Il Ferrandina 17890 rompe il silenzio e solleva una questione che, a suo dire, pesa come un macigno sulla stagione in corso: la percezione di essere trattata con minore considerazione rispetto ad altre compagini del campionato. In una nota ufficiale diffusa nelle ultime ore, la società lucana ha espresso con toni fermi ma istituzionali il proprio malessere per una serie di episodi che, fin dall'esordio stagionale, avrebbero evidenziato un approccio poco equilibrato da parte degli arbitri e, più in generale, delle istituzioni calcistiche.
Non si tratta di un attacco frontale, né di una polemica sterile. Il club tiene a precisare di muoversi con il massimo rispetto verso gli organismi preposti al controllo delle gare, ma non può fare a meno di mettere nero su bianco una sensazione che, partita dopo partita, si è trasformata in certezza: quella di essere considerata una realtà di serie B – non per categoria, ma per attenzione ricevuta.
Al centro della riflessione del Ferrandina c'è un aspetto tanto delicato quanto cruciale: il ruolo che l'esperienza – o la sua assenza – può giocare nel condizionare il trattamento riservato a una squadra. La società lucana non ha dubbi: essere neopromossa comporta uno svantaggio implicito, che si traduce in una tutela inferiore rispetto a club più consolidati nella categoria.
"Siamo perfettamente consapevoli che l'errore faccia parte del gioco e che il compito della classe arbitrale sia complesso e gravoso", si legge nella nota. Eppure, prosegue il ragionamento, "non possiamo ignorare come, in diverse circostanze, la nostra società sembri ricevere una minore tutela, probabilmente perché neopromossa e con meno esperienza nella categoria". Un'ammissione che non vuole essere un alibi, ma piuttosto una fotografia realistica di una dinamica che, secondo il Ferrandina, penalizza chi non ha ancora costruito un bagaglio di presenza consolidata nel campionato.
L'accusa, pur formulata con cautela, è pesante: suggerisce l'esistenza di una sorta di gerarchia informale, in cui il curriculum e il nome contano più del merito sportivo. E se da un lato il club riconosce la difficoltà del mestiere arbitrale, dall'altro non esita a indicare una responsabilità sistemica, che va oltre il singolo errore tecnico.
Ma il Ferrandina 17890 non è soltanto una squadra di calcio. È, prima di tutto, l'espressione di un territorio, di una comunità di circa ottomila abitanti che vive lo sport come collante sociale, specchio di identità e strumento di coesione. "Ogni domenica scendiamo in campo non solo per difendere i nostri colori, ma per dare voce a un intero territorio che crede nei valori dello sport e del rispetto reciproco", sottolinea la società, evidenziando come dietro ogni partita ci sia molto più di un risultato sportivo.
È questo legame profondo con la comunità a rendere ancora più bruciante la sensazione di essere trattati con superficialità. Non si tratta, infatti, di una questione meramente tecnica o regolamentare: c'è in gioco la dignità di una realtà che, pur con risorse limitate e senza blasone, ha saputo guadagnarsi il diritto di competere ai livelli superiori. E che ora chiede soltanto di essere giudicata con gli stessi parametri applicati a tutti gli altri.
"Riteniamo ingiusto che una realtà seria, corretta e impegnata come la nostra debba percepire una così evidente mancanza di considerazione e tutela", si legge ancora nel comunicato. Una frase che racchiude il senso di una battaglia che non è contro qualcuno, ma per qualcosa: il riconoscimento del valore e della serietà di un progetto costruito con sacrificio e passione.
Il Ferrandina non chiede trattamenti di favore, né pretende di essere esentato dalle regole. Chiede equità. "Essere giudicati e trattati con la stessa attenzione e rispetto che meritano tutte le società": è questa la rivendicazione principale, espressa con la consapevolezza di chi sa di non avere nulla da recriminare sul proprio comportamento dentro e fuori dal campo.
La società lucana si presenta come un esempio di correttezza, impegno e serietà, valori che ritiene debbano essere riconosciuti e tutelati al pari di quelli di qualsiasi altra compagine. Il messaggio è chiaro: il rispetto non può essere proporzionale alla storia o al budget di una squadra, ma deve essere garantito in modo uniforme, senza discriminazioni legate alla provenienza o all'anzianità nella categoria.
Nonostante il disappunto, il Ferrandina 17890 non intende cedere alla rassegnazione. "Con la serenità e la determinazione che ci contraddistinguono, continueremo a lavorare per onorare il campo e la nostra gente", assicura la società, riaffermando la volontà di proseguire il proprio percorso con professionalità e orgoglio.
Ma questa serenità non significa silenzio. "Chiediamo, con altrettanta fermezza, che venga riconosciuta la dignità sportiva di una comunità che non ha nulla da invidiare a nessuno, e che merita di essere rispettata come tutte le altre", conclude il comunicato. Una chiusura che suona come un appello alle istituzioni, ma anche come un monito: il Ferrandina non accetterà di essere relegato ai margini, perché rappresenta una comunità che merita considerazione e rispetto al pari di ogni altra realtà calcistica.
Resta da vedere se questo grido d'allarme troverà ascolto presso gli organismi competenti, o se rimarrà confinato nelle pieghe di una stagione già segnata da polemiche e tensioni. Di certo, il Ferrandina ha scelto di non tacere, consapevole che il silenzio, in certi casi, può essere interpretato come accettazione. E questo, per una comunità che vive il calcio come missione, non è un'opzione percorribile.
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