Si è presentato in conferenza stampa stamane Gabriele Gravina, presidente della FIGC. Naturalmente, il numero uno della federazione azzurra ha fatto un bilancio di questo deludente cammino italiano ad Euro 2024 (Leggi qui la notizia completa). Da Iserlohn, prima di rientrare in Italia, il presidente della FIGC ha aperto la conferenza stampa con una sua dichiarazione prima di concedersi alle domande della stampa. Naturalmente i pochi ottimisti che attendevano una presa di posizione come le dimissioni di Gravina sono rimasti delusi.
«Questa conferenza stampa finale è l'occasione per fare il punto e ringraziare tutti coloro che hanno dato un significativo contributo di lavoro per questo evento, per questo importante appuntamento. Qui a 'Casa Azzurri' abbiamo messo in piedi una iniziativa importante, sono arrivate circa 40mila persone e questo è un segnale positivo. Il nostro Europeo s'è concluso ieri, ci sono tanti sentimenti e riflessioni che si accavallano, ma personalmente e un po' tutti siamo dispiaciuti per non aver potuto riconsegnare o dare quella gioia che meritavano e meritano. Siamo dispiaciuti per il risultato: sappiamo che nello sport il risultato è soggetto a tantissime variabili ed è possibile una sconfitta. Ciò che rimane, però, è la delusione per non aver potuto dimostrare a chi ci ha seguito tutto ciò che è stato fatto in fase di preparazione. Rimane la delusione di una prestazione, di una incapacità nell'esprimere ciò che avremmo dovuto fare e soprattutto non poter toccare con mano il carattere della nostra italianità, quella capacità di reagire per sopperire con carattere ad alcuni limiti. Questa è la delusione su cui dobbiamo riflettere tutti. E' una riflessione che ieri abbiamo fatto insieme: io, il mister, Buffon e tutta la squadra. I ragazzi hanno condiviso con noi questa delusione, ieri abbiamo diviso equamente tutte le responsabilità. Non abbiamo nulla da nascondere ma dobbiamo continuare a essere responsabili. Serve senso di responsabilità: ieri c'è stata una lunga chiacchierata col mister e credo sia impensabile risolvere i problemi abbandonando un progetto che è pluriennale, non si può abbandonare il progetto dopo 8-9 mesi. C'è da cambiare qualcosa, c'è da rivedere qualcosa in termini di approccio. Ci saranno delle riflessioni profonde, ieri abbiamo iniziato a confrontarci. Dobbiamo crescere tutti e abbiamo solo un modo per poterlo fare. I problemi io li affronto col lavoro, non scappo dinanzi a grandi responsabilità che mi riguardano. Bisogna tenere distinte le responsabilità politiche da quelle tecniche. Il senso di responsabilità implica in questo momento un senso di lucidità: bisogna essere lucidi e logici, non possiamo porre in essere degli atti che determinano danni ancora superiori. Questo è un progetto pluriennale e in questo progetto è centrale un allenatore subentrato da 8-9 mesi, con scarsa possibilità di utilizzare i calciatori e in un panorama che prevede poco più di 100 selezionabili per la Nazionale. Serve una riflessione di carattere interno, ma che non dipende dal Presidente Federale. Voi sapete l'indirizzo che emerge a livello internazionale: la capacità di ridurre quanto più possibile lo spazio per le Nazionali, questo è l'amore che si ha per la Nazionale... La scelta che noi abbiamo fatto si appella a un grande senso di responsabilità, Spalletti deve avere la nostra fiducia e ha la nostra fiducia. Tra 60 giorni inizia un nuovo appuntamento e non possiamo pensare che attuando altri atti in Italia da un giorno all'altro fioriscono giocatori come Mbappè, Cristiano Ronaldo e Messi. Dobbiamo valorizzare il talento in questo paese: il talento c'è, lo si vede coi risultati delle nostre nazionali giovanili. Eppure non siamo mai riusciti a far partire un discorso di valorizzazione di questi ragazzi e su questo noi non possiamo impattare all'interno di scelte di politica dei club. Il nostro impegno è mettere sul tavolo questa discussione».
È ferito per le critiche dopo l'eliminazione?
«Le critiche feriscono tutti, ma bisogna avere la capacità di prendere spunto dalle critiche per migliorare e crescere, fa parte del ruolo. Le critiche costruttive, quelle legittimate da elementi fondati bisogna prenderle in considerazione. Quelle strumentali, quelle che non hanno senso legate a una richiesta di dimissioni in un momento di chiusura del mio mandato non hanno senso... Tra l'altro vi preannuncio che non esiste nella governance Federale qualcuno che dall'esterno possa pretendere di guidare il nostro mondo e questo vale per tutti, anche per la Politica. La scadenza del mio mandato è prevista a marzo 2025, poi le elezioni avverranno nella prima data utile dopo la chiusura e non si possono fare prima. Da quella data in poi andremo a un confronto democratico: solo in quella sede di può scegliere la governance. Critiche sì, ma costruttive».
È possibile imporre l'utilizzo dei giovani?
«Ci sono delle leggi nazionali e internazionali che impediscono di imporre certe scelte. È un fatto culturale e il fato culturale passa attraverso alcuni numeri, abbiamo il 42-43% di giocatori selezionabili ma al di là di questo dato stiamo resistendo strenuamente alla richiesta di tesserare extracomunitari e questo implica attacchi politici molto forti. Lo richiede anche un campionato di formazione come la Serie B. Non c'è l'atteggiamento culturale giusto per capire che bisogna puntare sul settore giovanile e sul vivaio. Ci sono delle resistenze al nostro interno e non ho la possibilità di cambiare qualcosa se non attraverso un comportamento di persuasione, di convincimento. Poi voglio precisare una cosa: tra me e la Politica non c'è alcun contrasto, c'è un confronto dialettico che c'è anche in Francia, in Spagna o in Inghilterra».
Due volte non siamo andati al Mondiale e il progetto non può prescindere dalla qualificazione al prossimo. C'è questa consapevolezza?
"Sì, c'è questa consapevolezza. La progettualità con Spalletti punta al 2026 sapendo che noi possiamo fondare tutte le nostre aspettative su ciò, ma anche sapendo che poi dobbiamo sempre fare i conti con la realtà. Dal 2018 la scelta della Federazione è stata quella di finanziare tutta l'attività di base portando a casa risultati storici importanti, ma poi questi risultati devono portare a nuove risorse per la Nazionale. Possiamo fare tutti i discorsi che volete, ma questo è il gruppo di calciatori: magari ne verranno fuori degli altri, il mister dovrà lavorare, ma la verità è che ci siamo accorti un po' tutti che siamo tornati indietro nella giornata di ieri. Detto ciò non si possono dimenticare le buone prestazioni del periodo di qualificazione quando oltre ai risultati abbiamo giocato bene. L'obiettivo 2026 è reale, siamo tutti coscienti e consapevoli del fatto che sarebbe un disastro inimmaginabile non essere per la terza volta consecutiva a un Mondiale. Anche perché vorrebbe dire non aver trovato risposte».
Si ricandiderà nel 2025?
«È prematuro, oggi non ci sono le condizioni per parlarne e non mi sono soffermato su questo aspetto. E' un percorso molto impegnativo. Io rispondo ai delegati, al mondo del calcio, io non sono un amministratore unico, ci sono sette componenti nel mondo del calcio e credo sia giusto che ci sia un confronto aperto e la possibilità di verificare con loro se questo percorso va portato avanti o interrotto. Ma ora vanno tolte un po' di scorie dovute da questo momento».
Cosa cambierà nei fatti dopo questo risultato negativo?
«Ieri abbiamo già iniziato questo percorso, abbiamo iniziato un confronto con l'individuazione di alcuni errori. La risposta immediata è porre in essere tutta una serie di atto per porre rimedio ad alcuni errori. La prima cosa che farò è individuare 5-6 tecnici di grande esperienza che lavorano nei club di A per costruire un consuntivo nel club Italia per aprire un tavolo di confronto relativo alla valorizzazione dei giovani. Non possiamo più commettere gli errori commessi in un lungo periodo... Non possiamo più adagiarci su un confronto politico meno aspro, invece deve essere talmente aspro da generare degli effetti».
Primeggiamo in tutto il mondo dall'Under 15 all'Under 21, dove si ferma questo percorso?
«Nella mancanza di valorizzazione di quei ragazzi, sono ragazzi che hanno zero presenze nei club. Noi abbiamo provato a mettere in piedi un percorso di valorizzazione con le seconde squadre però guardiamo la realtà: abbiamo squadre Primavera col 100% di calciatori stranieri ed è stato aumentato di un anno il limite di età. C'è un'idea non convinta sul fatto di avere in casa del talento, non c'è pazienza coi giovani. Cerchiamo in tutti i modi di far capire quanto sia importante valorizzarli. Abbiamo vinto la finale dell'Europeo Under 17 battendo 3-0 in finale il Portogallo e questi ragazzi non giocano a volte nemmeno nel campionato Primavera. Perché la Federazione non deve avere la possibilità di incidere in queste cose? Perché poi le responsabilità sono le nostre: le critiche le accetto, ma devono confluire in un percorso chiaro. Perché se le responsabilità vanno in carica a me le prendo tutte, ma il mondo del calcio mi deve dire anche come ripartire certe scelte e responsabilità».
La Federazione non può spingere per uno ius soli sportivo vero e non può incidere di più su una politica delle seconde squadre? Sei molto deluso dalla squadra?
«Ieri sera ci siamo confrontati e la delusione è di tutti, i ragazzi erano mortificati e delusi come noi. La delusione più grande da parte loro è quella di non essere riusciti a ottimizzare i grandi sacrifici di questi 30 giorni di lavoro. Si sono impegnati, sono stati lontani dalle loro famiglie per 30 giorni e sono delusi per il livello delle prestazioni. Non sono deluso dai ragazzi, ma dalla prestazione. Questi ragazzi sono il bagaglio su cui dobbiamo continuare a investire, sfiderei chiunque nel trovare soluzioni alternative perché la vedo dura che possano venire fuori delle alternative in 60 giorni o in sei mesi. Ciò che è mancata è stata la capacità di manifestare attraverso il carattere ad alcune carenze oggettive, ma non voglio buttare via tutto il lavoro. Sulle seconde squadre, torno a ciò che ho detto prima: viviamo un momento di schizofrenia nel mondo del calcio, tutti riteniamo che siano importanti ma poi ti ritrovi in Tribunale... Noi siamo alla pari dal punto di vista degli investimenti sul settore giovanile rispetto ad altri paesi, ma il problema è riuscire a ottenere dei ritorni da quella spesa: se tu per Legge devi svincolarli dopo un anno, perché devi investire sui giovani? Quello dello ius soli è un altro tema: ne stiamo parlando con CONI e Autorità, ma ancora non si trova una soluzione e mentre tutti cerchiamo delle soluzioni per rilanciare il calcio italiano come sistema arriva un emendamento di un deputato di Forza Italia... Ragioniamo da sistema sempre, non solo per individuare singole responsabilità».
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