Il tecnico del Perugia, Alessandro Formisano, è stato ospite a Fuori Campo su Umbria Tv. Ha parlato di tante cose, partendo dalla gara di Cesena, passando per il suo percorso iniziato qualche mese fa, per finire ai playoff. Questi i passaggi principali delle sue dichiarazioni. Ecco quanto raccolto da calciogrifo: “A Cesena avevamo tanti giocatori a rischio squalifica ed in più Mezzoni, Seghetti e Paz erano acciaccati. Questi giocatori dovevano essere preservati in vista della partita più importante della stagione, la prossima. Ce la siamo comunque giocata ma al cospetto di una squadra importante non ci siamo riusciti“.
Soldi e idee. “A prescindere dalle potenzialità economiche, nel calcio vincono anche delle idee. E certe idee hanno bisogno di tempo“.
Percorso. “Sto crescendo tanto, più del dovuto, è una palestra di vita. Da un punto di vista professionale è qualcosa che ti fa vivere due anni in cinque mesi, dal punto di vista delle pressioni, dell’avere la forza di sentirsi abbastanza. Una persona cerca di fare sempre il suo meglio ma in questo sport a volte non basta. Quindi devi avere la forza di andare oltre determinate cose che ti possono frenare per vedere quello che c’è oltre. Non è facile ma noi dobbiamo avere più forza, perché questo è il calcio. Siamo figli del risultato, siamo giudicabili per i nostri errori che a volte possono dipendere da un palo, da una deviazione, da un centimetro. Se uno vuole fare questo mestiere deve avere le spalle larghe“.
Sir Perugia. “Non mi intendo molto di pallavolo ma vivo la città e le cose belle che offre. Osservare un coach, leggere la sua leadership, la postura, la comunicazione. Questo io lo prendo da tanti sport. E averlo a pochi metri dal nostro campo di allenamento è importante per me“.
Debutto e dominio. “Io subentro e dopo un giorno e mezzo affrontiamo la squadra più forte del campionato. Abbozzo una formazione, 2-0 il primo tempo. Poi faccio dei cambi e nel secondo tempo la prestazione è stata diametralmente opposta. Non è bastata, perché il Cesena ha meritato di vincere. Cosa intendevo con ‘abbiamo dominato nel secondo tempo’? Parlavo di dominio del gioco e di occupazione della metà campo avversaria. A volte non basta tutto questo ovviamente. Ma volevo anche dare forza alla squadra visto che la squadra veniva da un periodo difficile. Da quella gara in poi abbiamo vinto 4 volte di fila basandoci sulla stessa idea di calcio. Poi purtroppo c’è stato il pareggio immeritato di Rimini e la sciagurata trasferta di Vercelli dove rimaniamo in 10 per 65 minuti e prendiamo gol a 16 minuti dalla fine su una palla che schizza sull’acqua, perdiamo 1-0 e perdiamo qualche certezza. Mi piace studiare psicologia, ma non la puoi preparare, e quel contesto di Vercelli ha cambiato i nostri piani. In caso contrario sarebbe stato un altro film”.
Modulo e uomini. “Io credo che il punto di partenza del gioco sia il calciatore. Lui incide, l’allenatore invece incide nelle relazioni tra i calciatori. Il ruolo del tecnico è quello di osservatore di contesto. Se un giocatore ha determinate caratteristiche io non posso ammaestrarlo per portarlo in una strada diversa. A meno che non vengo da un percorso nel quale un giocatore cresce con me, come in un contesto di settore giovanile. Quando sono subentrato il Perugia giocava a zona, con una una gestione della palla molto più manovrata. Io penso però che ci sono dei giocatori come Paz e Mezzoni che fanno della forza fisica, dell’attacco verticale il loro tratto distintivo. Mi sono quindi reso conto che questi giocatori avevano bisogno di altro. E quindi ho costruito la mia idea, il mio modello”.
Valori e rapporti. “Noi conosciamo il nostro valore e quali sono le nostre ambizioni e i nostri obiettivi a medio lungo termine. Quello a breve termine ci impone di essere qualcosa di duro, di forte, dobbiamo avere un fuoco diverso rispetto a quello delle ultime partite. Faremo di tutto per accenderlo, se non dovesse bastare sappiamo quali sono le basi per costruire il futuro. I miei giocatori mi capiscono e mi seguono, ne sono certo. Con loro ho un rapporto limpido, quotidiano. Angella, Bartolomei e Lisi sono più grandi di me, ma io sono cresciuto prima del tempo, ho bruciato le tappe anche nella vita privata. Sono abituato ad avere a che fare con persone più grandi di me. Per me è assolutamente normale, lo trovo un rapporto paritario fino ad un certo punto, perché ovviamente devo avere un ruolo di leadership, ma anche di confronto. Io mi sento un privilegiato ad essere stato scelto per questo percorso”.
Autore: Redazione NotiziarioCalcio.com / Twitter: @NotiziarioC
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