Una presa di posizione netta e senza mezzi termini quella del Savoia, che attraverso un comunicato ufficiale denuncia quella che definisce un'ingiustizia ai danni della società, dei tifosi e dell'intera comunità oplontina. Al centro della controversia, la chiusura del bar dello stadio, un servizio che secondo il club non rappresenta un optional ma un requisito indispensabile per garantire l'accesso del pubblico durante le manifestazioni sportive.
La società ha reso noto che il provvedimento restrittivo è riconducibile alle decisioni del dottor Nicola Anaclerio, dell'architetto Gianfranco Marino e dell'ingegnere Valentino Ferrara, quest'ultimo incaricato specificamente di predisporre le condizioni tecniche necessarie per il funzionamento del punto ristoro.
Quello che il Savoia definisce un "paradosso grave che non può essere taciuto" riguarda la contraddizione tra i permessi rilasciati e la successiva chiusura del servizio bar. Da un lato, infatti, al club sono stati concessi regolarmente agibilità e nulla osta per l'utilizzo dello stadio. Dall'altro, dopo oltre cinque mesi dall'inizio della stagione, è arrivata la comunicazione dell'impossibilità di aprire il bar, rendendo di fatto impraticabile l'apertura dell'impianto al pubblico.
La società sottolinea con particolare enfasi le conseguenze pratiche di questa situazione: per poter comunque garantire l'accesso ai tifosi, l'unica alternativa possibile sarebbe la distribuzione di acqua attraverso la Protezione Civile o direttamente a spese del club, secondo modalità che il Savoia paragona a quelle adottate "in contesti di emergenza o nei campi profughi".
"È questa l'idea di accoglienza e di dignità che si vuole offrire ai cittadini di Torre Annunziata? Evidentemente qualcuno pensa che i torresi debbano essere trattati come profughi, non come tifosi che vanno allo stadio", si legge nel comunicato della società.
Il cuore della questione sollevata dal club oplontino riguarda i tempi e le modalità con cui è stata gestita l'intera vicenda. Il Savoia pone interrogativi diretti: se le strutture o le condizioni per l'apertura del bar erano carenti, per quale motivo il nulla osta è stato rilasciato già nel mese di luglio? E perché dichiarare uno stadio agibile se poi, a campionato iniziato, emerge l'impossibilità di garantire servizi considerati essenziali?
Il club evidenzia come la comunicazione sia arrivata "cinque mesi dopo" il rilascio delle autorizzazioni, non in fase preliminare ma quando la società aveva già effettuato investimenti, pianificato la stagione e organizzato l'attività sportiva.
"Questa non è una scelta del Savoia. È una situazione subita che penalizza i tifosi, la squadra e un'intera città che sta cercando di rinascere anche attraverso lo sport", sottolinea il comunicato.
Di fronte a quella che considera un'ingiustizia, il Savoia annuncia di non voler restare in silenzio e di essere pronto a rivolgersi al Tribunale Amministrativo Regionale. L'obiettivo dichiarato è dimostrare l'esistenza di "un sistema che invece di creare soluzioni crea ostacoli, e che di fatto sembra preferire uno stadio chiuso piuttosto che uno stadio aperto, vivo e pieno di famiglie e passione".
La società rivendica il proprio impegno e la propria correttezza gestionale, sottolineando di rispettare le regole, onorare tutti i pagamenti dovuti e di aver investito nel progetto sportivo, risultati alla mano con la prima posizione in classifica. "Chiediamo una sola cosa: rispetto. Per la società, per i tifosi e per Torre Annunziata", afferma il club.
Il messaggio si conclude con un richiamo all'unità della comunità oplontina: "Alla città e ai tifosi diciamo una sola cosa: restiamo uniti. Perché il Savoia è Torre Annunziata. E Torre Annunziata merita uno stadio aperto, funzionante e pieno di vita".
La vicenda si inserisce in un momento particolarmente delicato per lo sport oplontino, in una fase in cui il calcio locale sta cercando di ritrovare slancio e identità. La battaglia annunciata dal Savoia si preannuncia destinata a svolgersi tanto nelle aule dei tribunali quanto nell'opinione pubblica cittadina, chiamata ora a confrontarsi con una questione che tocca non solo aspetti tecnico-amministrativi ma anche il senso di appartenenza e dignità di un'intera comunità.
"Il Savoia non arretra e non accetta ingiustizie. Difenderemo i nostri diritti nelle sedi opportune, con fermezza ma sempre con correttezza", conclude la società, promettendo di continuare la lotta "in campo e fuori dal campo. Insieme a voi".
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