In una lunga intervista rilasciata al quotidiano sportivo piemontese Tuttosport, ha parlato il presidente Giulio Gallazzi (carica condivisa con Marcello Montini, ndr), numero uno della holding GM Sport Ventures a cui fa capo la società dell'Alcione Milano.
«Qualche anno fa valutai l’acquisizione del Genoa ma, avendo visioni diverse sulla valutazione del club da parte della loro proprietà, mi ritirai da quell’operazione. Dopodiché valutai un altro paio di situazioni tra Serie A e Serie B che però avevano una logica diversa, ovvero erano club già importanti ed erano affari altrettanto importanti sotto il profilo economico. Poi Marcello Montini, un mio caro amico che all’epoca era appena entrato nell’Alcione come sponsor, mi ha proposto di far diventare questo club a tutti gli effetti la terza squadra professionistica di Milano. Quindi siamo partiti con questo sogno, ovvero prendere una società da sempre conosciuta per la bontà del lavoro fatto nel settore giovanile che però giocava in Promozione, e portarla in pochi anni alla Serie C. Una volta entrati, abbiamo strutturato l’Alcione in modo che fosse adatta a fare questo percorso, abbiamo vinto l’Eccellenza e i Playoff di Serie D, però - per ragoni legate allo stadio che non avevamo - abbiamo rimandato l'obbiettivo a quest'anno, mettendoci ancora più risorse ed energie».
I desiderata della proprietà sono in linea con quanto la squadra sta facendo in campo: «Già perché siamo primi in classifica e, soprattutto, in collaborazione con l'Inter, abbiamo fatto i lavori necessari all'Arena: loro l'hanno inaugurata con il derby femminile, noi lo faremo nelle prossime settimane. Una volta conquistata la promozione diretta, completeremo tutti i lavori per ottenere le autorizzazioni necessarie per svolgerci il campionato di Serie C. Modello londinese? Noi siamo convinti che ci sia spazio per tutti perché a Milano c'è da sempre interesse per le eccellenze. L'Alcione, inoltre, è diversa da Inter e Milan perché non può contare su decine di migliaia di tifosi. Deve invece essere una società capitalizzata, come lo è, con una forza imprenditoriale propria e indipendente rispetto a quello che può essere il riscontro immediato per poter negli anni acquisire un proprio seguito. Noi puntiamo a un target giovane al liceale, universitaria, alla rete, alla dei giocatori stessi e delle loro famiglie. Ben sapendo che se uno ti fa il sone può essere tranquillamente tifoso di Inter o Milan. Noi non non ci proponiamo come alternativa a loro ma vogliamo offrire un prodotto diverso. L'anno scorso per esempio siamo stati premiati per i più giovani vincitori dei playoff di serie D avendo i nostri un'età media sotto i ventitré anni. Questo perché la si fonda su una cantera fortissima. I ragazzi entrano da noi a sei anni ed escono professionisti. Come Rovella? È l'ultimo gioiello uscito dal nostro settore giovanile ed è rimasto legatissimo a noi tanto che quando può viene a Milano a vedere le nostre partite. Sicuramente lui rappresenta un modello di ispirazione. Un ragazzo giovane pulito che ha caratteristiche importanti anche a livello di qualità personale che rappresentano il modello di crescita dei nostri alcioniani. Noi abbiamo anche creato un brand che si chiama "Orange Generation" che tutti i ragazzi portano sulle divise proprio per esprimere un modo di essere ovvero la volontà di diventare grandi giocatori ma pure uomini con valori che hanno determinate caratteristiche. Perché il motto "Fratellanza"? Un ragazzo che gioca in Alcione trascorre tanto tempo con i compagni di squadra e nasce quindi un modo diverso di stare insieme basato sull'aiutarsi a vicenda consigliarsi, sostenersi. Noi diciamo ai nostri ragazzi che deve renderci orgogliosi la stima degli avversari. Altro motto che usiamo è con Min legato alla voglia di eh alla voglia di volerci sempre migliorare e ha l'intenzione di vincere sempre pulito senza scorciatoie. Noi abbiamo un altro motivo di orgoglio. Siamo tra i pochi a fare un'attività di tutoraggio anche dello studio dei nostri ragazzi. Il concetto che vogliamo far passare che si può diventare buoni giocatori diventando nel frattempo persone istruite quindi capaci di avere un'alternativa nella vita. Questo perché noi per primi sappiamo che su sessantamila ragazzi che partono solo uno arriva in Serie A. Noi investiamo tanto sul fatto di creare ragazzi competitivi non soltanto nel calcio ma pure nella vita».
San Siro nuova casa dell'Alcione nel caso in cui Milan e Inter, o una delle, dovessero lasciarlo? «Beh, sicuramente. Ovvio che non dipenda solo da noi ma una città come Milano non può non avere sedi adeguate per le eccellenze del proprio sport. Noi abbiamo messo mano a un progetto per rendere agibile l'Arena ma è chiaro che se San Siro dovesse rimanere lì una riflessione si imporrebbe sul come sfruttare quello stadio leggendario».
Il progetto si ferma all'ultimo gradino del professionismo? «No, La Lega Pro è solo il primo passo. Lo sport professionistico si fa per vincere e una volta arrivati in C verrà abbastanza naturale parlare di serie B. Dovremo quindi fare un passo ulteriore per strutturarci ma quello diventerà il nuovo obiettivo. Per noi sarebbe la prima grande stella, quella dell'ingresso tra i professionisti. Ma questo come detto dovrà essere solo un punto di partenza».
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