LA SOCIETÀ. L’ultima volta venti anni prima si trattava di Supercoppa di Serie C. L’ambiente biancorosso conobbe da lì a poco una Serie B vissuta da protagonisti per poi lasciarla e non ritrovarla più. Un epilogo triste che ha portato da queste parti la costruzione addirittura di due Rimini ed un torneo di Eccellenza. Occorre dirlo, purtroppo, ahimè, tante pseudo gestioni, molti incompetenti e soldi, molti o pochi che fossero, gestiti e distribuiti malamente. Oggi il Rimini si avvale di una realtà solida composta da buone materie prime che vanno semplicemente perfezionate per dare un proseguimento al calcio cittadino tra i professionisti, non è un caso che sia Marani (presidente di Lega) e Zola suo braccio destro – avvistati a pranzo insieme ai massimi dirigenti riminesi in un noto ristorante cittadino- abbiano riservato complimenti a una società giovane in esperienza ma vecchia di tradizione. Il lavoro svolto dal team della Di Salvo ha creato entusiasmo passando dalla pura sfiducia di dodici mesi prima all’apice riempiendo uno stadio (limitata la capienza rispetto ai 9800 di un tempo) quando il tutto sembrava impensabile e pura fantasia. La coppa è soprattutto la loro. Vincere dopo Bellavista tra i professionisti non era riuscito a nessuno, una pesante eredità che pesa come un macigno ma che alla fine merita rispetto, fiducia, attenzione e tempo per inseguire e programmare nel migliore dei modi un ritorno dove la gente si era piazzata ed innamorata prima di lasciarsi andare senza più ritrovarsi. Effetto provato e la sensazione è bellissima.
LA SQUADRA. Due fasi viste in stagione dove l’andamento esterno è migliore di quello interno ma il campionato talmente equilibrato ha messo in luce una squadra che si è fatta sempre rispettare mostrando un buon calcio (seppure a tratti), dimostrandosi cinica e compatta. Nessuna sconfitta sonora, rifilate cinquine al Pontedera, poker al Sestri Levante, battute compagini dal passato in A come Perugia ed Ascoli, vittoria nel derby con la Vis. Probabilmente senza l’exploit di Pineto e Pianese oggi sarebbe la settima forza del campionato ma quanto promesso dalla dirigenza è stato mantenuto: Rimini perennemente nella colonna di sinistra (in piena zona play off) dove ha stazionato per tutta la stagione. Discorso per i singoli. Bastano tre nomi per rispondere alle critiche: Parigi, otto goal totali l’anno prima oggi già a undici contando il solo campionato. Cioffi giocatore discontinuo ad Ancona, oggi importante tesoretto tecnico per il Rimini del futuro. Infine Vitali, portiere considerato una meteora ad Ancona, oggi sicuramente saracinesca. Dietro l’angolo incombe Megelaitis. Il lituano o se vogliamo *Robocop” ieri sera è stato il migliore in campo e pensare che lo scorso anno (nella fase iniziale) ebbe un battibecco con alcuni tifosi venendo definito un oggetto misterioso. Nella stessa situazione Gorelli, oggi leader indiscusso dello spogliatoio. Chiacchiere al vento. Per fortuna che a detta dei tanti questa squadra fosse scarsa e priva di qualità con dirigenza incompetente. Insomma il bello del calcio.
TIFOSI. La coppa è stata tinta di biancorosso. Vedere un feeling ritrovato, uno stadio colorato, deve servire da stimolo per rendere l’idea che il calcio esiste anche da queste parti. Il passato è alle spalle. Le coreografie, striscioni nuovi come quelli di ieri sera meritano un plauso e un ringraziamento da chi ha sempre visto ciò e ha sperato che in qualche modo potesse ripetersi costantemente. Il calcio è vita. La speranza in casa è che oltre la coppa a tingersi di biancorosso sia sempre e soltanto il pallone.
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