Mauro Chianese, un tecnico con alle spalle esperienze importanti e caratterizzato dalla capacità di subentrare in situazioni estremamente complesse, è attualmente senza panchina. La sua ultima avventura si è conclusa lo scorso maggio con l'Acireale, dove ha ottenuto una media punti di 1,39 in 19 gare, riuscendo a centrare una salvezza significativa.
In precedenza, una delle sue esperienza più longeve e statisticamente rilevante è stata quella sulla panchina del Chieti, con una media punti di 1,48 in 42 partite totali, tra cui c'è da sottolineare una media di ben 1.90 nella stagione in cui il tecnico iniziò dall'estate.
Il filo conduttore della sua carriera recente è stato spesso quello di dover risollevare situazioni quasi disperate: a Chieti prese una squadra spaccata con appena 11 punti a novembre; ad Acireale subentrò con la squadra all'ultimo posto in classifica. Un allenatore, dunque, abituato a lavorare sotto pressione, spesso chiamato a rimettere in piedi ambienti e spogliatoi frammentati.
Noi di Notiziariocalcio.com abbiamo contattato il tecnico campano di 52 anni per fare il punto sulla sua carriera e sulle sue prospettive future, toccando anche i temi del calcio che cambia e della possibile riforma della Serie D.
Mister Chianese, come sta vivendo questo periodo di pausa dal campo?
«È normale che il calcio manchi, per chi fa questo lavoro prima da calciatore e poi da allenatore. Allo stesso tempo, questa pausa ti permette di aggiornarti, riflettere, maturare, vedendo allenamenti e partite. È un periodo anche positivo, perché a volte, quando sei immerso nel lavoro quotidiano, fai fatica ad aggiornarti, e il calcio cambia di giorno in giorno. È giusto stare sempre sul pezzo. Se andiamo ad analizzare la storia recente, da Sacchi a Guardiola, fino a Gasperini, ci sono state tantissime novità; oggi si punta molto sui duelli individuali, il calciatore non è solo un punto di riferimento statico, ma deve adattarsi costantemente alle dinamiche della partita».
Tanti addetti ai lavori parlano del suo lavoro con i giovani.
Dopo diversi anni trascorsi nei settori giovanili professionistici — tra realtà come Lecce, Napoli, Salernitana e altre — e dopo nove anni di esperienza maturata in Serie D, posso affermare che il lavoro con i giovani richiede una preparazione profonda e la consapevolezza che non mancheranno momenti complessi. Tuttavia, la possibilità di costruire percorsi, trasmettere consapevolezza e sviluppare progettualità rappresenta sempre un valore significativo.
C’è stata qualche offerta che non l'ha convinta? Cosa cerca in una nuova panchina?
«Ringrazio chi mi ha chiamato, ma se non sento le giuste motivazioni preferisco aspettare. Finora è stata una mia scelta, sebbene sia difficile restare senza squadra. Attendo la chiamata giusta, quella che ti dia la carica necessaria. Ultimamente si sente dire spesso 'sono alla ricerca di un progetto', ma nel calcio c'è poco di progettuale... Se perdi tre partite, sei a casa, c'è poco da dire. Spesso, inoltre, l'ambiente è condizionato dai social, dai commenti dei tifosi, e questa non è la dimensione reale della realtà. Spesso mi ritrovo a subentrare in situazioni difficili, e in quei casi devi prima di tutto entrare nella testa dei calciatori; i calciatori sono intelligenti, se capiscono di non avere la guida giusta, fanno fatica a seguirti».
A proposito di ex squadre, come vede il momento del suo Chieti?
«È la cosa che più mi dispiace, vederli così in difficoltà. Ho vissuto in una città bellissima. I tifosi hanno un amore incredibile per quei colori, spero che al più presto riescano a risalire».
E l'Acireale, l'ultima squadra che ha guidato?
«Subentrai lo scorso anno e anche lì trovai una grande rottura tra squadra e ambiente, ma siamo riusciti ad arrivare a una salvezza molto importante. Ho mantenuto un ottimo rapporto con il presidente, so quanto ci tiene, e mi dispiace per quello che gli è accaduto. Vedo però che ora hanno trovato la giusta quadra, spero che tornino presto nel calcio che conta».
La Serie D sembra orientata verso una riforma con otto gironi e una promozione tramite i playoff. Qual è il suo parere?
«Sono più che d'accordo. Ho fatto i playoff sia con il Portici che con l'Aversa; è giusto dare un premio finale, altrimenti le squadre ambiscono poco ai playoff. È giusto che ci sia la gratificazione del salto di categoria. La Serie D è un campionato sempre più importante, ho allenato nei gironi F, G, H e I, li conosco bene, e la D si sta evolvendo tantissimo, con piazze gloriose e un numero elevato di spettatori».
Autore: Redazione Notiziario del Calcio / Twitter: @NotiziarioC
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