorie minori. Solo così si potrà garantire maggiore equità e dignità a tutti coloro che, con passione e professionalità, contribuiscono alla vita del calcio dilettantistico.
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