È il 1° giugno 2021, si sta avvicinando la mezzanotte. E del comunicato stampa che ufficializza i 26 convocati per il Campionato Europeo non c’è ancora traccia. Roberto Mancini si è voluto prendere tutto il tempo utile per sciogliere gli ultimi dubbi, guarda un po’ se il Mancio non è in vena di sorprese. L’estro che ha accompagnato la sua carriera da calciatore è rimasto un compagno fedele, l’intuizione giusta va cavalcata fino in fondo. Giacomo Raspadori ha 21 anni, insegue un’utopia che solo pochi giorni prima è stata promossa a sogno. Il Ct lo ha inserito nella lista dei 33 convocati per il raduno di preparazione a EURO 2020, un premio inaspettato per un giovane che non ha ancora fatto il suo esordio con la Nazionale maggiore: “Ero a cena con la mia famiglia – ricorda nell’intervista esclusiva rilasciata a Vivo Azzurro TV dal raduno della Nazionale – e la convocazione è stata un’emozione forte. Lì per lì non ho realizzato bene, anche perché era veramente da poco che giocavo in Serie A”.
Al Sassuolo Roberto De Zerbi lo ha fatto esordire nell’estate del 2019, al 92° minuto dell’ultima giornata di campionato. Nella stagione seguente Giacomo trova più spazio in prima squadra, alla fine collezionerà 11 presenze realizzando le prime due reti da professionista. Un anno dopo le presenze diventeranno 27, i gol 6. Ma torniamo all’estate 2021. Dopo aver svolto la prima parte del raduno con la Nazionale maggiore, il 31 maggio Raspadori ha giocato 90 minuti con l’Under 21, impegnata con il Portogallo di Leao nei quarti di finale dell’Europeo di categoria. Sotto 3-1, l’Italia rimonterà agguantando nel finale il 3-3 per poi arrendersi ai supplementari alle reti di Jota e Conceição. Ventiquattro ore dopo la delusione lascerà spazio prima all’incredulità, poi alla gioia: “Quando ho scoperto che sarei rimasto nella lista dei 26 – racconta Raspadori – non mi sono reso conto di quello che stavo per andare a vivere. Sappiamo tutti poi come è andata a finire. Abbiamo vinto un Europeo in maniera fantastica, sono stato fortunato a partecipare a una competizione del genere. È un momento che non dimenticherò mai”.
Fratelli nel pallone. Facciamo un bel salto indietro, a come tutto è iniziato. Enrico e Giacomo sono due fratelli molto legati tra loro, nati a distanza di tre anni a Bentivoglio, paese di 6mila abitanti della città metropolitana di Bologna. Giocano insieme nel Progresso Calcio 1919, storica società con un’importante tradizione a livello giovanile: “Sin da piccolo dovevano buttarmi fuori dal campo perché sono sempre stato spinto da questa forte passione che mi hanno trasmesso mio papà e mio fratello più grande. Già a un anno e mezzo la palla era il soggetto principale dei miei pomeriggi e delle mie mattine. Una passione così forte ti porta a tenere acceso quel fuoco anche nei momenti più complicati”. Passa il primo treno e Giacomo, come farà anche in futuro, lo prende al volo: “In occasione di un torneo con tutte le giovanili della nostra squadra vennero a vederci quelli del Sassuolo. Rimasero colpiti da entrambi e con mio fratello iniziammo un percorso durato diversi anni. Mia mamma e mio nonno si alternavano per portarci agli allenamenti, non era comodo da Bologna raggiungere Sassuolo”.
Hanno talento i fratelli Raspadori e il piccolo Giacomo ha un modello da seguire: “Per me Enrico era più forte, era il fratello grande. Cercavo di imitarlo e mi ha portato a spingermi oltre. Ho realizzato anche il suo sogno perché anche lui aveva questa forte passione. Mi riconosce sempre una differenza mentale rispetto a lui nell’essere determinato, ma tanta di questa mia volontà deriva dal fatto che ho avuto lui come esempio, come spinta ad essere il meglio possibile”. Il calcio da hobby diventa una professione, ma Giacomo non abbandona i libri: “La mia famiglia non mi ha mai obbligato a continuare gli studi, ho sempre pensato che potesse essere un qualcosa in più per il mio percorso. Spero che la mia carriera duri il più a lungo possibile, ma questo è un mestiere che non ha vita lunghissima. Quindi penso che avere la possibilità di formarsi, di costruirsi un dopo sia fondamentale”. Oggi studia Scienze Motorie: “Sono a metà del percorso. Sono diventato papà, ho un po’ rallentato negli ultimi mesi per essere d’aiuto alla mia ragazza e alla bimba. Ma voglio riprendere con i ritmi di prima”.
Il legame con il commissario tecnico. Sono 7 le reti realizzate in Nazionale, due quelle a cui è più legato: “Il gol con l’Inghilterra a San Siro è stato forse il più emozionante, ricordo che c’erano i miei genitori in tribuna e di essere riuscito nel momento dell’esultanza a individuarli e a dedicarglielo. Poi alla pari c’è il primo gol contro la Lituania, a Reggio Emilia. Doppiamente bello perché in quel momento ero ancora al Sassuolo e segnai nello stadio della mia squadra”. Se Mancini è stato tra i primi a credere in lui, il legame con Spalletti nasce da lontano, ben prima dell’arrivo del tecnico di Certaldo sulla panchina della Nazionale: “Con il mister abbiamo un bellissimo rapporto, ho avuto la fortuna di averlo a Napoli e anche prima, quando ancora ero al Sassuolo, mi aveva dimostrato la volontà con il direttore Giuntoli di volermi a Napoli. Mi stima molto e lo dimostra il fatto che da quando c’è lui sono sempre stato convocato, anche nei momenti in cui non ho giocato tanto. Non è una cosa scontata perché di calciatori forti ce ne sono tanti. Devo ringraziarlo per questo”.
Obiettivi azzurri. Tra Napoli e Nazionale il futuro è sempre a tinte azzurre: “A 24 anni non mi considero più un giovane, anche se per tanti può essere così. Sono molto ambizioso, ho diversi obiettivi. In questo momento della carriera vorrei completare la mia maturazione cercando di trovare spazio e continuità, di avere un minutaggio che mi porti a potermi esprimere al meglio. Sono convinto delle mie qualità e di avere ancora tanto da tirare fuori”.
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