Un'onda emotiva travolgente ha accolto Giovanni Tedesco a Pian di Massiano. Dopo aver diretto il suo primo allenamento, l'ex capitano ha formalmente preso le redini della squadra, presentandosi alla stampa e alla città in una conferenza stampa carica di ricordi, passione e rinnovate ambizioni. Tedesco ha chiarito che il suo ritorno al Perugia, dove ha lasciato ricordi indelebili da calciatore, è l'occasione di una vita per la quale si sente finalmente pronto.
L'avventura sulla panchina del Grifo è iniziata in modo inatteso e fulmineo. «Come prima cosa vorrei ringraziare il presidente Faroni e il direttore Borras che in questo momento difficile hanno pensato a me, ne sono orgoglioso e li vorrei ripagare con i risultati, l’impegno e la passione», ha esordito Tedesco. La chiamata è arrivata nel cuore della notte, e l'emozione è stata fortissima: «Ho ricevuto la telefonata alle 2 di notte e alle 7 avevo l’aereo. Quando mi hanno detto che la scelta ero io, per 30 secondi mi sono paralizzato».
Tedesco ha confessato che allenare il Perugia, insieme al Palermo, è sempre stato un obiettivo primario nella sua carriera: «Come ho sempre detto nella mia vita ho due obiettivi da allenatore: allenare il Perugia e il Palermo, la squadra mia città e quella che mi ha dato di più». Ha ribadito il suo legame profondo con l'ambiente: «Mi sento perugino». Entrando in sede e nello stadio, il tecnico è stato sopraffatto dai ricordi, menzionando figure storiche del club che non ci sono più, come Ilvano Ercoli, Mimmo Pucciarini e Carlo Giulietti. Ha riflettuto su come quel «altro calcio, in cui i sentimenti e i rapporti umani erano la priorità», non esista più, ma ha promesso di reintrodurre la passione.
L'ex capitano ha poi invitato tutti a concentrarsi sul presente: «Giovanni capitano insieme a voi e alla grande società che era ha fatto grandi risultati ma ora devo essere valutato come allenatore. Lo so, lo capisco e sono pronto». Forte delle sue esperienze internazionali, durate 12 anni tra Malta, Qatar ed Emirati, si sente maturo per questa sfida: «Sono ambizioso e consapevole delle mie qualità. Un allenatore non può avere subito le chiavi di un club prestigioso, ora sì, mi sento pronto per questa sfida».
Riguardo alla situazione trovata nello spogliatoio, Tedesco ha espresso una netta positività. «Devo essere sincero, ho trovato grandissima disponibilità dei giocatori. Tante volte da fuori le cose vengono percepite male», smentendo voci negative e lodando l'organizzazione del club: «Ho trovato grande organizzazione, un club che ci mette a disposizione qualunque cosa chiediamo». Ha anche rivolto un pensiero all'ex tecnico Braglia e a Cangelosi, ringraziandoli perché ha ereditato «una squadra fisicamente in buone condizioni».
Il problema principale, secondo Tedesco, è di natura psicologica. Pur conoscendo bene la squadra, avendone seguito le partite anche quando era a Malta, la priorità è restituire fiducia e autostima ai giocatori: «dovrò curare prima di tutto l’aspetto mentale, i risultati portano a perdere autostima, fiducia, entusiasmo».
Sul piano tattico, il suo credo è orientato al pragmatismo. «Io sono allenatore concreto, mi piace una squadra che abbia la mia identità, che sia la mia immagine, che lotta ed esce con la maglia sudata. Impegno e mentalità non devono mai mancare». Il modulo, per lui, sono solo «numeri», ciò che conta è l'atteggiamento: «dobbiamo cambiare l’atteggiamento». L'idea è quella di correggere le «difficoltà enormi nel fare gol e le mancanze in fase difensiva».
Il tecnico è consapevole che la svolta non può venire da un singolo. «Da solo no», ha risposto, affermando di aver bisogno del supporto di tutte le componenti. «’Io’ non mi piace, mi piace ‘noi’». L'unione con il club, i giocatori, i tifosi e i giornalisti è l'unica chiave per uscire dalla crisi.
Tedesco ha chiarito di essere il decisore finale per quanto riguarda campo e spogliatoio, pur ascoltando tutti, ma ha elogiato il club per avergli affiancato persone competenti come Riccardo e l’opportunità di lavorare con figure storiche quali Novellino e Gaucci: «Averli è un valore aggiunto ma ho la mia idea, devo recuperare prima di tutto i giocatori, poi decido quale è la cosa migliore». I suoi modelli, ha detto, sono Conte e Mourinho, perché come loro «non sono un pirla» e non riuscirebbe a guardare i giocatori negli occhi senza onestà.
Il messaggio più forte è sull'urgenza di una reazione: «Siamo bellini con la palla, ma nel calcio si gioca anche senza palla». Quello che manca è «cattiveria sportiva», ma ha trovato disponibilità a cambiare. L'obiettivo non è irreale: «non dobbiamo vincere il campionato, dobbiamo tornare ad essere il Perugia. Tirarci fuori da questa situazione, da questa classifica che non ci compete e non è da Perugia».
La Serie C è un campionato difficile, di «più quantità che qualità», dove serve organizzazione. Ma bisogna azzerare gli errori, ha concluso. Il presente è la sfida di lunedì, che va vista come «la finale di Champions», per usare una metafora. Sulla questione del capitano, non ci sono dubbi: «Il capitano è Angella. Dal mio punto di vista, ho avuto già un confronto con il club. Se gioca è lui». Per quanto riguarda il suo contratto, non è una priorità: «Ho un contratto fino a giugno, pane, amore e passione. Sono felice ma c’è da pensare al presente, non al futuro, non avrebbe logica».
Autore: Redazione Notiziario del Calcio / Twitter: @NotiziarioC
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