«Sono qui in attesa di trovare una sistemazione. Ho cinquantacinque anni e tantissima voglia di fare il mio lavoro che quando ce l'ho mi diverto, quando non ce l'ho mi manca. Spero a breve di trovare una sistemazione giusta per quelle che sono le mie caratteristiche». Inizia a rispondere così Marco Sesia, allenatore d'esperienza oggi fermo dopo l'ultima avventura con l'Asti. Proprio nel girone A di serie D, Sesia è nella top ten dei tecnici con la media punti partita più alta. Il mister si è concesso alle domande della redazione di NotiziarioCalcio.com.
Marco Sesia allenatore ha avuto possibilità anche importanti nella sua carriera?
«Ho iniziato questa professione a 35 anni, avendo anche l'opportunità di allenare piazze importanti. Poi, per una serie di motivazioni, qualche volta le cose sono andate benissimo, altre volte bene, ed altre ancora meno bene. Sulla mia strada ho trovato anche tre-quattro fallimenti di società e qualche difficoltà l'ho avuta».
Ed oggi qual è la sua ambizione?
«Quella di trovare una società stabile, che mi possa far lavorare bene considerata la situazione di oggi. So perfettamente dove mi trovo e di cosa sto parlando.Voglio fare il mio lavoro, quello che ho sempre fatto dall'età di sei anni, prima da calciatore e, poi, da allenatore».
Quali sono i problemi oggi per un tecnico nel trovare squadra?
«Intanto, siamo tantissimi allenatori. Se ci sono, per esempio, cinquanta squadre e centocinquanta allenatori, è ovvio che diventa un problema. Poi, molti allenatori sbucano da situazioni "strane", magari che non hanno un minino di passato, magari da conoscenze. Prima la meritocrazia era al primo posto nel giudizio, oggi non è al primo posto. E chi vive di meritocrazia, quindi chi vuole fare le cose per bene, io credo che faccia sempre risultati importanti. Perché vai qualche volta a "scontrarti" con la mediocrità altrui e, quindi, primeggi ed è normale che sia così. Preciso che io sto bene, sono fortunato e devo tutto al calcio perché io ho fatto solo quello e quindi devo solo dire grazie al calcio. Non è, quindi, sputare nel piatto dove io ho mangiato. Io sono stato molto fortunato. Queste cose che ho detto sono le stesse che osservano e dicono tanti miei colleghi».
Lei ha allenato anche a livello giovanile. Dal suo punto di vista, ci sono delle responsabilità oggettive della sua categoria nel fatto che non facciamo più emergere talenti italiani?
«Io ho guidato per tre anni gli Allievi e per due anni la Primavera del Torino. Ad oggi non ci possiamo nascondere dietro ad un dito: non "nasce" più un calciatore importante italiano. Dove sono i Baggio, i Totti, i Del Piero, i Rivera... come mai non c'è un fuoriclasse italiano? Noi ci dobbiamo porre questa domanda. Prima anche il livello dei campionati minori era molto più alto. Io ho giocato dalla serie A all'Eccellenza, giocando molto in serie B ma anche in serie D, ed ho anche un centinaio di presenze in C. Ad inizio carriera io passo proprio dalla massima divisione dilettantistica col Millefonti al Torino in serie A, lo stesso percorso che fece Moreno Torricelli che finì alla Juventus. Quindi, credo di avere sufficiente esperienza quanto meno per avere una visione corretta di quanto sta succedendo. Oggi c'è il dibattito tra l'allenatore istruttore e l'allenatore che vuole vincere. Però io ricordo che ai miei tempi, l'allenatore del Torino Primavera si chiamava Sergio Vatta. Ogni anno il Torino sfornava talenti, su venti giocatori il meno capace andava a giocare in C per capire, gli altri o rimanevano al Torino o finivano in prestito tra formazioni minori in serie A o formazioni di serie B. Ebbene, questo allenatore voleva vincere tutte le partite, il suo unico obiettivo era vincere tutto le partite. Quindi il dibattito di cui sopra mi può vedere d'accordo fino ad una certa fascia d'età. Quando sono bambini è giusto dare peso ad altre cose rispetto alla vittoria spiccia. Però, secondo me, quando cominci ad avere 16-17 anni la cultura della vittoria, la voglia di vincere sempre, di determinare, fa si che a livello caratteriale fai uno scatto importante. Quindi il dibattito è veramente ampio, potrebbe rappresentare un tavolo di lavoro importante. Io spero che ai piani alti se ne stiano già occupando perché altrimenti veramente l'Italia rischia di andare in terza fascia non in seconda fascia».
Girone A di serie D. Lei fino allo scorso campionato è stato protagonista con l'Asti. Cosa ci dice del torneo attuale con Vado davanti a tutte, tallonato dal Chisola?
«Il Vado è la squadra per eccellenza dal punto di vista della rosa. Quando quattro anni fa ho allenato il Casale, c'erano quattro squadre che in pratica erano quattro "Vado" dal punto di vista di potenzialità della rosa, dei cambi: noi, Novara, Sanremese e Varese. Il Vado quest'anno ha fatto una scelta importante dal punto di vista tecnico, ha preso Roselli che è un allenatore importante per questa categoria, che conosce bene, e sa rapportarsi agli altri e non gliene frega niente dei giudizi esterni. Sta facendo molto bene il Chisola. Una realtà che conosco bene perché ho visto un sacco di partite. Secondo me quest'anno hanno fatto molto bene nella costruzione della squadra, è bene allenata perché il tecnico lo conosco ed è un bravo allenatore. È un’ottima società, ha un settore giovanile che forse è il più importante del Piemonte e, quindi, tende a valorizzare i giovani del proprio vivaio che non è una cosa facile. Hanno costruito una buona squadra, non hanno tantissimi cambi, però adesso viaggiano sull'onda dell'entusiasmo e giocano bene. Ci sono poi quattro-cinque squadre, e mi riferisco a Sestri Levante, Saluzzo, Ligorna, Varese e Biellese ed io avevo inserito ad inizio anche il Gozzano, che possono dare fastidio. Il Gozzano lo avevo inserito perché aveva confermato l'allenatore, che conosco è molto bravo, ed avevano potenziato la rosa. Per tali ragioni ad oggi il Gozzano è la sorpresa negativa del girone anche se sono convinto che alla fine il Gozzano farà il suo campionato».
Ci sono tante piazze in serie D importanti che fanno fatica a tornare in un calcio che gli è appartenuto in passato. Nel girone A, l'esempio è il Varese. Perché accade?
«Perché qualche volta giocare in certe squadre, come il Varese, può essere importante. Ma talvolta può essere uno svantaggio importante, pur chiamandoti Varese. Perché le aspettative sono molto alte e devi fare sempre campionati da protagonisti. Queste piazze non accettano campionati incolori, mezzi e mezzi. Vogliono campionati da protagonisti e quando le cose magari non vanno benissimo la pressione della piazza complica tutto a meno che tu non abbia giocatori di grande personalità, diventa molto difficile. E qualche volta il campionato può diventare un boomerang. Perché poi si gioca con altre realtà che quando giocano contro il Varese vogliono fare una partita importante perché giochi in uno stadio ed un pubblico importante. Non è facile. Devono essere bravi a stare compatti, a trovare personalità nei giocatori per gestire il momento negativo che può succedere per poi ripartire. Come può essere, invece, un vantaggio importante quando sei primo, perché ti da una spinta in più».
Tra le squadre del lignaggio del Varese c'è anche il Barletta, suo ex club peraltro.
«A Barletta ho lasciato il cuore. Abbiamo fatto un campionato straordinario in Lega Pro, poi dopo per vicissitudini ho perso tutto e io avevo tre anni di contratto. Se non ricordo male abbiamo fatto il record di quattordici risultati positivi di fila, sette vittorie e sette pareggi ed al Barletta nei campionati professionistici non era mai successo. Si creò un'empatia importante con la gente, abbiamo sofferto insieme perché poi c'era altro, non c'era più calcio. La piazza l'ha capito e si schierò dalla mia parte. Non è stato neanche giusto. Un giorno mi piacerebbe tornare per chiudere il cerchio».
Ha visto già tante partite quest'anno. C'è un calciatore che l'ha colpita?
«Ho visto due-tre volte il Derthona. Ed ho visto un giovane veramente bravo che mi ha impressionato: parlo di Ricardo Perez, centrocampista classe 2008. Secondo me è destinato ad andare in una squadra di alto livello nei professionisti. Ha personalità e forza, veramente un giocatore bravo».
Autore: Redazione NotiziarioCalcio.com / Twitter: @NotiziarioC
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