La squalifica per doping è un trauma che segna la vita di un atleta professionista ben oltre la dimensione sportiva. Alejandro "El Papu" Gomez, attaccante del Padova, lo sa fin troppo bene. In una lunga intervista rilasciata a Sky Sport, il calciatore argentino ha ripercorso con lucidità e commozione i mesi bui della sospensione, quando la passione di una vita si è trasformata in una fonte di dolore insopportabile.
"Durante il periodo di stop non vedevo le partite di calcio, mi faceva troppo male. Nei primi mesi cercavo di allenarmi da solo, ma piangevo tutti i giorni", ha rivelato Gomez, offrendo uno spaccato crudo della sofferenza psicologica che accompagna l'allontanamento dal campo. Una confessione che restituisce la dimensione umana di una vicenda spesso ridotta ai soli aspetti disciplinari e regolamentari.
La lontananza dal rettangolo di gioco non ha rappresentato soltanto una perdita professionale, ma un vero e proprio lutto emotivo per un atleta abituato a vivere attraverso il calcio. L'impossibilità di seguire persino le partite in televisione testimonia quanto fosse profonda la ferita inferta dalla squalifica.
Di fronte al vuoto lasciato dal football, il Papu ha tentato di costruire prospettive alternative. "Mi sono detto che avrei studiato e fatto il corso per allenatore o direttore sportivo, ma non potevo farlo e quindi mi si chiudevano tutte le porte", ha ammesso il giocatore. Un'ammissione che evidenzia come la squalifica per doping non comporti semplicemente l'esclusione dall'attività agonistica, ma precluda anche le possibilità di formazione e riqualificazione professionale nel mondo del calcio.
Nei momenti di crisi si misurano le autentiche relazioni umane. Gomez ha vissuto sulla propria pelle questa verità, assistendo a un processo di selezione naturale delle presenze nella sua vita. "Gli amici stretti ci sono sempre stati, mentre altri si sono persi come spesso accade quando vivi un momento difficile", ha dichiarato con pragmatismo l'attaccante argentino.
Il nucleo della resistenza emotiva è stato identificato dal calciatore nella famiglia: "Le persone più importanti che sono rimaste sono i miei genitori, i miei fratelli e i miei figli, la mia famiglia insomma", ha sottolineato Gomez. Un riconoscimento del ruolo cruciale dei legami di sangue nei frangenti esistenziali più complessi.
Accanto agli affetti familiari, è emersa anche una figura importante nel percorso di sopravvivenza psicologica del calciatore. "Denis mi è stato molto vicino, mi ha introdotto al mondo del paddle e mi ha aiutato tanto", ha rivelato l'argentino. L'apertura a nuove discipline sportive ha rappresentato una valvola di sfogo e un'ancora di salvezza in un periodo caratterizzato dall'esclusione dall'unica attività che aveva dato senso alla sua vita professionale.
Il percorso verso il ritorno all'attività agonistica non è stato lineare, ma caratterizzato da fasi psicologiche distinte. "Fisicamente stavo bene e mi dicevo che non potevo smettere, dopo il primo anno ho iniziato a vedere la luce e pensare che avrei dovuto trovare una squadra", ha raccontato Gomez, descrivendo il graduale emergere dalla depressione iniziale.
La trasformazione interiore ha rappresentato il preludio al ritorno sul terreno di gioco: "La rabbia iniziale si è trasformata in voglia e poi è arrivato Mirabelli", ha spiegato il calciatore, individuando nel dirigente sportivo il catalizzatore del proprio rilancio professionale.
La trattativa con il Padova, club neopromosso in Serie B, si è conclusa rapidamente nonostante la presenza di alternative. "Dopo 3-4 giorni di trattativa abbiamo trovato l'accordo, anche se avevo offerte anche dall'estero, ma volevo restare in Europa e in Italia", ha precisato l'attaccante argentino.
La scelta di ripartire dalla Serie B con una squadra appena salita dalla categoria inferiore potrebbe apparire sorprendente per un calciatore del calibro del Papu, ma rivela una gerarchia di priorità chiara: la volontà di rimanere nel contesto europeo e specificamente italiano ha prevalso su eventuali proposte economicamente più vantaggiose provenienti da altri continenti.
La testimonianza di Alejandro Gomez rappresenta un documento prezioso sulla capacità dell'essere umano di attraversare il fallimento, la vergogna e l'isolamento per risorgere con rinnovata determinazione. Le lacrime quotidiane, le porte chiuse, la solitudine selettiva non hanno spezzato la volontà del calciatore di riconquistare il proprio posto nel mondo del calcio.
La vicenda del Papu illustra anche le conseguenze spesso sottovalutate delle squalifiche per doping, che vanno ben oltre la semplice interruzione dell'attività sportiva. L'impossibilità di intraprendere percorsi formativi nel settore, il dolore psicologico derivante dall'allontanamento forzato dalla propria passione, la rarefazione delle relazioni sociali: questi aspetti compongono un quadro complesso che meriterebbe maggiore attenzione da parte delle istituzioni sportive.
Oggi, con la maglia del Padova, Gomez sta scrivendo un nuovo capitolo della propria carriera. Un capitolo di rinascita che affonda le radici nel sostegno incondizionato della famiglia, nell'amicizia autentica e nella capacità di trasformare la rabbia in energia costruttiva. Una lezione di resilienza che travalica i confini del calcio per toccare corde universali dell'esperienza umana.
Autore: Redazione NotiziarioCalcio.com / Twitter: @NotiziarioC
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