Nel panorama del calcio dilettantistico italiano, la figura del presidente di una squadra incarna spesso passione, impegno e, talvolta, frustrazione. Le recenti dichiarazioni del presidente dell'Imolese, Sandro Di Benedetto, offrono uno spaccato profondo di queste dinamiche, rivelando la dedizione della proprietà e le sfide affrontate in un ambiente mediatico non sempre favorevole.
La notizia dell'avvenuta iscrizione dell'Imolese al campionato di Serie D dovrebbe rappresentare una formalità, un evento scontato nel calendario sportivo. Tuttavia, come sottolinea il presidente Di Benedetto, in un "clima mediatico che ci circonda", diventa essenziale ribadire la "presenza, solidità e determinazione" della società. Questo annuncio, lungi dall'essere una semplice comunicazione, si configura come una riaffermazione dell'impegno del club nei confronti della città e dei suoi sostenitori.
Di Benedetto ha enfatizzato che l'impegno profuso dalla proprietà è stato un "gesto d'amore", un atto non dovuto né tantomeno scontato. Questa precisazione emerge in un contesto in cui, a suo dire, si assiste "da troppo tempo a critiche strumentali, attacchi gratuiti, narrazioni fantastiche tese a screditare il nostro lavoro". Il presidente lamenta l'assenza di un "sostegno" concreto e l'incapacità dei mezzi di comunicazione di "valorizzare l'enorme lavoro svolto" nonostante le difficoltà.
Nonostante le avversità esterne, l'Imolese ha continuato a conseguire risultati significativi. La prima squadra ha dimostrato un rendimento elevato, ottenendo "ottimi risultati". Parallelamente, il settore giovanile della società è in costante crescita, svolgendo un ruolo cruciale nell'educazione dei giovani atleti e dimostrando una resilienza ammirevole: "non ha mai mollato".
Di Benedetto auspica che queste realtà vengano finalmente riconosciute e messe in risalto, anziché cercare "lo scoop negativo gettando insicurezza nelle famiglie e nei nostri ragazzi". La critica indiscriminata, infatti, rischia di minare le fondamenta stesse del progetto sportivo e sociale che l'Imolese rappresenta.
Il presidente lancia un appello chiaro e diretto: "Quando attaccate l'Imolese, dimenticate che parlate di bambini, famiglie, educatori, e di chi ogni giorno vive questo progetto con amore". Questa affermazione sposta il focus dalle mere dinamiche calcistiche al valore umano intrinseco del club. Il calcio, in questa visione, è un veicolo per la crescita personale e collettiva, un ambiente dove "non c'è spazio per le tante cattiverie gratuite spesso frutto di interessi personali propri o di altri".
Nonostante le difficoltà incontrate sul territorio, l'Imolese gode di una notevole reputazione al di fuori dei confini locali. Di Benedetto rivela: "Fuori da Imola siamo apprezzati e stati richiesti ovunque". Ciononostante, la sua scelta è sempre ricaduta sulla città romagnola: "ogni volta ho scelto Imola. Perché credo in questa maglia e nella nostra gente". Questa fedeltà, tuttavia, è condizionata da un principio fondamentale: "il rispetto non si chiede: si dà". Il presidente avverte che, qualora Imola non dovesse "difendere ciò che ha costruito", potrebbe essere costretto a "fare un passo indietro".
Le parole conclusive di Sandro Di Benedetto riaffermano la sua presenza e quella della società: "Io ci sono. Noi ci siamo". Tuttavia, egli sottolinea con forza un elemento cruciale per la sostenibilità del progetto: "Ma senza un popolo unito, tutto questo non ha senso". L'appello finale "Forza Imolese, oggi più che mai" non è solo un incitamento alla squadra, ma un invito a tutta la comunità a stringersi attorno al club, riconoscendo il valore e il sacrificio di chi si adopera quotidianamente per la sua esistenza. La solidarietà e l'unità di intenti sono, per il presidente, la vera forza motrice per il futuro dell'Imolese.
Autore: Redazione Notiziario del Calcio / Twitter: @NotiziarioC
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