Il nostro viaggio inizia da Rimini. Prendiamo la macchina entrando sull’autostrada A 14. Al casello di Vasto Sud leggi a caratteri cubitali l’insegna Montenero di Bisaccia (CB), Agnone e in piccolino (della serie dai fastidio) Isernia, unica provincia del Molise. Qui inizi ad avere le prime perplessità di percorso e ti chiedi come mai i due paesi (non me né vogliano) vengono messi in maggior risalto rispetto ad una città. La leggenda narra che fino ad uno/due anni fa addirittura la scritta Isernia fosse scomparsa e come orientamento ci fosse solo quella di Montenero di Bisaccia ma su questo sorvoliamo e ci rechiamo nell’entroterra. Per la cronaca: ticket autostrada pagato con € 22. Zona industriale del vastese, strada dissestata, paesi sperduti (passatemi il termine) sopra le montagne, roba da brividi, guardi il tuo cellulare e scopri che non prende e perfino le stazioni radio a parte la Rai (da capire quale) non si sentono. Continui a guardare il cielo e vedi quei paesi così in alto che quasi lo toccano. Una domanda sorge spontanea:” se qualcuno lassù si sente male, per essere trasportato all’ospedale più vicino lo vanno a prendere in elicottero”? Cercasi risposte. Nel frattempo ti guardi attorno vedi paesaggi alla destra e alla sinistra della carreggiata con terreni ben mantenuti e altri totalmente bruciati. Alzi lo sguardo e noti che ci sono autovelox, il limite rimane un mistero. Se vai a 70 sei forse salvo quindi per sicurezza stazioniamo sui 55 km/h. Sui cartelli, leggi nomi di paesi lunghi quanto una stazione ferroviaria. Il primo è quello che non ti dimentichi poiché da qui inizia il vero limite di velocità: Fresagrandinaria (CH). Le malelingue compreso il sottoscritto hanno già provveduto a battezzarlo in Fessagrandinaria (attenzione da non confondere la prima parte della parola in termini dialettici volgari). Il perché lo capisci al volo:” se non rispetti il limite ti fanno fesso/a e contento/a”. Proseguendo il cammino c’è Mafalda e pensi al famoso cartone animato ma sorvoli fino a quando non vedi al fianco di quest’ultimo una frazione che si chiama Pidocchiosa. Qui in questo caso hai poco da pensare, te ne freghi del limite, premi sull’acceleratore onde evitare pidocchi. Arrivi a San Felice del Buono e di felice e di buono ti chiedi cosa ci sia. Arrivi a Trivento che stranamente si trova sotto la provincia di Campobasso (incomprensioni della geografia italiana) sapendo che sei a metà percorso. Lasci finalmente la provincia di Chieti ed entri in quella di Isernia dopo aver superato il nome strano di un paese che sa di francese:”Castiglione Monsseur Marino”. Alla lunghezza del nome quasi ti addormenti mentre sulla strada percorriamo le prime gallerie a risparmio energetico: “due illuminate, cinque no”. Della serie: “hai pagato la bolletta”? Il tratto che ci porta da Castiglione ad Isernia è uguale con paesi sperduti sopra le montagne e con una galleria (prima di arrivare alla meta) lunga quanto il tratto Salerno-Reggio Calabria. In mezzo Agnone (il paese delle campane), Pietrabbondante (teatro dei sanniti) e qualche altro paese interessante. Sicuramente tutte le località citate hanno una tradizione storica che non vi sto a raccontare in questo articolo che giustamente devono essere rispettate come qualsiasi altro territorio italiano. La mia satira è utilizzata per sdrammatizzare le difficoltà che la regione Molise presenta dal suo ingresso percorrendo la valle del Trigno. Quindi non c’è da meravigliarsi che la penultima regione più grande d’Italia abbia note difficoltà anche in temi sportivi nella fattispecie calcistici. Isernia è provincia dal 1970. A livello calcistico vanta tre apparizioni nella vecchia serie C2 e attualmente vederla nuovamente nei dilettanti è un’impresa che merita rispetto, quel rispetto che certamente esige il presidente Monfreda che da anni da solo regge la “baracca”. Ogni stagione è sempre la stessa storia. Chiedi aiuto alle istituzioni locali e nessuno ci sente. Gli sponsor amano farsi inizialmente notare poi scompaiono abbandonando la nave. Stanco e deluso, il primo tifoso dell’Isernia si trova per l’ennesima volta a chiedere aiuto ad una città il quale preferisce sorvolare sull’argomento. D’altronde se io me ne sono andato e i tanti amici che ho sono lì senza lavoro un motivo c’è. A 30 anni dalla mia nascita in una battuta posso dire che ad Isernia è stato a malapena cambiato il rubinetto della fontana ubicata nei pressi del passaggio a livello. Questo lascia presagire quanta voglia di agire ci sia. I tifosi meritano rispetto, specie quelli che quest’anno io stesso ho avuto modo di ammirare e vedere quando si sono presentati in Romagna a Rimini e Riccione a gridare a squarciagola: “Forza Isernia”. Cosa penseranno gli addetti ai lavori di fronte ad una nuova sparizione? Cosa penserà la gente del posto? E’ una città assente, dove quando ti prendi determinate responsabilità sei sulla bocca di tutti e sentenziato anche se fai del bene. Se invece non fai nulla o comunque ti trovi a dover lasciare per ovvi motivi economici sei soggetto ugualmente di giudizio. Non dimentichiamoci che la serie D è tornata dopo tanti anni; che lo stesso presidente ha voluto regalare alla città e alla squadra una corazzata di tutto rispetto. E’ vero anche che nel corso dell’annata si sono dovute fare alcune riflessioni che hanno poi portato al taglio drastico degli stipendi e alle cessioni (volute e non volute) di tantissimi elementi di qualità, ma nonostante ciò il club biancoceleste ha mantenuto una formazione competitiva che attualmente si trova in zona play off e che in graduatoria staziona dietro solo a grandi piazze (Civitanova a parte) come Teramo, Ancona e Sambenedettese, club dalle risorse economiche superiori. Quindi l’appello che faccio alla città specie alle istituzioni locali è quello di tutelare le risorse che hanno, altrimenti ci ritroveremo nuovamente spazzati via dalla geografia del calcio che conta e in Italia si sa quanto sia importante il pianeta pallone. Se ad Agnone e Trivento hanno fatto grandi cose negli ultimi anni lo devono soprattutto ai loro due timonieri e all’organizzazione che regna all’interno delle società. Se in due paesi è stato possibile mantenere il giocattolo così a lungo rimane un mistero come mai Isernia, città di 21.000 anime, non possa permettersi di mantenere in maniera costante una squadra di calcio. I tifosi reclamano gente motivata che possa aiutare il solo Monfreda mettendoci passione e intelligenza. Stanchi e angosciati di dover avviare una lotta contro nessuno si chiede alla città rispetto e quell’aiuto necessario dalle istituzioni e dagli imprenditori locali. Se così non fosse andrebbe bene anche una soluzione esterna che possa garantire a Monfreda un aiuto concreto e solido, evitando di cascare  questa volta (non facciamo nomi) nella trappola di  fenomeni da circo che spesso nella città pentra hanno messo piede eseguendo il loro spettacolo o attuando la classica sceneggiata napoletana.: Cumme facevane l’antiche, ze magnevene prima la crosta e po’ a mellica. Come facevano gli avi, mangiavano prima la crosta e poi la mollica.

Daniele Manuelli

Sezione: Editoriale / Data: Dom 18 marzo 2012 alle 21:09
Autore: Daniele Manuelli
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