Kyle Walker torna a riflettere pubblicamente sulla decisione che a gennaio scorso sorprese il mondo del calcio. Il laterale inglese, oggi al Burnley dopo il ritorno temporaneo al Manchester City, ha rilasciato dichiarazioni che fanno discutere sul suo controverso addio ai Citizens proprio durante la loro fase più delicata della stagione.
Il trentacinquenne difensore aveva scelto di lasciare l'Etihad Stadium in prestito per indossare la maglia del Milan, abbandonando Guardiola e la Premier League in un momento particolarmente complicato per la squadra, che stava attraversando una preoccupante flessione in campionato. Una decisione che apparve a molti incomprensibile, considerando il ruolo di leadership che Walker ricopriva dopo otto stagioni in cui era diventato un punto di riferimento per i sostenitori del City.
In un'intervista rilasciata a Sky Sports UK, il difensore ha espresso per la prima volta i suoi dubbi su quella scelta. "Avrei dovuto lasciare e andare in prestito al Milan? Ero il capitano del City, e sei il primo a dover rispondere quando le cose non vanno bene. In quel momento della stagione, avrei dovuto andarmene? Guardandolo ora, probabilmente no", ha ammesso il giocatore con una sincerità disarmante.
Walker ha poi approfondito le motivazioni personali che lo spinsero a quella decisione, rivelando un conflitto interiore tra senso di appartenenza e ambizioni individuali. "Avrei dovuto stare vicino o accanto ai miei compagni di squadra, ai miei amici e alle persone che considero la mia famiglia. Ma per la prima volta, probabilmente nella mia carriera, sono stato egoista e ho pensato a me stesso perché volevo giocare a calcio. Non lo vedo come un motivo sbagliato, ma non ero felice di stare in panchina e giocare qua e là, quando capitava", ha spiegato l'ex capitano dei Citizens.
Il giocatore ha descritto la frustrazione di vedersi relegato a un ruolo marginale nella rotazione della squadra, nonostante la fascia di capitano e gli anni di servizio. La necessità di trovare continuità di impiego e di dimostrare ancora il proprio valore ad alti livelli ha prevalso sul senso di lealtà verso i compagni in difficoltà.
"Sentivo di avere ancora qualcosa da dimostrare, che potevo ancora giocare a un alto livello. Quando è arrivata una proposta da un club come il Milan, non pensavo di poterla rifiutare. Quando sono tornato in estate ho avuto tempo per riflettere su tutto. Però non me ne pento, volevo sempre giocare all'estero e fare questa esperienza. Sono contento di aver fatto quei sei mesi, anche se probabilmente avrei potuto fare un po' meglio", ha concluso Walker.
L'avventura italiana si è rivelata intensa ma breve: sei mesi con la maglia rossonera che hanno rappresentato per l'inglese la realizzazione di un'ambizione a lungo coltivata, quella di confrontarsi con un campionato straniero. Al termine del prestito, invece di reintegrarsi nel progetto del Manchester City, Walker ha scelto una nuova destinazione, accasandosi al Burnley.
Le parole del difensore offrono uno spaccato raro sulla psicologia di un atleta professionista di alto livello, costretto a bilanciare aspirazioni personali, responsabilità verso il gruppo e orgoglio professionale. La sua ammissione dei dubbi a posteriori testimonia la complessità di certe scelte di carriera, soprattutto quando avvengono in momenti delicati sia per il giocatore che per il club.
Resta il fatto che Walker, pur riconoscendo che probabilmente la scelta migliore sarebbe stata rimanere al fianco dei compagni nel momento del bisogno, non esprime rimpianti sostanziali sull'esperienza maturata. L'autovalutazione secondo cui avrebbe potuto rendere meglio in rossonero suggerisce però che l'esperienza italiana, per quanto desiderata, non abbia pienamente soddisfatto le sue aspettative prestazionali.
Autore: Redazione NotiziarioCalcio.com / Twitter: @NotiziarioC
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