Il calcio ha sempre rappresentato per Foggia molto più di un semplice sport. Lo stadio Zaccheria, teatro di sfide memorabili e di pomeriggi di passione autentica, è stato nel corso dei decenni il cuore pulsante di un'intera comunità. Eppure, quanto accaduto nella serata di ieri racconta una storia completamente diversa, fatta di silenzi assordanti e gradinate desolatamente vuote.
Il match valido per il Girone C disputato in posticipo tra i satanelli e la Cavese ha fatto registrare un'affluenza di appena 540 spettatori. Una cifra che, se confrontata con i parametri abituali del calcio professionistico italiano, appare quasi inverosimile. Non si tratta soltanto di un dato statistico da archivio, ma di un messaggio inequivocabile che il territorio ha scelto di inviare alla dirigenza attraverso il linguaggio più diretto possibile: l'assenza.
Per comprendere appieno la portata di questo fenomeno occorre analizzare l'andamento delle presenze nell'arco temporale più recente. La stagione precedente, nonostante si fosse conclusa con una salvezza ottenuta soltanto attraverso i playout – dunque in un clima tutt'altro che trionfalistico – aveva comunque fatto registrare una media di circa cinquemila spettatori a partita. Un numero che, pur non rappresentando i picchi di gloria del passato, testimoniava comunque un legame ancora solido tra la città e la propria squadra.
Il confronto tra questi due dati – cinquemila contro cinquecentoquaranta – restituisce l'immagine di un crollo che va oltre le normali oscillazioni legate ai risultati sportivi. Si tratta di un calo superiore al 90%, una percentuale che nel linguaggio del marketing sportivo equivale a una vera e propria diserzione di massa. Le tribune praticamente deserte dello Zaccheria hanno parlato più di mille comunicati stampa.
Quello che emerge con chiarezza cristallina è che la tifoseria foggiana ha deciso di interrompere il rapporto fiduciario con l'attuale gestione societaria. Non si tratta di una semplice contestazione, modalità ben nota agli appassionati di calcio e spesso accompagnata comunque dalla presenza fisica allo stadio. Qui siamo di fronte a qualcosa di più radicale: una separazione netta, un divorzio consumato attraverso la scelta deliberata di non varcare più i tornelli dell'impianto.
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