Primo piano, piano americano, figura intera: chiedergli lumi su questo è come invitarlo a nozze. Seguendo le orme di famiglia, ha lavorato a Cinecittà per anni e di regia se ne intende alla perfezione. Ha fatto l'inquadratura a Isabella Ferrari ma anche a Nino D'Angelo. Di tutto un po', insomma. L'amicizia con Luca Zingaretti però non viene da lì. Viene dalle partitelle a pallone per le strade di Roma, zona San Paolo. Classe '61 tutti e due, tiravano calci insieme a Sandro Felletti e Claudio Tersigni, che oggi sono dirigenti dell'Arezzo. Legami saldati dal tempo per Walter Martucci, l'uomo che ha progettato, costruito e gestito la squadra fino a pochi giorni fa, fino a quando ha rassegnato le dimissioni.
Al primo posto nella lista delle sue passioni, comunque, c'è sempre stato il calcio. Ha fatto il giocatore, solo che correva poco e ha smesso a nemmeno trent'anni. Ha fatto l'allenatore e al Fiumicino ha conosciuto Gino Severini, col quale è nato un rapporto strettissimo, al punto che il presidente dice a tutti che Martucci è inserito nel suo stato di famiglia. Ha fatto il talent scout per la Global Soccer e ha girato il mondo come scopritore di calciatori: Africa, nord Europa ma soprattutto Sudamerica. I bene informati dicono che aveva in mano un giovanissimo Cicinho, da prendere a due soldi e da rivendere subito alla Roma. Ma Severini, a capo dell'agenzia, disse no e l'affare andò in fumo. Martucci glielo rinfaccia ancora oggi. In Brasile lo chiamano “professore” perché, così pare, quando andava là e parlava di calcio, sembrava tenesse una lezione. E tutti lo stavano ad ascoltare. Ha sempre lavorato in proprio, non ha mai fatto il procuratore bensì il mediatore d'affari, “perché i giocatori sono dei rompicoglioni”. Una convinzione che ripete spesso e che oggi, dopo quel che è successo ad Arezzo, di sicuro avrà rafforzato.
Testardo, scrupoloso, accentratore, perfezionista: così lo definiscono quelli che lo conoscono da una vita. Walter Sabatini, ex diesse amaranto e attuale uomo mercato della Roma, è il suo modello di riferimento. Si sono conosciuti quando Sabatini lavorava alla Lazio, sono diventati amici, si stimano. Sono simili per molti aspetti: sanguigni, schietti, a volte bruschi nei modi e fumatori incalliti.
Martucci non ama la ribalta. Lavora dietro le quinte anche adesso, come quando era a Cinecittà. Bacis ha detto che “va saputo prendere”. Pecorari l'ha definito “permaloso” e non è una bugia. Come tutti i passionali, scindere la professione dai rapporti umani gli riesce difficile. Di tutta la storia sugli stipendi, tre cose non gli sono andate giù. Aveva consigliato alla squadra una linea da seguire e i giocatori non lo hanno ascoltato. Aveva messo la sua faccia a garanzia degli impegni della società e i dirigenti, per un motivo o per l'altro, quegli impegni non li hanno rispettati. E quando si è manifestato il problema, non è riuscito a ovattarlo senza che divampasse pubblicamente.
A Martucci, che in trasferta segue le partite attaccato alla rete a bordo campo, sono arrivati tanti attestati di stima, in forma pubblica e privata. Dai giocatori, dai tifosi, dal presidente. Oggi incontrerà i dirigenti, che gli chiederanno di restare. Ma non è detto che succeda. Anche in questo è simile a Sabatini, che in carriera si è dimesso un sacco di volte. E solo in qualche caso è tornato sui suoi passi.

Sezione: Serie D / Data: Mar 14 febbraio 2012 alle 15:30 / Fonte: Nuovo Corriere Aretino
Autore: Giovanni Pisano
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