La stagione della Reggina sta assumendo i contorni di un dramma sportivo senza precedenti nella lunga storia del club calabrese. Il terzo campionato consecutivo in Serie D, già di per sé un evento negativo mai verificatosi prima nell'epopea amaranto, sta degenerando in una situazione che appare sempre più critica e preoccupante.
I recenti risultati casalinghi fotografano impietosamente lo stato di profonda difficoltà in cui versa la società. Nelle ultime cinque gare disputate tra le mura amiche del Granillo, la squadra ha collezionato sconfitte contro formazioni come Gelbison, Vigor Lamezia, Nuova Igea Virtus e Athletic Palermo. Si tratta di club rispettabili e meritevoli di considerazione nel contesto della loro categoria, ma per una piazza con la tradizione e le ambizioni della Reggina rappresentano avversari che dovrebbero trovarsi su un piano nettamente inferiore.
Il dato che emerge con evidenza è che qualcosa nel meccanismo non funziona. La questione cruciale riguarda l'individuazione delle responsabilità: sono da attribuire alla guida tecnica, ai singoli giocatori o all'intera rosa, alla dirigenza o alla proprietà? Con ogni probabilità, il malessere investe tutti questi livelli simultaneamente.
Il cambio di allenatore, con l'esonero di Trocini e l'arrivo sulla panchina amaranto di Torrisi, non ha prodotto gli effetti sperati. I numeri parlano chiaro: sotto la gestione del tecnico catanese sono stati conquistati appena 4 punti in 4 partite, mentre il predecessore aveva ottenuto 8 punti in 8 incontri. Un rendimento pressoché identico che testimonia come il semplice avvicendamento in panchina non sia bastato a invertire la tendenza negativa.
Le prestazioni sul campo non lasciano intravedere segnali di ripresa. Il successo ottenuto a Sancataldo è apparso fin da subito come un episodio isolato, così come la rimonta nel secondo tempo ad Acireale sembra essere stata favorita più dal calo fisico degli avversari che dalla qualità del gioco espresso dagli amaranto.
La situazione assume contorni ancora più paradossali se si considera che, sulla carta, la Reggina dispone della rosa più competitiva dell'intero campionato. In un torneo che non presenta livelli tecnici particolarmente elevati, la trasformazione di un organico teoricamente superiore in una squadra incapace di esprimere calcio dignitoso rappresenta un enigma che prima o poi dovrà essere risolto.
Il tempo a disposizione per correggere la rotta si assottiglia pericolosamente. Serve un intervento rapido e deciso sul piano tecnico, l'unico aspetto su cui è possibile agire con immediatezza. Diventa indispensabile operare scelte chiare sulla composizione della rosa e acquisire nel più breve tempo possibile calciatori in grado di garantire un miglioramento qualitativo dello spettacolo offerto in campo.
La società appare muoversi con eccessiva lentezza rispetto all'urgenza della situazione. Per un club di questa caratura, dotato delle necessarie competenze, dovrebbe essere possibile gestire con maggiore efficacia le difficoltà tipiche di un campionato dilettantistico. Invece, l'impressione è quella di un ritardo nell'affrontare i problemi che si accumula giorno dopo giorno.
Il rischio concreto è che, senza un'immediata inversione di tendenza, la Reggina possa trovarsi invischiata nella lotta per evitare la retrocessione in Eccellenza. Uno scenario che fino a pochi mesi fa sarebbe apparso fantascienza, ma che oggi rappresenta una minaccia reale e tangibile.
Serve una scossa, un segnale forte che dimostri la volontà di reagire. Serve capire se all'interno dell'ambiente, dagli spogliatoi agli uffici dirigenziali, esista ancora quella dose di orgoglio necessaria per uscire da questa spirale negativa. La storia della Reggina merita rispetto, e l'attuale situazione rappresenta un'offesa a una tradizione che ha vissuto momenti ben diversi.
Il presente amaranto è il più buio mai vissuto. Ma proprio dalla consapevolezza di aver toccato il fondo potrebbe nascere la forza per risalire. A patto che arrivi presto, perché il tempo sta per scadere.
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