Ex patron del Pomezia nei guai: c'è l'accusa di bancarotta fraudolenta

18.04.2018 18:30 di  Anna Laura Giannini   vedi letture
Fonte: il messaggero
Ex patron del Pomezia nei guai: c'è l'accusa di bancarotta fraudolenta

Tre destinatari di sequestro e 44 immobili nel mirino, oltre a varie partecipazioni societarie. In particolare l’imprenditore Raffaele Di Mario, ex presidente del Pomezia calcio e proprietario nella cittadina laziale del polo alberghiero «Hotel Selene».

Gli altri due sono commercialisti con studi a Roma e Città di Castello. Gli immobili sono stati sequestrati nelle province di Roma, Isernia e Perugia ed erano nella disponibilità degli indagati, ritenuti i principali responsabili della bancarotta di due aziende, fino alla concorrenza di euro 3.760.000, a fronte di un passivo fallimentare quantificato in circa 8 milioni di euro. Si tratta dell’epilogo del ben più consistente filone di indagini che ha riguardato il crac della banca teramana Tercas e le plurimebancarotte fraudolente aggravate del Gruppo Dimafin dello stesso Di Mario. Da allora sono stati sequestrati in tutto 525 milioni di euro.

Nell’ambito delle precedenti operazioni, che hanno condotto ai processi in corso nei confronti dei vertici dell’istituto di credito e dello stesso imprenditore, era stato rilevato - si legge nel decreto di sequestro - che Di Mario si muovesse «in ragione dei legami anche di affari con l’allora direttore generale di Tercas, Antonio Di Matteo» riuscendo cosi ad appropriarsi di 30 milioni di euro che poi avrebbero «determinato la dichiarazione del fallimento della predetta società Dierreci», oltre al coinvolgimentonel crac della Dimafin.

La prima fase - Nella prima fase dell’indagine, infatti era stato dimostrato come, nel 2007, la Banca Tercas avesse acquisito la Smib occultando l’operazione alla Banca d’Italia: l’istituto sammarinese sarebbe stato successivamente utilizzato per erogare ulteriore credito a Di Mario. Ne era scaturito il dissesto della banca teramana e la distrazione di circa 170 milioni di euro dalle numerose aziende, poi tutte fallite, del gruppo Dimafin. Condotte che avevano portato all’arresto di Di Mario e Di Matteo e al sequestro, prima per il dissesto della Banca Tercas e successivamente per le numerose bancarotte imputate al Di Mario, pari a un totale di 522 milioni di euro circa.

Le nuove indagini riguardano il fallimento di due nuove aziende che Di Mario, già fortemente esposto col sistema bancario nazionale per centinaia di milioni e gravato da un passivo fallimentare di oltre 250 milioni, avrebbe costituito per sottrarre iniziative immobiliari di pregio dalle pretese dei creditori, incassarne «in nero» le caparre, ovvero accedere a nuova finanza presso la banca sanmarinese Smib, oggi in liquidazione coatta amministrativa. I due commercialisti indagati - uno dei quali consigliere presso la Smib - avrebbero occultato le scritture contabili delle società e così reso difficile la ricostruzione dei flussi finanziari dall’Italia verso San Marino e viceversa. Gli approfondimenti bancari eseguiti dai finanzieri, anche mediante l’analisi di segnalazioni antiriciclaggio, hanno consentito di individuare la distrazione di circa 3,2 milioni di euro.