La frenata in casa del Ghiviborgo ha fatto scivolare il Siena al secondo posto alle spalle del Grosseto. Non c'è tempo, però, di rimuginare perché ora il calendario si fa tosto ed intenso ed i bianconeri forgeranno probabilmente il loro futuro nel prossimo mese e mezzo. Per parlare di questo e non solo, ospite della redazione di NotiziarioCalcio.com, il tecnico dei toscani Tommaso Bellazzini.
Non si può non partire da domenica. Il pari in casa del Ghiviborgo vi ha frenato la corsa. Le scelte iniziali sono state dettate dallo stato fisico atletico dei suoi ragazzi oppure da una scelta tecnico-tattica?
«Le scelte, come ogni domenica, sono un insieme di fattori. Riguardano l'uno e l'altro. Da come li vedo in settimana, dall'avversario, dall'interazione che hanno nelle relazioni tra di loro i giocatori. Quindi, da un equilibrio che ogni domenica va trovato in funzione dei compagni, degli avversari, dello stato di forma. È sempre un mix delle cose».
Alla fine, anche per come è arrivato, è un punto guadagnato?
«Sicuramente. Quando fai gol al 97' e l'arbitro fischia, è sempre un punto guadagnato».
La prossima sfida vi vedrà ospitare il Prato, squadra dall'organico importante. Che partita si aspetta e quanto, al di là della classifica stessa, conterà il risultato?
«Mi aspetto una partita intanto bella. Perché si affrontano due squadre che vogliono fare un campionato di un certo livello. Quindi, penso che sarà una bella partita. Il risultato di domenica conterà come tutti gli altri risultati perché noi, come ogni volta, dobbiamo cercare di fare i tre punti. Siamo alla decima di campionato, quindi, è una partita come le altre dal punto di vista del risultato».
Prima Prato, dopo Foligno, poi San Donato ed ancora: Grosseto, Seravezza e Montevarchi. Le prossime sei gare ci diranno molto del futuro del Siena?
«Si tende sempre a voler fare una sorta di anticipazione definitiva delle cose ma i campionati sono sempre in divenire. Se vinci ora col Prato e poi perdi quella dopo sei punto e a capo, o viceversa. Dobbiamo costruire il film una scena per volta, so che sembra una frase fatta ma, purtroppo, è la verità. Inutile pensare a cosa faremo se tra sei partite... e poi le altre diciassette fai tre punti.. hai buttato tutto via. O il contrario. Se fai male queste sei, e poi il girone di ritorno lo fai strepitoso, risei nei piani alti della classifica. Il tragitto di una squadra è una maratona, bisogna cercare di avere il passo più costante possibile e dobbiamo cercare di vincere quante più partite possiamo. Non c'è il tempo per dire come sarà il futuro, è ancora troppo presto».
La classifica è corta, si aspettava questo equilibrio in vetta, lei se lo aspettava?
«Me lo aspettavo. Il campionato è equilibrato e competitivo e questo dimostra quanto sia difficile. Anzi, direi che rispetto all'anno scorso, vado a memoria, mi pare ci sia già un po' più di spaccatura con le prime otto che sono più vicine e poi c'è questo lieve distacco. A dire la verità mi aspettavo ancora più gradualità nella differenza di punti tra le varie squadre. Me lo aspettavo così, assolutamente competitivo ed equilibrato».
Domanda secca: le favorite per la promozione?
«Le solite, quelle che indicano un po' tutti. Il Grosseto in primis naturalmente, Prato secondo per forza e investimenti nella rosa. Poi c'è il Foligno che secondo me è una squadra molto competitiva e che gioca già da qualche anno insieme. C'è il Seravezza che ogni anno sta crescendo sempre più. Ad inizio anno avrei messo anche il Gavorrano, club ambizioso. Chissà che non possa ancora rientrare in corsa visto che, per struttura di rosa e societaria, hanno tutte le qualità per risalire. Infine, non dimentico il Tau che da anni ormai fa un campionato di vertice».
La crisi dei talenti italiani è argomento di discussione. Secondo lei, giovane tecnico e quindi ancora fresco ex calciatore, c'è qualcosa che stiamo sbagliando? E cosa in particolare?
«Penso sia evidente che stiamo sbagliando qualcosa perché ormai questo è un fatto chiaro a tutti che non riusciamo a produrre un certo tipo di talento. Ci sarebbe da fare un’analisi profonda e non mi piace semplificare le cose. Non voglio fare una analisi da bar. Credo che le cause siano multifattoriali, come spesso succede quando si analizzano situazioni complesse. Però, se devo indicare uno dei fattori, ma non certo l'unico, che va attenzionato è quello relativo al criterio di selezione dei giocatori, dove per selezione intendo il modo di vedere le cose che c'è in Italia, da un punto di vista culturale. Un criterio di selezione che penso sia sbagliato. Si tende, infatti, sempre a valutare aspetti che in altre nazioni vengono valutati diversamente. Ripeto, non voglio entrare nella banalità del discorso tra giocatori tecnici, piccoli... perché ripeto questo è solo un fattore. Però, mi rendo conto anche io da quando alleno, sto parlando di prime squadre ma questo vale sin da quando sono piccoli nelle giovanili, che questa situazione crea poi una determinata selezione di chi tiri fuori. E poi, c'è un altro fattore: il modo in cui il calcio viene vissuto in Italia. Parlo di come vengono valutati i risultati, come vengono valutate le prestazioni. Penso che in altri Paesi si viva un po' meno il risultato con questo senso di angoscia, senza voler per questo dire che all'estero sia tutto rose e fiori. Winston Churchill diceva: "Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio, e le partite di calcio come se fossero guerre". Ecco, questo modo di vedere il calcio da noi tende ad inibire un po' i talenti sin da quando sono piccoli. E questo credo che attenui quel modo di esprimersi in maniera un po' più naturale. In questo clima si vive già da quando si è piccoli e penso abbia un impatto enorme nell'espressione del talento».
Autore: Redazione NotiziarioCalcio.com / Twitter: @NotiziarioC
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